di
Donatella Tiraboschi
Scomparso a 90 anni. Ha lasciato in città tante tracce che non si dimenticheranno
Ancora oggi, dopo oltre 50 anni, è un edificio che sa stupire, più ancora forse del bambino in groppa a Garibaldi, la provocazione di Cattelan, che lo guarda dalla Rotonda dei Mille. Incastonandolo nel periodo in cui fu realizzato sulle ceneri di un teatro che portava il nome della divina Eleonora, anche il complesso Duse che Giorgio Zenoni progettò insieme a Walter Barbero, Baran Ciagà e Giuseppe Gambirasio dovette sembrare una autentica provocazione. «Per immaginare nel 1969 un tale edificio nel cuore storico della compassata Bergamo ci voleva coraggio, oltre che bravura e sapienza architettonica», scrive Paolo Vitali, insegnante, architetto e ricercatore che conobbe il professionista scomparso all’età di 90 anni. Se è vero che l’architettura aspira all’eternità (come sosteneva in pieno Seicento Christopher Wren), il genio di Zenoni, nato a Genova nel 1935 e formatosi a Bruxelles, all’École Supérieure d’Architecture Saint-Luc, ha lasciato in Bergamo tracce che non si dimenticheranno tanto presto. Porta la sua firma l’edificio per esposizioni mobili in via Borgo Palazzo in Celadina, connotato da una rigida geometria esterna, scandita dalla ripetizione di lucernai a calotta realizzati in plexiglas.
E porta la sua firma anche il «Triangolo», uno degli interventi più controversi, ma anche un segno forte entrato nell’immagine della città. Come la chiesa di Sant’Antonio a Valtesse. È un’eternità che oggi resta nelle opere, dal momento che con la scomparsa di Zenoni, di quel «rivoluzionario» quartetto non è rimasto in vita più nessuno. Una morte che chiude un cerchio che, pur nel giudizio non sempre unanime sul risultato finale, ha fatto la storia dell’architettura in città. E che faceva di Zenoni un osservatore lucidissimo dell’evoluzione urbanistica-architettonica della città. Uno che aveva il coraggio delle sue idee. Quando inaugurarono la nuova piazza Dante, non usò mezzi termini: «Il centro manca di un’identità, mi sembra un buon compito disegnato da un laureando. Bisognerebbe cambiarlo. La Bergamo al piano è una città che ha un’identità nei suoi borghi, ma il resto andrebbe ripensato». A 88 anni, curioso di vedere come sarebbe andato il «Diurno», immaginava per una Bergamo povera di portici, una «via XX Settembre coperta con materiale trasparente potrebbe essere un’ottima cosa. Credo si debba intervenire con coraggio». Quello che, per fortuna sua e della nostra città, non gli è mai mancato.
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25 ottobre 2025
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