di
Marco Imarisio
Igor Yushkov, trentotto anni a gennaio. analista capo del Fondo per la sicurezza energetica nazionale di Mosca
DAL NOSTRO INVIATO
MOSCA – «Abbiamo maturato una certa esperienza nell’eludere le sanzioni». Igor Yushkov, trentotto anni a gennaio, professore ed esperto dell’Università finanziaria presso il governo russo, analista capo del Fondo per la sicurezza energetica nazionale, è considerato uno degli astri nascenti della giovane generazione, un esempio di quei nuovi «quadri» con i quali Putin sta rinnovando la sua classe dirigente.
Nell’atrio dell’ateneo campeggia un monito dantesco per i visitatori. «Voi che entrate, state per esplorare l’odore dei soldi, del gas e del petrolio nei corridoi del potere». Il ragionamento di Yushkov è improntato a un certo realismo. «Non è la prima volta che vengono colpite le nostre compagnie petrolifere. C’erano già state restrizioni contro Gazpromneft e Surgutneftegaz, le quali continuano a funzionare e persino ad esportare. Lo stesso avverrà per Rosneft e Lukoil che pagando un certo prezzo seguiteranno a lavorare sia sul mercato interno che su quello estero».
Quali saranno i costi aggiuntivi?
«Saranno entrambe costrette a creare catene più lunghe di mediatori affinché il consumatore finale non abbia paura di acquistare questo petrolio, come già fanno le altre due compagnie che ho appena citato. Magari con qualche cautela in più, per evitare l’ira di Donald Trump. Non credo che ridurranno le esportazioni, ma aumenterà la spesa in più per prenotare i trasporti, per il noleggio e l’assicurazione delle petroliere, per i servizi dei trader. Tutto questo comporterà altri “costi corporate” che però non incideranno sul bilancio federale».
Ci sarà una riduzione delle entrate?
«Meno redditi significa meno erogazioni dei dividendi. In questo caso ci potrebbe essere una contrazione fino al 40 per cento nelle casse dello Stato del gettito ottenuto da Rosneft e Lukoil. Ma non sarà comunque una catastrofe per l’erario».
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Le società petrolifere ed energetiche russe si sono già adattate alle difficoltà imposte dalle sanzioni?
«Siamo ben allenati. La Russia è il principale fornitore di petrolio per tre mercati giganteschi, Cina, India e Turchia, Nei primi due Paesi, siamo all’85% delle nostre esportazioni. Una volta oliato il meccanismo, la Cina ha perfino cominciato a comprare il gas liquefatto russo, e si comporta con sempre maggiore coraggio e ignora le limitazioni americane».
Non teme i mercati?
«Ci può essere una certa reazione emotiva, e un aumento dei prezzi dovuto ai timori che la Russia in seguito a queste sanzioni riduca l’export, creando un deficit, almeno per un breve periodo. E su queste attese potrebbero lievitare i prezzi. In definitiva, però, la situazione dovrebbe rimanere salda».
E tra sei mesi, come dice Trump?
«Non credo che il presidente americano abbia una chiara comprensione di quel che può succedere. Il termine di sei mesi che ha fissato è piuttosto il margine che lui si dà per non essere accusato di debolezza verso Putin».
Proprio non vede alcun rischio per voi?
«Trump ha introdotto sanzioni contro due sole società, per quanto importanti. Forse è più insidiosa la sua dichiarazione sul fatto che il premier Modi gli avrebbe promesso di ridurre gli acquisti del nostro petrolio. Molti credono che se davvero l’India diminuirà gli acquisti, la Russia non avrà sbocchi di vendita, si creerà un deficit e di conseguenza il prezzo crescerà di molto».
Modi e Xi veramente potrebbero cedere alle richieste americane?
«Penso che sia poco probabile. Non è chiaro che cosa gli Usa possano offrire in cambio. Sarebbe un passo molto serio. Ne risentirebbero, eccome. Se loro respingono il greggio russo, tutto il resto del petrolio mondiale costerà di più. Sostituire i volumi enormi che arrivano dalla Russia sarebbe quasi impossibile. Perché India e Cina dovrebbero farlo? I rischi sono di gran lunga maggiori, rispetto a un eventuale abbassamento dei dazi».
E se lo facessero davvero?
«La chiusura completa degli acquisti di petrolio russo da parte di India e Cina, sarebbe certamente un colpo tremendo per noi. Ma dove sarebbe il vantaggio? Cambia la politica estera, restituiamo la Crimea all’Ucraina? Non c’è nessuna garanzia che questo accada. Anzi».
Come giudica l’operato di Trump?
«Gli Usa sono a posto con la guerra in Ucraina: vendono sempre più armi, e il loro presidente mette in vendita il suo servizio di negoziatore, chiedendo ogni volta che gli venga offerto qualcosa di più. Perché dovrebbe rinunciare a questo ruolo? I media spesso esagerano la volontà di tutte le parti di terminare questo conflitto».
Le nuove sanzioni potrebbero incidere sulla posizione della Russia nella guerra?
«No. La Russia non crede alla possibilità che India e Cina cedano alle minacce americane. E non ci sono inoltre divieti ufficiali di acquistare il petrolio russo».
26 ottobre 2025 ( modifica il 26 ottobre 2025 | 08:40)
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