Come spesso accade in questo periodo, è tempo di bilanci. Uno della sua stagione lo traccia Lorenzo Germani. Bilancio, ma anche e soprattutto sguardo al futuro. Le esperienze fatte per guardare avanti. In questi giorni il laziale della Groupama-FDJ è in pieno recupero. Qualche giorno di relax in località esotiche per farsi trovare ancora più pronto.
Germani ha chiuso bene il suo 2025 facendosi vedere parecchio soprattutto nella corsa finale, la Veneto Classic . Forse mai come prima in questi primi anni di professionismo è andato vicino alla vittoria, nonostante vanti diverse top 5. Si stava giocando quella che prima è una classica, dove in tanti corrono col coltello tra i denti alla ricerca di un contratto per l’anno dopo. Ma può bastare il quarto posto in questa corsa? Quanto può dare di più Lorenzo? Perché è cosa indiscussa che il talento c’è. Sentiamo cosa ci dice.


Lorenzo, che stagione è stata?
Direi prima di tutto che è stata una stagione lunghetta, iniziata a febbraio in Oman e conclusasi un paio di settimane fa alla Veneto Classic. La chiudo con 80 giorni di corsa, nonostante nel mezzo ci sia stato anche qualche ritiro con conseguente stop per delle cadute. E tante di queste gare le ho fatte nella seconda parte di stagione, il che non è stato facile pensando soprattutto agli allenamenti col caldo delle mie parti.
E come la giudichi dopo tre anni di professionismo?
E’ stata la mia miglior stagione. Vedo che sto continuando a crescere e a migliorare. Lo dicono i numeri, ma anche i risultati. Sono molto più costante. Anche al Giro d’Italia ho colto le mie fughe. Quindi direi più che soddisfacente rispetto all’anno scorso, quando ebbi molti problemi ad inizio stagione che in qualche modo mi portai dietro a lungo. Poi è vero: anche quest’anno ho avuto degli alti e dei bassi, ma se penso alle richieste della squadra ho sempre dato il mio contributo e alla Veneto Classic si è visto.
Tu, Lorenzo, sei passato con le stimmate del campioncino. Maglia tricolore, eri nell’infornata ristretta con Lenny Martinez e Romain Grégoire. Poi cosa ha funzionato e cosa ha funzionato meno secondo te?
Attenzione, sono passato professionista con loro, ma non ero comunque tra i fenomeni. Anche le corse che avevo vinto non le avevo vinte perché avevo distrutto gli altri, ma perché con la squadra (il riferimento è alla Groupama-FDJ Continental, ndr) visto il buon lavoro svolto avevo ottenuto il via libera. Non ho mai corso da leader, né da campione che va via di forza. Questa è la differenza fra me, Lenny e Romain. Io già facevo il mio lavoro in loro supporto. Solo che poi in quella categoria era una cosa e tutti ci vedevamo di più. Da pro’ invece è tutto più difficile. E’ più complicato trovare spazio per sé.


Quindi può essere anche una questione mentale?
Diciamo che io ci metto più tempo a trovare sicurezza ed equilibrio e ad arrivare così al mio massimo livello. Ma vedo che nel complesso miglioro anche grazie all’esperienza.
Cosa intendi?
Che adesso capisco cosa mi fa bene e cosa no. Cosa devo fare e cosa devo evitare. Che sia un cibo, un’azione in corsa, un allenamento.
Hai detto ci metto più tempo per arrivare al mio massimo: cosa manca dunque per raggiungere il tuo top?
Vorrei saperlo anche io! Se lo avessi saputo avrei vinto di più. Quel che posso dire è che continuo a crescere, ad impegnarmi e a fare del mio meglio.
Parlando tra di noi, spesso si diceva che dovevi avere più “cattiveria agonistica”: come la vedi?
Più che cattiveria, direi sicurezza in alcuni frangenti, specie quando sei là davanti in fuga. Essere più sicuro di quello che puoi e che devi fare. Vi faccio un esempio.



Vai…
Prendiamo proprio la Veneto Classic. Quando mi sono ritrovato davanti, per radio aspettavo il momento in cui mi fermassero e mi dicessero di aspettare Gregoire per riportarlo sotto. Invece questo ordine non è arrivato. Anzi, mi hanno detto che potevo fare la mia corsa. Così all’improvviso mi sono ritrovato con Ulissi, Veremeersch che in questo periodo va come una moto, ed altri che non sono proprio gli ultimi arrivati… Non sapevo come posizionarmi. A questo mi riferisco quando dico che mi serve maggiore sicurezza.
Sei stato chiaro e soprattutto sincero. Ma magari quella sicurezza arriva anche a forza di stare là davanti…
Chiaro, ma come ho detto non è facile trovare spazi. In quel momento non sapevo cosa fare. Tra l’altro Romain mi ha detto per radio, ma sul momento non l’ho sentito, me lo ha riferito a fine corsa: “Vai Lorenzo, oggi può essere il tuo giorno”. E mi dispiace non averlo sentito, perché mi avrebbe caricato tantissimo. Con Romain siamo molto amici. Io, ogni giro che passava, stando lì davanti prendevo più confidenza e fiducia.
E cosa hai fatto?
Ad un certo punto ho spento il cervello e ho pensato solo a dare il massimo.


Questo della sicurezza dunque può essere un aspetto su cui lavorare in vista dell’imminente stagione 2026 o è qualcosa che si acquisirà automaticamente col tempo?
Entrambe direi. Un po’ è qualcosa del tuo essere su cui devi lavorare e per farlo servono anche dei risultati concreti, che a loro volta ti aiutano. Poi è anche vero che quando ho avuto fiducia i miei risultati li ho ottenuti, sono entrato nelle fughe, ho svolto il mio lavoro. Quel che vorrei è che la Veneto Classic fosse un punto di partenza.
Sin qui Lorenzo abbiamo parlato di aspetti mentali, invece da un punto di vista fisico su cosa dovresti secondo te migliorare? I 5’, la resistenza, lo sprint…
Per come vanno oggi le corse dico la resistenza. Per me lì ci si può lavorare. Si va talmente forte che se riesci a fare i tuoi migliori valori a fine gara puoi davvero ottenere qualcosa di buono, ma non è facile visto il dispendio che c’è prima. Sempre alla Veneto Classic, per dire, ho stabilito il mio secondo miglior valore di sempre sul minuto. E l’ho fatto dopo una stagione lunga e una giornata durissima. Se invece arrivari nei finali di corsa sempre cotto quei numeri non riesci a farli. Credetemi, sembra una cosa banale, ma non è così.
Hai ribadito della tua amicizia con Gregoire: ti piace comunque lavorare per lui?
Romain è uno stimolo ed è un privilegio lavorare con lui. Ti spinge sempre verso l’alto. Se una corsa gli va male è il primo ad essere arrabbiato, ma anche il primo a dire che ci rifaremo. Mi ha stupito questa estate in Lussemburgo. Andò male una tappa. Sul bus ci disse: domani vinciamo. Poi non vinse il giorno dopo perché c’era una crono, ma quello successivo. Se hai 100 lui ti tira fuori 120… soprattutto quando stai bene.