di
Massimiliano Nerozzi
La Lazio batte 1-0 la Juventus nel posticipo dell’8ª giornata e l’avvicina in classifica. Diventano invece cinque le gare consecutive del campionato bianconero senza successi, con tre pareggi e due sconfitte, e quattro quelle assolute senza segnare
Se è vero che il fallimento fa parte del percorso, alla Continassa stanno allestendo un Master, in materia: la Juve perde anche a casa Lazio (1-0), dopo le sconfitte a Como e Madrid, e allunga a 44 giorni il digiuno da vittorie. Ora i bianconeri sono impantanati in una classifica che non promette nulla di buono, al settimo posto, insieme ad Atalanta e Udinese, la squadra in arrivo mercoledì all’Allianz. Va da sé, Igor Tudor — e la squadra — dovrà dare segnali immediati, altrimenti il cambio in panchina diventerà più che un’opzione.
Anche se poi, segnali sono arrivati pure ieri sera: quelli di una Juve ansiogena, approssimativa, frenetica e, per forza di cose, pasticciona, che ha chiuso la sfida con il 60 per cento di possesso palla e 14 tiri (a 13). Però, senza riuscire a fare neppure un gol — è la quarta gara filata a secco, come non accadeva dal 1991 — a una Lazio tosta e ben organizzata da Maurizio Sarri, ma pure sbriciolata dalle assenze: Nuno Tavares, Rovella, Castellanos, solo per dirne tre.
Il primo tempo della Juve è un pamphlet: «Come farsi male da soli». A partire dal gol, propiziato da un maldestro appoggio di testa di David: invece di armare la transizione bianconera, sul rinvio di Perin, serve Cataldi, da lì l’innesco per Toma Basic che segna da fuori (con deviazione di Gatti), come non gli succedeva da quasi due anni e mezzo. Non è l’unico patatrac se, poco dopo, Madama rischia grosso pasticciando ancora in uscita: con la disinvoltura del Clásico, Real o Barcellona a scelta, senza averne i piedi e l’ordine. La palla finisce così a Guendouzi, il cui tiro a segno, stavolta viene intercettato da Gatti. In mezzo a quella confusione, sotto dopo neppure dieci minuti, la Juve ha tentato di prendere in mano la partita, ma senza riuscire a cavarne granché. Tra disattenzione, un vago disordine di fondo e una mediocrità nel tocco, e nelle idee, che vanificava qualsiasi tentativo di assalto.
Non ha aiutato l’ennesimo compromesso di Tudor, dopo il coniglio dal cilindro della difesa a quattro (a Como): altro giro, altro assetto, ieri una specie di 3-5-2 con Conceicao al confino sulla linea laterale, con l’improbabile ordine di servizio da sentinella a tutta fascia.
Morale: nei primi venti minuti non s’è neppure avvistato davanti, dove solitamente offre la specialità della casa; mentre sull’altro versante, un Isaksen indemoniato metteva in crisi Cambiaso che, infatti, uscirà alla pausa. Al posto dell’esterno, dentro Yildiz, tenuto a sedere in avvio: pure questa, non una grande idea. Seguirà un modulo inclinato in una sorta di 3-4-1-2, con il turco alle spalle dei due centravanti. Ne uscirà soprattutto tanta confusione, in una gara che si farà saloon tra ammonizioni (sei), colpi quasi proibiti (Loca su Isaksen) e un più che sospetto rigore per la Juve (pestone di Gila su Conceicao). Un pareggio avrebbe addolcito la serata, ma non avrebbe sgomberato l’orizzonte da una tempesta di problemi.
26 ottobre 2025 ( modifica il 26 ottobre 2025 | 23:12)
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