E’ il tempo giusto per passare qualche giorno in spiaggia e Silvia Persico non si è fatta pregare. Vinto il Giro del Veneto quattro giorni dopo il bronzo al mondiale gravel, la bergamasca ha chiuso la valigia e rimandato tutti al primo ritiro. I 41 giorni di corsa del 2025, uno in meno dello scorso anno, sono stati anche straordinariamente complicati. Infortuni e ripartenze hanno reso tutto più difficile, per cui ora è il momento giusto per tirare il fiato.
Si fa uno strappo giusto per qualche domanda, ma si capisce dal tono di voce che il mondo delle corse si sta allontanando un po’ ogni giorno. Anche la testa ha bisogno di riprendersi, ragionando su altro.
«Sicuramente il 2024 e il 2025 – dice Silvia – sono stati due anni completamente differenti. In entrambi i casi una vittoria e diversi piazzamenti, però credo che quest’anno siamo cresciute sia personalmente che come squadra. Quindi tenderei a ritenerlo una stagione migliore».


Da una sfortuna all’altra
La vittoria nell’ultima corsa e il secondo posto al UAE Tour del debutto dietro la nuova leader Longo Borghini. Nel mezzo il quinto posto dell’Amstel e un giorno da eroe al Giro d’Italia Women con l’azione decisiva e non prevista sul Monte Petrano.
«Il quinto posto dell’Amstel – riflette – è arrivato con appena due settimane di allenamento. Un mese prima mi ero rotta una costola, quindi non avevo fatto grandi carichi. Per questo è stato un piazzamento che mi ha dato morale, perché da lì in avanti avrei avuto a disposizione maggio per fare le mie corse. Invece alla fine non se ne è fatto nulla. La settimana dopo l’Amstel, ho dovuto correre la Liegi e mi sono fratturata il capitello radiale. Perciò ho dovuto fermarmi ancora e non ho potuto correre le gare in cui avrei avuto un po’ più di libertà in Spagna e in Francia».


Il capolavoro del Nerone
La Liegi è stata un fuori programma in supporto di Elisa Longo Borghini, leader che ha portato un grande clima, ma ha le sue necessità. Per fare bene la Liegi, c’era bisogno anche di Persico, che però dopo una ventina di chilometri è caduta, finendo all’ospedale. Un brutto colpo, che Silvia si è scrollata di dosso al Giro Women, quando ha lanciato la Longo verso la maglia rosa. Di quel giorno, Giorgia Bronzini disse che se Persico avesse tenuto duro, avrebbe conquistato una classifica migliore
«Con l’arrivo di Elisa – conferma – sicuramente siamo cambiate tanto, siamo cresciute tanto. Si è creato un bel gruppo tra di noi, lavoriamo tutte per lo stesso obiettivo e abbiamo costruito davvero un legame molto forte che va oltre il ciclismo. Quello di Monte Nerone non era un attacco programmato, per cui quando ci siamo trovate lì, ho dato il tutto per tutto. E avendo dato proprio tutto, non avrei potuto tenere duro. Il mio obiettivo non era di fare classifica, quindi non ho pensato a salvarmi in qualche modo».


Il blackout di Kigali
Non altrettanto bene è andata ai mondiali del Rwanda. Questa volta, in modo del tutto inspiegabile, è stato come se il meccanismo perfetto si sia inceppato, impedendo alle azzurre di rendere come avrebbero voluto.
«Sinceramente – ragiona dalla spiaggia – è stata una gara un po’ strana. Io ho sofferto fin da subito, forse siamo arrivati un po’ tardi e non mi sono adattata tanto all’altura, che non avevo neanche fatto prima di andare là. Tutte le leader si sono guardate mentre io non ero nella mia giornata migliore e facevo una gran fatica. A parte questo, la prima nazionale di Velo mi è piaciuta. Noi ragazze ci conosciamo da tantissimi anni, lui ci ha dato molta fiducia ed è stato sempre molto presente, sia in Rwanda sia poi per gli europei.


La vittoria in extremis
Il Giro del Veneto tre giorni dopo il bronzo al mondiale gravel è stato la ciliegina sulla torta, il modo delle compagne di sdebitarsi per i tanti chilometri fatti da Silvia mordendo l’aria e tenendole al riparo nella sua scia.
«Vincere l’ultima corsa – sorride – è stato molto importante per me. Era una vittoria che cercavo da tempo, come soddisfazione personale. Prima della partenza del Giro del Veneto, stavamo guardando l’arrivo della tappa in Cina in cui ha vinto la nostra compagna Van Rooijen e intanto parlavo con Elisa e con Gaspa (Eleonora Gasparrini, ndr). Dicevo che fossi l’unica a non aver ancora vinto e così mi hanno detto che quel giorno sarebbe toccato a me. E così è stato, anche loro erano molto motivate. Quest’anno ho lavorato tanto per entrambe. E mi è piaciuto anche arrivare terza al mondiale gravel. E’ una disciplina che mi piace molto, purtroppo non posso praticarla tantissimo perché le gare su strada sono davvero tante. Però mi sono divertita, questo penso che si sia visto».