di
Claudio Bozza

L’ex pm simbolo di Mani pulite a favore della riforma della Giustizia: «Parlo sulla base dell’esperienza: ho vissuto tutte le situazioni previste dal codice di procedura penale. Chi vuole assecondare la politica può già farlo»

Antonio Di Pietro, perché lei voterà sì al referendum sulla separazione delle carriere?
«Perché la separazione delle carriere non è una vendetta: serve ai cittadini. E poi: il referendum è l’istituto più democratico che esista e gli italiani dovrebbero farne tesoro, per decidere quale Costituzione vogliono. Questo referendum è il completamento di un percorso iniziato nell’89, voluto da Vassalli e Pisapia. Allora si passò dal sistema inquisitorio a quello accusatorio, in cui accusa e difesa, su un piano di parità, si confrontano davanti a un giudice terzo. La verità è che questa è una riforma complessiva della magistratura. La separazione, di per sé, è uno specchietto per le allodole: costringe a votare per partito preso, non per cognizione acquisita».

Lei è stato il simbolo del pool di Mani pulite, in un’epoca in cui il rapporto tra giudici e pm aveva una dinamica più stretta. Non è un paradosso che oggi lei sostenga questa riforma?
«Sostenevo la separazione delle carriere già nell’89 e non cambio idea solo perché, nel frattempo, qualcuno come Berlusconi ci aveva messo il cappello sopra. Anzi, mi indigna che se ne approprino i cosiddetti “berlusconiani”. Le riforme costituzionali riguardano tutti i cittadini, non una parte politica».



















































Se la riforma fosse stata in vigore nel 1992, Mani pulite sarebbe mai esistita?
«Uguale, uguale. Non sarebbe cambiato nulla. Sul piano delle potenzialità del pm non cambia niente, sempre che un magistrato voglia davvero fare il suo mestiere. Oggi, se un pm vuole assecondare il potere politico può farlo. E potrà farlo anche domani».

I suoi colleghi del pool, Davigo e Colombo, sono critici sulla separazione. Ne ha parlato con loro?
«Rispetto le posizioni contrarie, come chiedo che si rispetti la mia. Io parlo sulla base dell’esperienza. Ho vissuto tutte le situazioni previste dal codice di procedura penale. Sono stato: avvocato, imputato, indagato, parte lesa, parte offesa, testimone, poliziotto, pm. A seconda della “giacchetta” che indossi, quando entri in un’aula di giustizia il tuo stato d’animo cambia. Ecco perché vorrei avere davanti un giudice da non temere».

Per la maggioranza, il sorteggio per la formazione del Csm sarà un colpo alle correnti. Condivide?
«Non si potrà più fare la comunella alla Palamara e, soprattutto, finirà una situazione impropria. Con l’istituzione dell’Alta Corte disciplinare, eventuali errori dei magistrati saranno giudicati da un organo davvero terzo, e non da quello di un Csm governato dalle correnti».

Lei è mai stato iscritto a una corrente?
«Mai aderito all’Anm, ho sempre rifiutato. Tutti questi mal di pancia non derivano dalla separazione delle carriere, ma dal fatto che il sorteggio toglierà un potere fondamentale alle correnti».

Qualcuno dice che il pm diventerà subalterno al potere politico.
«Falso. L’autonomia della magistratura resta intatta nella Costituzione. Chi vorrà rimanere a schiena dritta continuerà a farlo. Il magistrato italiano non può essere fermato da nessuno, se non da un quintale di tritolo o da un altro magistrato».

C’è chi sostiene che la separazione delle carriere sia una «vendetta» della politica contro i pm. È così?
«Se lo fosse, sarebbe una vittoria di Pirro. La riforma, invece, dà più forza e autonomia al pm. Non lo indebolisce, lo responsabilizza».

La toga un po’ le manca?
«Sempre. Ma mi è stata tolta da altri magistrati, non dalla politica».

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31 ottobre 2025 ( modifica il 31 ottobre 2025 | 21:02)