di
Fabrizio Dragosei
Il Paese più neutrale d’Europa teme le nuove armi di Mosca così come le «guerre convenzionali»: lo Stato elvetico pronto a investire 1,3 miliardi di euro
Quella che a Mosca continuano a chiamare l’Operazione militare speciale in Ucraina, assieme all’esibizione di nuove armi, non spaventa solo i Paesi più vicini alla Russia. Un numero sempre maggiore di abitanti della Svizzera, neutrale da secoli, si dice ora favorevole a più stretti legami con la Nato.
E nel frattempo le autorità della Federazione decidono di varare un piano per assicurare a ciascuno dei nove milioni di residenti un posto in un bunker a prova di bomba atomica.
Oltre un miliardo di franchi sarà investito nei prossimi anni per rimettere in funzione rifugi costruiti ai tempi della guerra fredda e poi trasformati in depositi, cantine, centri per la coltivazione di funghi.
Dopo il 1991, con lo scioglimento dell’Urss, la questione della protezione da possibili attacchi, che gli svizzeri prendono molto seriamente da sempre, sembrava ormai un retaggio del passato.
Ma non è più così. Sono iniziati i lavori per riportare «a norma» tutte le costruzioni sotterranee (370 mila appartengono a privati) che non lo sono più. L’impegno finanziario per i prossimi anni prevede stanziamenti per l’equivalente di 1,3 miliardi di euro.
Si punta molto su grandi strutture, come Urania, usato come garage nel cuore della Zurigo vecchia, che nei suoi sette piani sotterranei è in grado di ospitare fino a 11 mila persone. Pareti e solai in cemento armato rinforzato, porte massicce, riserve d’acqua, generatori elettrici, filtri plurimi sulle prese d’aria, un centro di comando. Almeno un metro quadrato per rifugiato e almeno 2,5 metri cubi, come prevedono le norme della protezione civile. Un gabinetto ogni trenta persone.
Fino a qualche tempo fa i costruttori avevano l’obbligo di realizzare un bunker sotto ogni palazzo in costruzione. In tempo di pace lo spazio, diviso con paratie in legno facilmente rimovibili, era assegnato ai condomini come cantina. La maggior parte delle strutture esistenti è quindi vicina ai luoghi di residenza della popolazione. Ognuno ha un posto assegnato (in maniera riservata) dalle autorità in caso di emergenza.
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Ma cosa succederebbe se un attacco avvenisse durante le ore di lavoro e di scuola, magari mentre operai e impiegati sono in viaggio per raggiungere cantieri e uffici? I vari Cantoni si sono posti il problema e stanno studiando come risolverlo.
«Come stiamo vedendo a Kiev, è necessario avere una qualche protezione anche per questi casi», ha spiegato Daniel Jordi, capo della divisione protezione civile e addestramento del ministero della Difesa. «Anche durante una guerra l’economia deve funzionare, questo è ciò che accade nei conflitti odierni. Certo, si tratta di una rete di infrastrutture colossale, ma alla fine è meno costosa di altre misure volte a proteggere la popolazione».
Quindi non solo il timore del conflitto globale a colpi di ordigni nucleari che potrebbero cancellare gran parte della vita sul globo, ma anche previsione di possibili guerre «convenzionali». Per molti, vista la situazione all’estrema periferia orientale dell’Europa, questa è anzi l’ipotesi più probabile.
E la percezione del pericolo ha ridato fiato anche al settore privato, uno dei più attivi al mondo, con grande presenza su tutti i mercati internazionali. I bunker svizzeri sono piuttosto spartani, con costi che partono da 20 mila euro ma possono arrivare anche a oltre un milione per strutture più sofisticate, con tutti i confort che il committente richiede. Naturalmente il mercato estero più interessante è quello americano dove pure operano da sempre decine di aziende locali. Ma gli svizzeri pensano di potersi ritagliare una sostanziosa fetta della torta, naturalmente se i dazi di Trump lo permetteranno.
28 ottobre 2025 ( modifica il 28 ottobre 2025 | 12:54)
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