di
Giuseppe Alberto Falci
Tra i favorevoli al ddl Nordio ci sono anche Emma Bonino, Antonio di Pietro, Vincenzo De Luca, Enrico Morandi, Claudia Mancini, Giorgio Tonini e Stefano Ceccanti
ROMA – Un voto sorprendente quello del 30 ottobre nell’Aula del Senato sulla riforma della giustizia. Soprattutto perché il ddl Nordio ha portato fratture anche i partiti, sia di maggioranza che di opposizione. Perché tra i «sì» e «no» al voto su un testo mai cambiato nelle sue quattro letture, ci sono nomi e volti inaspettati.
I «sì», ad esempio, sono anche diversi. A sinistra, da tempo si dibatte sulla separazione della carriere e non a caso c’è chi, come Claudio Petruccioli, storico dirigente del Pci e del Pds, ricorda che all’epoca della Bicamerale di Massimo D’Alema del 1997-1998 lui assieme ad altri senatori firmò una serie di emendamenti che prevedevano proprio la separazione delle carriere e la divisione in due sezioni del Consiglio superiore della magistratura. Ecco la ragione per cui una parte del gruppo dirigente che risiede al Nazareno si trova spiazzato e quasi in imbarazzo davanti a una riforma che era presente nella mozione Martina del congresso Pd del 2019.
Petruccioli ha fatto sapere che in caso di referendum voterà sì. E lo stesso faranno Goffredo Bettini, Vincenzo De Luca, Enrico Morandi, Claudia Mancini, Giorgio Tonini e Stefano Ceccanti che così spiega la sua decisione: «Perché sono 25 anni con l’associazione Libertà Eguale che spieghiamo come il nuovo codice varato su ispirazione di Giuliano Vassalli comporti, come diceva lo stesso Vassalli, la separazione tra chi accusa e chi giudica. Dunque nel nostro caso non è un sì che non ti aspetti». In scia la senatrice Emma Bonino, storica esponente del Partito radicale che sposa l’impianto della riforma: «La separazione delle carriere è sempre stata una battaglia mia e di Marco Pannella».
Eppure il sì più clamoroso che davvero non ti aspetti è stato quello di Antonio Di Pietro, l’ex pm di Mani Pulite la cui posizione agita il mondo delle toghe. Di Pietro è stato fin troppo chiaro: «Voterò sì. Io sono sempre stato favorevole, fin dal 1989 con la riforma del sistema inquisitorio e del sistema accusatorio. Non c’era ancora Berlusconi e non ci aveva messo il cappello». E ancora, critica gli ex colleghi che sono sulle barricate: «La vera ragione per cui l’Associazione nazionale magistrati si oppone è una: la riforma prevede la costituzione dell’Alta Corte di Giustizia e il sorteggio».
APPROFONDISCI CON IL PODCAST
I contrari
Ma anche tra i contrari al ddl Nordio si contano nomi pesanti. Poco più di un anno fa il primo a uscire allo scoperto contro la separazione delle carriere e a stupire la maggior parte degli avvocati italiani e a seguire i parlamentari di Forza Italia è stato l’avvocato Franco Coppi. Principe dei penalisti italiani e soprattutto legale di Giulio Andreotti e Silvio Berlusconi — che della separazione delle carriere ha fatto una bandiera di Forza Italia — Coppi è stato quasi definitivo: «Non ho mai avuto l’impressione che un giudice abbia pronunciato una sentenza solo perché intendeva rispettare il collega dell’accusa e solo perché appartenenti al medesimo ordine. Il problema vero è che un magistrato sia intellettualmente onesto. Se è tale, può passare dall’una all’altra funzione interpretandola correttamente». Bocciatura totale, insomma, cui segue un altro concetto: «Non è che separando le carriere si risolvono i processi lenti o le lungaggini burocratiche».
In estrema sintesi Coppi parla di «riforma ideologica che non risolve nulla». Un’uscita che non viene apprezzata dalle parti di Forza Italia e dell’intero centrodestra perché ritenuta «un danno» per la narrazione della coalizione di governo. E che di certo non è stata gradita da Pierantonio Zanettin, avvocato anche lui, senatore vicentino di Forza Italia, e soprattutto genero del noto penalista e tra i sostenitori della proposta di legge, che proprio ieri a Piazza Navona era fra i più felici per il risultato ottenuto.
Nel mazzo dei no che non ti aspetti c’è anche Ernesto Carbone, avvocato, oggi membro laico del Consiglio superiore della magistratura, in passato parlamentare di fede renziana, non certo appartenente al partito delle toghe: «È sempre stata la mia posizione. Sono contro perché parto dai dati degli ultimi 5 anni, dove sono transitati soltanto 28 magistrati da una funzione all’altra. Parliamo dello 0,3%. Quindi la separazione delle carriere nei fatti c’è già. Inoltre, se fai il doppio Csm e il Csm scelto con sorteggio è il passo immediatamente precedente per portare il pubblico ministero sotto il controllo dell’esecutivo».
La newsletter Diario Politico
Se vuoi restare aggiornato sulle notizie di politica iscriviti alla newsletter “Diario Politico”. E’ dedicata agli abbonati al Corriere della Sera e arriva due volte alla settimana alle 12. Basta cliccare qui.
31 ottobre 2025 ( modifica il 31 ottobre 2025 | 11:31)
© RIPRODUZIONE RISERVATA