Colpisce milioni di persone nel mondo, provocando dolore, rigidità articolare e un generale peggioramento della qualità della vita. L’artrite reumatoide è una malattia cronica sistemica che compromette, spesso in modo meno visibile, anche lo stato nutrizionale del paziente: affaticamento, perdita di appetito e difficoltà nella preparazione dei pasti contribuiscono a deficit energetici e carenze di fibre, elementi chiave per il mantenimento di un buon stato di salute.
La dieta gioca pertanto un ruolo cruciale nella gestione della malattia, poiché lo stato nutrizionale dei pazienti è compromesso dall’infiammazione cronica e da altri fattori associati alla malattia, richiedendo quindi una gestione mirata dell’alimentazione.
«I pazienti con artrite reumatoide affrontano ogni giorno difficoltà che vanno oltre i sintomi articolari: l’affaticamento, la perdita di appetito e le limitazioni fisiche rendono complesso mantenere un’alimentazione adeguata, aggravando condizioni già compromesse dal punto di vista metabolico», ha spiegato la Professoressa Francesca Ingegnoli, Reumatologa dell’ASST Gaetano Pini CTO di Milano e Docente di Reumatologia all’Università degli Studi di Milano.
A questo proposito, risultano significativi i risultati emersi dallo studio Mikara, pubblicato sulla rivista medica Nutrients, che ha esplorato gli effetti di una combinazione nutrizionale a base di trigliceridi a media catena e fibre solubili e insolubili in pazienti con artrite reumatoide. Il trial, della durata di 16 settimane e condotto in doppio cieco con gruppo placebo, ha evidenziato una riduzione statisticamente significativa dell’attività della malattia, misurata attraverso l’indice SDAI (Simplified Disease Activity Index).
«Lo studio Mikara suggerisce che un supporto nutrizionale mirato, basato su trigliceridi a media catena e fibre, può rappresentare un complemento utile alla terapia farmacologica, contribuendo in modo integrato a migliorare il quadro clinico generale», ha precisato la Reumatologa.
In particolare, dallo studio è emersa una correlazione tra l’assunzione di fibre e l’aumento dei livelli ematici di beta-idrossibutirrato (BHB), corpo chetonico prodotto durante la chetogenesi. Questo processo permetterebbe di soddisfare eventuali carenze energetiche legate all’artrite reumatoide, dal momento che i corpi chetonici rappresentano una fonte di energia rapidamente disponibile. Inoltre, il BHB è noto per le sue proprietà antinfiammatorie, che giustificherebbero in parte i benefici osservati durante il trial. Fibre derivate da fonti naturali, come bambù e psillio, si sono inoltre rese particolarmente utili per il raggiungimento del fabbisogno giornaliero suggerito dalle linee guida europee e prevenendo dunque le possibili carenze che spesso caratterizzano questi pazienti.
«Nelle patologie infiammatorie come l’artrite reumatoide è consigliato adottare un regime alimentare equilibrato e bilanciato come previsto ad esempio dalla dieta mediterranea», aggiunge la Professoressa Francesca Ingegnoli. «Questo porta un effetto benefico sull’attività di malattia, contribuendo al controllo dell’infiammazione cronica sistemica». Ne consegue che «è consigliabile un consumo contenuto di cibi di origine animale come carni rosse, latte e derivati, privilegiando il consumo di verdure e frutta di stagione, olio extravergine di oliva, pesce ricco di omega-3, legumi, semi e cereali integrali».
Ma perché alcuni cibi sono più indicati di altri? «I diversi cibi possono agire sull’infiammazione cronica e sulla composizione del microbiota intestinale contribuendo ad aumentare o ridurre l’attività di malattia. Ad esempio, è noto come gli alimenti ultraprocessati (dolci e snack industriali, e bevande zuccherate) possono esercitare diversi effetti negativi sul sistema immunitario e sull’infiammazione cronica sistemica, oltre alla loro ridotta disponibilità di micronutrienti essenziali», conclude l’esperta.