di
Marco Cremonesi e Adriana Logroscino

Sul tavolo anche la guerra in Ucraina. Oggi vedrà Salvini

Un incontro tutto politico, dallo scopo (indichiarabile) di capire le reciproche intenzioni. Anche se il focus del faccia a faccia tra Giorgia Meloni e il presidente ungherese Viktor Orbán è girato intorno alla competitività: il dare sostanza ai temi dell’industria in un’Europa che, seppur sembri aver rallentato sul green deal, richiede il maggior numero di alleati possibili. E, soprattutto, lo stringere i bulloni rispetto a possibili rapporti in tema di armamenti. Il fondo europeo Safe, il finanziamento agevolato per l’acquisto di sistemi di difesa, prevede infatti che le richieste provengano da almeno due Paesi.

Non era forse il momento migliore per una visita dell’ingombrante presidente ungherese, sistematicamente anti Unione europea. Ma Giorgia Meloni sa bene che le elezioni in Ungheria dell’aprile prossimo sono una prova complicata per il suo interlocutore, incalzato dall’ex compagno di partito Péter Magyar. E sa altrettanto bene che Orbán sarà portato ad alzare i toni di questa campagna elettorale, certamente nei confronti dell’Unione. Il problema, spiegano fonti vicine alla premier, è che «ogni volta che Orbán alza i toni, sorgono problemi per noi. In Europa e in Italia». Meglio allora capirne le intenzioni di persona. Sull’Ucraina, certo. Ma non solo. Per dirla con un meloniano, il tema è che «la legittima necessità elettorale non abbia ripercussioni negative per noi. Dato che sempre lei è chiamata a rappezzare i cocci con l’Unione». E chissà se la premier non avesse in testa anche la richiesta (riferita da indiscrezioni stampa) della presidente del parlamento Roberta Metsola: i voti dell’euro gruppo Ecr sull’Omnibus sostenibilità.



















































Giusto la settimana scorsa, quando la premier si è detta contraria a superare l’attuale sistema europeo di voto ad unanimità perché il diritto di veto «sarebbe dannoso per difendere l’interesse nazionale», è stata inclusa tra i «cattivi» insieme con Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia. Anche per questo la visita di Orbán forse non è caduta nel giorno migliore. E così, ieri Enrico Borghi (Iv) ha sottolineato che «schierarsi a favore del diritto di veto come fanno Orbán e Meloni significa consegnarci ad un futuro di subalternità». A Tagadà su La7, da FdI Giovanni Donzelli scuoteva la testa: «Perché toglierci la possibilità? Per avere meno possibilità di incidere per l’italia?».

Certamente Orbán non ha fatto un favore a Meloni quando, tra la visita al Papa e quella a Palazzo Chigi, ha detto che «l’Unione europea non conta nulla». E infatti, Meloni non l’ha commentata. Mentre resta da capire quanto sia stata apprezzata la sortita di uno stretto collaboratore (e quasi omonimo) del presidente ungherese, Balazs Orban, che mentre i due presidenti erano a colloquio a Palazzo Chigi, ha lanciato accuse sulla televisione pubblica italiana. Il programma sotto accusa è, anche in questo caso, Report guidato da Sigfrido Ranucci.

Tra l’altro, anche se ufficialmente non è stato cancellato — perché ufficialmente non era stato convocato — è assai improbabile che a breve si svolga l’incontro a Budapest tra Trump e Putin. E infatti Orbán ha annunciato che la settimana prossima sarà a colloquio con lo stesso Trump sul tema dei dazi: «Sbaglia su Putin». Per l’Ungheria, vista la quasi totale dipendenza energetica di Budapest da Mosca, le sanzioni Usa contro le compagnie petrolifere russe sono un danno clamoroso. Orbán l’ha detta così: «Il punto importante è il futuro dell’economia europea. Perché sulla guerra resta ben poco da fare…». Ma il presidente ungherese probabilmente conta a sua volta sul rapporto tra Meloni e Trump.

Resta sullo sfondo la vecchia competizione interna. Poco dopo l’uscita di Orbán da Chigi, Matteo Salvini — a Milano per la presentazione del libro del ministro Valditara — ha detto che lui Orbán lo incontrerà oggi. La Lega infatti aderisce ai Patriots, l’euro partito fondato per iniziativa dello stesso Orbán. Mentre Giorgia Meloni è stata a lungo la presidente di Ecr, i conservatori europei. Ma probabilmente, come scriveva ieri mattina il Berliner Morgenpost, Meloni «ha una notevole esperienza e tenacia nel trattare con i maschi alfa».

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28 ottobre 2025 ( modifica il 28 ottobre 2025 | 08:05)