The Ugly Stepsister, il film di Emilie Blichfeldt sui trattamenti di bellezza che diventano torture. L’effetto (esasperato) dei canoni di bellezza nel body horror dal 30 ottobre nelle sale
The Ugly Stepsister è stato accolto con episodi di malori e nausea dal pubblico alle anteprime al Sundance Film Festival e all’ultima Berlinale. La riscrittura della favola di Cenerentola arriva al cinema il 30 ottobre, pronta per sconvolgere il pubblico italiano e regalare a tutti un Halloween ricco di sangue, jumpscare e molti spunti di riflessione sulla medicina estetica e i canoni di bellezza.
Perché se la scarpetta non calza… basta tagliarsi il piede. Questa la conclusione di Elvira, sorellastra di Cenerentola, che pur di essere scelta dal principe azzurro e vincere la competizione con la sorella acquisita, Agnese, detta bellissima da tutti, si sottopone volontariamente a svariati interventi di bellezza per migliorare il suo aspetto sopportando qualunque sofferenza, tortura, mutilazione. In una sfida con se stessa (e con sua madre) per dimostrare il suo valore, la sorellastra di Cenerentola, interpretata da una talentuosa Lea Myren, si sottopone a veri e propri interventi di modificazione corporea per essere più appetibile al rampollo e al suo patrimonio, tra cui farsi intessere le ciglia finte una ad una direttamente sulla palpebra, o farsi annullare la gobbetta sul naso con uno scalpello. Non mancano le miracolose formule dimagranti, in versione casalinga e davvero… inquietanti. Ma la cosa più spaventosa è che, se magari non in Cenerentola, tutti questi trattamenti di bellezza da brivido venivano eseguiti davvero in passato e queste sofferenze vissute da chissà quante migliaia di donne. A volte, forse, anche anche costo della vita. La favola di Cenerentola viene raccontata come non si era mai vista prima, con una forza che solo il genere horror possiede, che in realtà ha molto più in comune con le narrazioni originali delle favole, ricche di moniti e risvolti tragici, delle versioni edulcorate a cui siamo abituati.
Il genere del body horror racconta l’ossessione con la bellezza
Nel film body horror della regista norvegese Emilie Blichfeldt vediamo una favola stravolta nel suo lato più oscuro, dove le insicurezze e la paura prendono vita attraverso soluzioni dolorose e difficili da superare che portano la protagonista al limite tra la vita e la morte. Se oggi per avere le ciglia più lunghe basta un appuntamento di un’ora in un centro estetico, in epoca Vittoriana le ciglia finte venivano intessute con ago e filo direttamente sulla palpebra. Questa e altre storie di bellezza da brivido si scoprono nella pellicola, dalla rinoplastica fatta con lo scalpello all’amputazione delle dita del piede per infilare la scarpetta. Una dimostrazione di come il gore e il body horror parlino perfettamente della questione “corpo” nel 2025. Con violenza e sangue, elementi d’altronde, molto corporei. «Sono stata ispirata dall’approccio di David Cronenberg al genere: le trasformazioni del corpo diventano metafore dei difetti, i dilemmi e le paure interiori dei suoi personaggi, o persino un commento politico su come la società influenzi l’individuo» racconta la regista. All’inizio dell’anno era stato The Substance, grande successo al botteghino con Demi Moore e Margaret Qualley ad aver sollevato la questione dell’ossessione su corpo e il suo riflesso, la ricerca del miracolo contro l’invecchiamento, e del dialogo sulla confronto con le altre donne, attivo sia socialmente all’interno di ognuna. The Ugly Stepstister porta invece all’estremo la questione dei ritocchi estetici, a cui oggi è sempre più facile accedere, raccontando perfettamente la rassegnazione e l’esasperazione di non aver altra scelta che soffrire per essere bella, nascondendo la sottile speranza di ottenere dall’altra parte del dolore, quello per cui si sta lottando. La pena per non essere belle, è quella di non sposare il principe bello e ricco, di non avere futuro, di far morire di fame la famiglia. Alla fine però, ci si sente quasi in diritto di pretendere quello che si desidera, dopo tutta la fatica fatta, e si finisce a far cose di cui ci si potrebbe pentire.