Matteo Malucelli è stato l’italiano più vincente dell’anno dopo Jonathan Milan. Lo sprinter della XDS-Astana ha portato a casa otto corse contro le dieci di Milan, ma quel che più conta è che ha dimostrato costanza di rendimento: anche quando si è scontrato con i super big non ha mai sfigurato.
I più maliziosi potrebbero dire che le sue vittorie sono arrivate in corse minori in Asia. Vero, ma innanzitutto le gare vinte da Malucelli erano di buon livello e poi bisogna saperle vincere. In tanti dicono “vado a correre in Asia” e poi restano con un pugno di mosche in mano.
L’oggetto dell’articolo però non è questo. Il valore di Malucelli è noto, così come la sua serietà. La curiosità è capire se Malucelli sia pronto per esordire in un Grande Giro. A 32 anni suonati si merita questa occasione, vista la solidità dimostrata? Lo abbiamo chiesto al suo preparatore, Claudio Cucinotta. Una domanda simile l’avevamo già posta all’head coach della XDS-Astana, Maurizio Mazzoleni, ma in quell’occasione era emerso anche un aspetto tecnico-tattico, vale a dire gli uomini da portargli. Con Cucinotta invece si parla strettamente di “motore”.


Claudio, partiamo da qui: le otto vittorie di Malucelli…
Sicuramente Matteo è quello che si chiama velocista puro. E’ veramente uno dei pochi rimasti, perché è una figura che nel ciclismo moderno si sta un po’ perdendo: ormai serve essere forti anche dal punto di vista aerobico. In passato c’erano velocisti molto rapidi ma carenti da quel lato.
Dire forza aerobica per un velocista intendi essere più bravi in salita?
Esatto. Prima lo sprinter in salita si staccava e faticava, adesso questa figura sta scomparendo perché ormai le gare si corrono sempre “a tutta” dalla partenza all’arrivo. Chi non ha un motore aerobico di un certo livello fatica anche se la corsa non è altimetricamente impegnativa. Per questo motivo Matteo emerge soprattutto nelle corse in Asia, dove il modo di correre è un po’ diverso rispetto all’Europa. Ma attenzione: il valore del campo partenti non è affatto più basso rispetto a una corsa di pari categoria europea per quanto riguarda i velocisti.
E cosa cambia?
I percorsi. Sono più piatti e pianeggianti. E siccome sono così, gli atleti più forti in salita o a cronometro, quelli con un motore aerobico importante, spesso non vengono mandati lì. Di conseguenza la corsa si sviluppa in modo da agevolare il velocista puro. E tra i velocisti puri Matteo è sicuramente uno dei più forti. A riprova c’è quanto fatto all’UAE Tour.


A cosa ti riferisci?
Quest’anno è uno dei pochi che può dire di aver battagliato ad armi pari con Merlier e con Milan. In una tappa ha fatto secondo dietro a Merlier e davanti a Milan. La tappa successiva era ancora lì a giocarsela, poi è caduto e si è dovuto ritirare. Ma questo dimostra che anche contro i mostri sacri può giocarsela, quando il percorso è adatto.
Che tipo di velocista è? Tu che conosci i suoi numeri puoi darci un quadro diverso…
E’ un velocista con peculiarità precise: non è il tipo alla Milan che parte ai 200-250 metri e nessuno lo passa. E’ più simile a Robbie McEwen dei miei tempi. Ha un picco di potenza molto elevato.
Senza contare che è anche molto aerodinamico. Matteo ha studiato parecchio la posizione…
Sì, è molto attento e professionale, cura ogni dettaglio. Si impegna tantissimo nell’allenamento e nell’alimentazione. Con la maturità ha preso coscienza del tipo di corridore che è e del suo potenziale. Sa di non essere un fenomeno assoluto e quindi lavora al massimo per restare competitivo. I risultati arrivano anche perché ha dei picchi di potenza notevoli, ma per arrivare alla volata deve limare tutto nei minimi dettagli.


E allora, visto che abbiamo parlato di motore aerobico, Malucelli può fare un Grande Giro?
Può farlo sicuramente. Bisogna però capire l’obiettivo. Se si vuole arrivare fino in fondo è più complicato. Ma se nei primi dieci giorni ci sono cinque volate, una squadra può dire: “Rischiamo, lo portiamo, magari vince una o due tappe e poi torna a casa”. Sarebbe già un bilancio più che positivo.
Tanti sprinter vengono con l’obiettivo dei primi 10-12 giorni…
Esatto. Per un atleta con le sue caratteristiche è difficile finire un Grande Giro, specie oggi con questo modo di correre.
Spiegaci meglio…
Ci sono tappe in cui si va forte dal primo all’ultimo chilometro. I velocisti puri fanno tanta fatica. Basti pensare a Mark Cavendish: anche lui, pur essendo di un’altra caratura, ha faticato negli ultimi anni a finire prima il Giro d’Italia e poi il Tour de France. Certo, ha vinto tappe in entrambi, ma sulle montagne era sempre in bilico col tempo massimo.


Se ci fossero stati i vecchi margini sarebbe fuori tempo massimo?
Vero. Nel ciclismo pre-Covid non si andava a tutta dalla partenza all’arrivo, quindi anche se il tempo massimo era più stretto, si partiva più piano. Adesso invece già sulla prima salita, magari a 150 chilometri dall’arrivo, c’è bagarre e i velocisti si staccano. E’ questo il problema. Corridori come Jasper Philipsen riescono a superare meglio le salite e per questo restano competitivi fino alla fine dei Grandi Giri.
Per assurdo, potrebbe essere il Tour de France il Grande Giro più adatto a Matteo?
Diciamo che anche il Tour non è più quello di una volta. In passato era considerato più regolare e prevedibile, ma oggi è cambiato: tappe più corte e più esplosive, fatte per aumentare lo spettacolo e tenere alta la velocità dall’inizio alla fine. Quindi non è detto che per un velocista come Matteo sia meno duro rispetto a Giro o Vuelta.
Quanto sarebbe stato importante per lui aver fatto dei Grandi Giri da giovane?
Se riesci a finirne uno in buone condizioni ti dà tantissimo, sia in termini di endurance sia di fondo generale. Probabilmente adesso avrebbe qualcosa in più nella tenuta e nella gestione delle salite in gara. Ma ogni storia è diversa: Matteo ha sempre corso in squadre medio-piccole e questo si riflette anche nel modo in cui affronta le volate.


Cosa intendi?
A volte fa un po’ fatica a seguire i compagni di squadra, perché è sempre stato abituato ad arrangiarsi, a saltare da una ruota all’altra.
Claudio, prima hai detto che Malucelli può fare un Grande Giro. Se quest’anno decideste di portarlo, dovrà lavorare di più sulla parte aerobica?
Sicuramente dovrà farlo, ma bisogna capire se ne vale la pena. Il discorso è sempre quello della coperta corta: se lavori di più sull’aerobico, migliori in salita ma rischi di perdere spunto in volata. Quest’anno ha vinto otto corse grazie alle sue caratteristiche naturali. Il prossimo magari tiene di più ma ne vince solo due. Ne vale la pena? Secondo me Matteo ha trovato la sua dimensione e nella nostra squadra l’ambiente ideale. Tra l’altro, avendo un main sponsor cinese, per noi le gare asiatiche sono importanti e un corridore come lui ha grande valore.
Quindi Malucelli al Grande Giro ci può andare? Come la chiudiamo, Claudio?
Sì, ci può andare e se lo meriterebbe anche. Ma deve lavorare in un certo modo. E’ da capire se davvero ne valga la pena, per la squadra… e per lui.