voto
7.0

  • Band:
    DEHUMAN REIGN
  • Durata: 00:43:22
  • Disponibile dal: 25/07/2025
  • Etichetta:
  • F.D.A. Records

Certe band non hanno bisogno di proclami, né di grandi narrazioni a cornice. I Dehuman Reign, da Berlino, rientrano perfettamente in questa categoria: operai del death metal, veterani di lungo corso che conoscono bene il sudore della sala prove. “Dawn of a Malefic Dominion”, il loro terzo album, ne è la fotografia più fedele: un disco asciutto, teso, senza fronzoli, che si inserisce perfettamente nel solco tracciato dai capitoli precedenti. Non vuole piacere a tutti, non vuole piacere a forza. E proprio per questo risulta gradevole sin dal primo ascolto.

Nati per suonare death metal vecchio stampo, ma senza scadere in quei revival che hanno in testa sempre i soliti nomi e scene, i tedeschi non scavano in chissà quale passato di culto, assestandosi invece su un suono riconducibile ai Vader degli anni Novanta, a cui si aggiunge una spigolosa vena thrashy accostabile ai Malevolent Creation. Queste le primarie influenze di un suono che quindi si snoda teso, serrato, con sprazzi che possono arrivare a ricordare degli Slayer ipervitaminizzati, appunto alla maniera della band di Phil Fasciana.

La produzione, pur moderna, evita certe compressioni digitali che spesso snaturano il genere: ogni strumento ha il suo spazio, il suono è corposo e diretto, ma non troppo levigato. Si sente l’apporto del basso (cosa non scontata in un ambito come questo), ma la chitarra ritmica è il vero motore dell’assalto, mentre la batteria spinge con precisione senza perdere mai il controllo.

La prima metà del disco è una bella lama: i pezzi si susseguono con una furia ordinata, aprendosi e chiudendosi con efficacia, senza perdersi in inutili arabeschi. Il tiro è alto, l’intensità pure. È in questa fase che i Dehuman Reign centrano davvero il bersaglio, offrendo una sequenza che desta l’attenzione con una certa naturalezza.
Poi arriva la seconda parte, ed è lì che la band prova a spostare leggermente il tiro: non ci troviamo davanti a una svolta, ma si avverte un desiderio di articolare di più, di far respirare le strutture, di ampliare lo spettro. A tratti funziona – l’atmosfera si fa più tetra, l’andamento più avvolgente – ma non sempre l’equilibrio tiene alla perfezione. Qualche episodio finisce per arrancare un pochino, appesantito da zigzag non sempre necessari. È un rischio calcolato, simile a quello corso da gruppi come Hyperdontia, quando provano a complicarsi la vita. Non è un vero inciampo, ma un leggero sbandamento sì.

Eppure, anche con qualche curva presa un po’ larga, “Dawn of a Malefic Dominion” resta un disco solido, concreto, onesto fino al midollo, il quale – a partire dalla chiara volontà del quintetto di costruire un suono robusto ma non artefatto – si inserisce con indubbia dignità nella discografia della band e, più in generale, nel sottobosco di uscite che continuano a tenere vivo il genere al di fuori dei riflettori. Chi ha a cuore i punti di riferimento citati in apertura, farà bene a concedergli un ascolto.