Se il “tempo è denaro” negli affari, nel caso di malattie come l’ictus il “tempo è vita”. Dopo un evento cerebro-vascolare infatti ogni minuto che passa può fare la differenza, sia in termini di sopravvivenza che di disabilità evitata.
E questo implica una doppia responsabilità: quella dei familiari o di chi si trova insieme ad una persona nel momento dell’ictus, che dovrebbero saper riconoscere prontamente i sintomi e i segni d’allarme per chiamare subito i soccorsi. Ma anche quella dell’organizzazione sanitaria che, attraverso le cosiddette “reti tempo-dipendenti” (sistemi di coordinamento tra pronto soccorso, ambulanze e ospedali, in particolare con le Unità Neurovascolari o Centri Ictus – stroke unit) dovrebbero offrire trattamenti tempestivi ai pazienti.
IL FUMO
Ecco spiegato il significato dello slogan “Ogni minuto conta”, riproposto in occasione della Giornata Mondiale dell’Ictus che si celebra ogni anno il 29 ottobre, promossa dalla World Stroke Organization (WSA), che ha come partner italiano A.L.I.Ce. Italia Odv (Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale).
L’ictus si verifica quando si interrompe bruscamente il flusso di sangue ad una parte del cervello, o per l’ostruzione di un’arteria (ictus ischemico) o perché un vaso “scoppia” (ictus emorragico). Prima si tratta questa condizione, più si limitano i danni a livello del cervello (per questo i neurologi dicono che “il tempo è cervello”). Molti di questi eventi (in Italia si registrano tra 120.000 e 150.000 ictus l’anno, l’80% ischemici e il 20% emorragici) sarebbero prevenibili attraverso un’attenta gestione dei fattori di rischio, quali fumo di sigaretta, pressione alta, diabete, ipercolesterolemia, sovrappeso e obesità, sedentarietà.
L’ictus, nonostante i progressi terapeutici, resta una delle principali cause di mortalità e disabilità. Pur sopravvivendo all’evento acuto, il carico di disabilità residua può essere impegnativo, con alterazioni del linguaggio (afasia, disartria), limitazioni dei movimenti (per paresi a carico di un braccio e/o di una gamba), alterazioni cognitive e perdita di autonomia. Tutte condizioni che tendono a peggiorare nel corso delle ore successive all’incidente vascolare, se non si instaura un opportuno trattamento.
Per questo è molto importante che anche i non addetti ai lavori siano in grado di riconoscere prontamente i segni dell’ictus per chiamare subito i soccorsi. Un modo per memorizzarli è l’acronimo F.A.S.T., che in inglese sta per “veloce” (con un richiamo ancora una volta al fattore tempo) e dove “F” sta per “faccia” (un lato del volto sembra “caduto” e la bocca può risultare “storta”), “A” sta per “arm”, cioè braccio (la persona non è più in grado di alzare un braccio o di afferrare oggetti con una mano), “S” sta per “speech”, cioè linguaggio (l’ictus può impedire di parlare o far pronunciare parole senza senso o mal articolate) e “T”, che sta appunto per “tempo”.
LA TESTA
Dovrebbe bastare la comparsa di uno di questi campanelli d’allarme per far chiamare subito i soccorsi. «Da diversi anni – ricorda Andrea Vianello, Presidente di A.L.I.Ce. Italia Odv – portiamo avanti in Italia con grande successo il progetto “FAST Heroes”, una campagna didattica rivolta ai bambini delle scuole primarie che ha come obiettivo quello di insegnare loro a riconoscere i principali sintomi dell’ictus e a chiamare tempestivamente i soccorsi, trasformandosi così in supereroi che salvano i nonni dall’ictus cerebrale».
E non solo i nonni, come dimostra la storia di Alessandro, un giovane di 37 anni colpito da ictus, per una condizione cardiaca congenita, il forame ovale pervio (che non sapeva di avere). Alessandro si trovava in hotel con il figlio di 4 anni. Improvvisamente, l’uomo accusa un forte giramento di testa che lo obbliga a sdraiarsi sul letto: da questa posizione, guardandosi allo specchio si accorge di avere la bocca storta. Spaventato, si rende conto di non riuscire a parlare, né a muovere il braccio.
STRASCICHI
Il piccolo, vedendo la scena, pensa che il papà stia giocando e non si allarma. Finché Alessandro, nel tentativo di alzarsi dal letto per uscire dalla camera e chiedere aiuto, cade a terra, ferendosi. A quel punto il bimbo capisce che sta succedendo qualcosa e chiede aiuto al personale dell’hotel, che chiama subito l’ambulanza.
Sono passati due mesi da quel terribile momento e Alessandro, soccorso tempestivamente, oggi per fortuna sta benissimo, senza strascichi, né di parola, né di forza.
Grazie alle innovazioni terapeutiche (trombolisi) e tecnologiche (aspirazione del trombo, trombectomia) e soprattutto all’istituzione delle stroke unit (che sono per l’ictus quello che rappresentano le unità coronariche per l’infarto), la prognosi di questa malattia è nettamente migliorata negli ultimi anni. Ma a patto di fare presto. Perché “Ogni minuto conta”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ogni Giovedì gli aggiornamenti su Salute e Benessere
Iscriviti e ricevi le notizie via email