di
Luca Mastrantonio
I genitori di Francesco Gianello a processo. Il dottor Matteo Penzo, seguace del metodo Hamer: «Ho cercato di curare i suoi conflitti interiori»
Non si processano le idee, ma le persone. Infatti, il processo ai genitori di Francesco Gianello, morto nel 2024 a 14 anni per un tumore osseo, imputati di omicidio con dolo eventuale perché secondo il pm Paolo Fietta hanno ritardato diagnosi e cure del figlio, non è un processo alle idee di Hamer. Anche se i due si sono affidati alla sua teoria, che non cura, ma fa morire di illusioni, sensi di colpa e dolore, perché riconduce tutto a traumi psico-biologici da risolvere senza chirurgia né terapie farmacologiche.
Quello che inizierà il 20 gennaio 2026 a Vicenza non è neanche un processo a chi fa soldi con queste idee. I seguaci di Hamer coinvolti non sono imputati, saranno tra i testimoni. Sono la coppia di terapisti che hanno ospitato Francesco in un centro toscano: Pierre Pellizzari e Immacolata Quaranta, che propongono «l’auto-guarigione di Hamer».
E il dottor Matteo Penzo, che su Hamer ha fondato una «Scuola del sintomo» e propone seminari in Veneto e a Milano: per 3 o 4 incontri servono tra i 400 e i 600 euro, per tutto il corso, duemila euro. Penzo, ex dirigente Asl ed ex anestesista, assicura che i corsi portano crediti Ecm (sarà convocato dall’Ordine dei medici, con cui aveva già avuto problemi).
Il Corriere della Sera l’ha contattato in merito alle accuse rivoltegli da Luigi Gianello e Martina Binotto (assistiti dagli avvocati Lino e Jacopo Roetta), che in una precedente intervista hanno sostenuto di non aver seguito il protocollo individuato dal Rizzoli di Bologna, dove a Francesco è stato diagnosticato un osteosarcoma ed era stata prescritta una biopsia, proprio a causa dei consigli di Penzo.
Il dottor Penzo ci ha confermato di averli assistiti al telefono e di averli ricevuti nel suo studio a Padova. Nega di averli invitati a non fare la biopsia o la chemio: «Era una loro scelta, anzi, alla fine hanno pure fatto la chemio, non capisco di cosa sono imputati». Nega di averli mandati da Pellizzari e Quaranta: «Quello è solo un centro di agriturismo, dove mangiare bene e stare a contatto con la natura».
Sulla situazione di Francesco, aggiunge: «Era arrivato con una lesione bronchiale, oltre a quella femorale». Di fronte a una diagnosi così, osteosarcoma e lesioni ai polmoni, lui si è messo a lavorare sull’umore: «Non è che gli dici “sei fregato”, devi dire “dai che ce la fai, vedrai che vai avanti”. E per questo mi diceva “parlare con te mi dà speranza, mi dà vita”. Con Francesco, da solo, ci ho parlato per vedere se in qualche modo si potessero sistemare i conflitti, e lui potesse affrontare la qualsivoglia in maniera serena».
La qualsivoglia, per Penzo, è «la chemio o non la chemio, la Di Bella, o l’acido ascorbico (vitamina C, ndr), per la parte fisica ognuno faccia ciò che vuole, io mi occupo di aspetti psico-emotivi, per me la guarigione è il ritorno ad un sé coscienziale da cui ci siamo allontanati nevroticamente».
L’importante è affrontare la qualsivoglia risolvendo i conflitti: «Se devi affrontare un esame importante e ci vai con la morosa che ti ha appena lasciato, il mio consiglio è sistemare la cosa con la morosa. Se uno è felice, centrato su di sé, le cellule non impazziscono».
Quale era il problema di Francesco? «Collegata all’osso articolare è l’incapacità biologica nel fare qualcosa» dice Penzo. I genitori di Francesco, seguendo lo schema, hanno pensato a problemi con la squadra di calcio, a scuola e con il padre, per il rendimento scolastico. «No, sono cose molto più pesanti» dice con tono compassionevole. «Spero di non doverle rivelare», aggiunge con tono meno compassionevole.
26 ottobre 2025 ( modifica il 26 ottobre 2025 | 09:31)
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