di
Paolo Mereghetti

Ci pensa Jasmine Trinca, miglior attrice per Gli occhi degli altri, a difendere l’onore dell’Italia alla Festa di Roma, perché a vincere il concorso è il taiwanese Left-Handed Girl (La ragazza mancina) di Shih-Chin Tsou, esordiente come regista ma sperimentata produttrice per Sean Baker (quello di Anora), storia di una famiglia senza padre vista con gli occhi della piccola I-Jing, a cui il nonno proibisce di usare la «mano del diavolo» cioè la sinistra. 
Miglior regista è un’altra esordiente, la cinese Wang Tong con Wild Nights, Tamed Beasts (Notti selvagge, bestie addomesticate), dove una badante per anziani si rivela un inaspettato angelo della morte. Guidata da Paola Cortellesi, la giuria ha premiato per la sceneggiatura The Things You Kill (Le cose che uccidi) del regista iraniano Alireza Khatami e come attore Anson Boon per il suo ruolo in Good Boy. 
Dispiace per il documentario su Rossellini (premiato dal pubblico) ma evidentemente i giurati hanno privilegiato un’idea di cinema più tradizionale (anche se i film che hanno vinto sono tutti decisamente buoni).

Il problema (inestirpabile, visto che è presente dalla prima edizione) è che il concorso finisce per essere schiacciato dalla maggior visibilità, persino nel red carpet, del resto del programma. Fin troppo numeroso, va aggiunto. Basterebbe la diaspora degli stessi film in concorso, non tutti presentati nella stessa sala, per ribadire l’inadeguatezza delle strutture (a cui vanno aggiunti i non sempre facili trasferimenti attraverso la città), ma sono «colpe» che non sembrano emendabili: ormai la Festa è così e tutti si sforzano di fare il loro meglio. Così alla fine sono più i rimpianti per le cose che non si sono potute vedere: alla Casa del Cinema c’era un programma (non solo restauri e riscoperte, ma anche documentari inediti) che da solo valeva la trasferta; le masterclass (sette, più quella speciale a David Putnam) avrebbero meritato di essere diffuse anche via web; gli «Special Screenings» hanno regalato piccoli e grandi gioielli, così come la sezione «Freestyle». 



















































Ma forse la colpa è solo nostra, degli «addetti ai lavori», che ci ostiniamo a giudicare Roma come un festival tradizionale. No, questa Festa è un’altra cosa: per dodici giorni la città apre le porte del suo bazar cinematografico e ognuno può scegliere di soddisfare le proprie golosità. L’unico rischio è l’indigestione.

25 ottobre 2025