di
    Giuliano Delli Paoli
Il sassofonista appena scomparso non amava più concedere scatti, ma con il fotografo napoletano c’era un legame particolare: «Riconosceva nei miei lavori un’estetica vicina al jazz classico e lui amava quel mondo»
Le sue foto a James Senese sono praticamente ovunque: dal web alle bacheche dei social fino ai muri della città. Il fotografo partenopeo Riccardo Piccirillo ha immortalato il leggendario sassofonista – scomparso oggi, mercoledì 29 ottobre, a seguito di una polmonite – in studio e mentre era in tour, restituendone un’immagine fedele alla sua anima da sempre profondamente legata al jazz di New Orleans. Piccirillo ha condiviso con Senese in particolare gli ultimi anni di una carriera lunghissima, intrepretando attraverso le sue foto lo spirito libero e amabilmente indomito di un gigante della musica napoletana, il cui sguardo fermo e al contempo vibrante di passione resterà per sempre un’icona non solo del cosiddetto neapolitan power ma di una napoletanità autentica, figlia del Dopoguerra ed espressione verace di un’epopea artistica semplicemente irripetibile.
Quando è stata l’ultima volta che ha incontrato Senese?
«Più o meno sei mesi fa, a casa sua, per un servizio fotografico. Non voleva farsi più fotografare, ma con me era diverso».    
In che senso?
«Negli ultimi anni si faceva fare foto solo da me perché nei miei scatti riconosceva un tratto vicino al jazz classico, dunque all’estetica che circonda il mondo di miti come Sonny Rollins e John Coltrane. James non voleva foto in chiave napoletana».
E come lo trovò?
«Era stanco, ma servivano foto per il suo ultimo album (Chest Nun È ‘A Terra Mia, ndr), che volle fare a casa sua, dove viveva praticamente da sempre. C’è da dire che nonostante il successo commerciale e i tantissimi concerti, Senese purtroppo non navigava nell’oro».
Un set dunque sui generis.
«Sì, anche molto intimo. Eravamo nel suo salone, che è contornato da tende rosse parecchio spesse. James mi accolse dicendo: “Mi si è avvicinato un fotografo, e tu lo sai che non voglio, ma quando mi ha detto che era tuo allievo maggia fatt fà ‘na fotografia”. Era il suo modo simpaticissimo e affettuoso di porsi con chi voleva bene».
Eravate molto legati…
«Tra noi c’era un legame davvero speciale. Ci stimavamo moltissimo. E mentre tutti lo chiamavano maestro, io mi rivolgevo a lui chiamandolo per nome. Era addirittura lui a chiamare me maestro (sorride, ndr). Questa stima poi è venuta fuori in maniera chiara durante l’ultimo tour dei Napoli Centrale, per il quale realizzai la copertina al Teatro Acacia e di cui seguii anche diverse tappe».
Cosa accadde?
«James a un certo punto litigò con tutti, da Marangolo a Vitolo. Essendo io spesso nei camerini con loro, ebbi modo di seguire un po’ le diverse dinamiche. Spesso lo prendevano in giro e James non amava questa cosa. Purtroppo a un certo punto la situazione degenerò e così Senese cambiò formazione, richiamando di punto in bianco musicisti che avevano orbitato nei Napoli Centrale ma che non si ricordavano più nemmeno alcuni brani, addirittura qualcuno non suonava da tempo».
Insomma, una dinamica d’altri tempi.
«Sì, soprattutto quando mi chiamò il manager di James poco prima dell’ultima data del tour, dicendomi che Senese mi voleva vedere. Corsi subito nel suo camerino e lo trovai davanti allo specchio. Quando mi vide, disse: “Si venut, e allor?”. Gli risposi: “James, le persone sono venute per te, vogliono ascoltare te, il progetto del resto si chiama James Senese e i Napoli Centrale, aspettano quindi solo il tuo sax”. A quel punto si convinse ed esclamò: “Jamma a fà stu concert”».
Il suo fu quindi un intervento provvidenziale.
«Più che altro James voleva sentire un giudizio diverso, ed evidentemente in quel momento gli serviva il mio».
Cosa le ha lasciato Senese?
«Lui aveva una cura maniacale del suo strumento, una sorta di amore totale e incondizionato per le cose alle quali era legato che mi ha sempre affascinato. James era patito anche per una certa tecnologia, non si direbbe ma sapeva guardare al futuro e lo faceva con gli occhi di un bambino. Di lui ho apprezzato infinitamente soprattutto l’enorme dignità. Aveva perso una moglie ed era in dialisi da tempo, eppure non ha mai comunicato esternamente nulla di quello che stava passando. E’ una virtù davvero rara».
A Miano c’è un murale realizzato proprio su una sua foto fatta a Senese, a lui piaceva?
«Sì, anche perché fu proprio lui a scegliere lo scatto da cui trarre il murale. E’ una mia foto orizzontale con il sax appoggiato su una colonna di cemento che James adorava particolarmente».
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29 ottobre 2025
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