di
Chiara Maffioletti

Il conduttore è stato scelto da Carlo Conti dopo una lunga gavetta: «Da bambino volevo fare il Pippo Baudo, ma per anni non credevano in me»

Sognava di diventare un conduttore da quando era un bambino e quel desiderio non lo ha mai abbandonato, anche quando sembrava impossibile da realizzare. Dopo una lunga gavetta e un’altrettanto lunga serie di no, Gianluca Gazzoli ha quindi deciso di non aspettare più che qualcuno gli proponesse di presentare quel programma che aveva in mente, ma di produrlo da solo. È iniziato così, quattro anni fa, uno dei video podcast più longevi e di maggior successo in assoluto, «The Basement». Ed è iniziato così anche il percorso che ha portato Gazzoli ad essere scelto come conduttore di Sanremo Giovani. «Questo per me è un sogno che si realizza. Quando ho ricevuto la chiamata di Carlo è stata una esplosione di emozioni: ho provato la gioia di veder riconosciuto tutto il mio lavoro. Sanremo è qualcosa che entra dentro la vita delle persone. Io ero piccolo quando Nek cantava “Laura non c’è” e per mesi sono andato dal parrucchiere con la sua foto perché volevo i capelli come lui». Ora sarà alla guida della gara tra le nuove voci: «Sto lavorando per riuscire a trasmettere chi sono i ragazzi, li capisco, sono come loro: sto cercando di inseguire i miei obiettivi. Cercherò di portare sul palco la mia umanità che è un po’ la mia cifra in quello che faccio ogni giorno». 

Gazzoli vede questo traguardo come un ulteriore inizio, ma, in realtà, arriva dopo tanti anni in cui non si è arreso: «Volevo fare questo ma non trovavo spazio. Non un canale televisivo o un grosso editore che credessero in me. Per questo, a un certo punto, ho pensato che l’unica cosa da fare era partire con questo mio progetto del vodcast: non importa avere il set perfetto o chissà quali risorse. Per me contava la qualità del contenuto, le storie che volevo raccontare, tutto il resto si sarebbe aggiustato. L’idea iniziale era fare due episodi a settimana per un anno, senza guardare i numeri». Che, però, non si sono fatti attendere. «La mia idea di approfondire certe tematiche spesso profonde attraverso una chiacchierata il più possibile rilassata e magari divertente, a un certo punto ha coinciso con quello che le persone cercavano, forse un po’ sature da un periodo di grande aggressività verbale, dove tutti tendevano a prevaricare il prossimo e in cui anche il mondo televisivo si era forse troppo schierato dalla parte del trash, anche solo come linguaggio». Prima per lui c’era stata la radio. Ancora oggi lavora a Radio Deejay. «“The Basement” è figlio anche della mia esperienza in radio, dove ho imparato a stare davanti a un microfono. Il rapporto con il pubblico l’ho imparato invece conducendo eventi dal vivo: ho presentato da qualsiasi sagra, mi montavo il palco, tornavo a casa alle cinque e continuavo a lavorare nell’agenzia dove ero assunto. L’intuizione è stata capire che le figure dello spettacolo dovessero essere sempre di più anche editori di sé stessi, perché ormai i canali per farlo ci sono». 



















































Nel suo seminterrato pieno di memorabilia sono scese star internazionali, dallo spettacolo, allo sport, dalla moda all’economia. Come li ha convinti, specie all’inizio? «Con un po’ di faccia tosta. Andavo a propormi direttamente a personaggi anche enormi. Certo, all’inizio qualcuno non mi ha minimamente considerato… però poi… Tra i primi per cui ho fatto chilometri e chilometri in auto, cercando di raggiungerlo a ogni evento dove sapevo sarebbe andato, c’è stato Amadeus. Era il periodo dei suoi Sanremo, contattarlo non era semplice. Così mi sono imbucati a un concerto di Elodie perché sapevo che sarebbe andato e mi sono buttato con grande sfacciataggine. Alla fine è venuto». Il primo ospite importante è stato «sicuramente Valentino Rossi, nell’aprile del 2023. Scherzando dico che è il mio talent scout, perché la sua partecipazione a quella puntata, epica, mi ha fatto fare un salto, con ospiti importanti che sceglievano di venire a dialogare con uno Youtuber. Fino ad allora i mondi erano divisi: quello della tv parlava sempre in tv e quello del web sempre sul web. Ma queste realtà ormai sono dei vasi comunicanti: sono due lingue diverse ma devi parlarle entrambe. Certo è che quando magari riaccompagno un ospite particolaremente importante alla porta, finita l’intervista, io e le persone che lavorano con me restiamo qualche istante a guardarci e diciamo: ma davvero è successo?». Tra gli altri ricordi speciali, quello con «David LaChapelle, fotografo e artista tra i più importanti al mondo. Oppure Baggio, Jovanotti, Pausini o Jared Leto, che è venuto nel mio seminterrato e si è messo a giocare con me ai videogiochi. Secondo me ci renderemo davvero conto di tutto quello che ci è successo solo tra qualche anno. Anche perché noi siamo rimasti sempre una realtà totalmente indipendente». Nomi grandi possono intimorire anche, ma il bello è che nel nostro spazio si azzerano un po’ le distanze. Ero un po’ in ansia per Samantha Cristoforetti perché è un astronauta e quindi per me è un supereroe. Poi è venuta qui ed è stata davvero una chiacchierata tra amici: è stata una delle puntate più importanti perché la bellezza è anche mischiare mondi distanti». Mai capitata una domanda di quelle che un secondo dopo aver parlato dici: oddio che cosa ho chiesto? «Sì, anche se la mia idea è che anche le domande scomode vadano fatte, anche se con il giusto tono e nonostante le raccomandazioni degli staff di questi grandi personaggi. Io, ad esempio, mi sono buttato con Luciano Ligabue: sapevo ovviamente che una domanda sul rapporto con Vasco Rossi sarebbe stata complicata, ma, alla fine, siamo arrivati a un punto del discorso per cui sono riuscito a farla e lui, come forse non aveva mai fatto prima, ha risposto».

Non si sente un giornalista. «Io sono un conduttore: il mio lavoro è cercare di portare il discorso dove vorrei arrivasse. Spesso, in questo modo, si trovano però delle notizie. Non mi preparo prima le domande ma so dove voglio partire e sempre dove voglio arrivare: di quello che succede in mezzo non ne ho la minima idea e credo sia un po’ il bello». Quando sognava di fare il conduttore, chi era il suo mito? «Ho avuto tante ispirazioni proprio perché ho sempre cercato di fare cose diverse. Pif è stato uno dei miei miti, perché con Il testimone mi ha fatto credere di poter fare cose bellissime senza avere grandi mezzi e budget straordinari. Bastava una telecamera e un punto di vista. Per la radio Linus è stato un riferimento anche se da piccolo dicevo che volevo fare il Pippo Baudo, perché pensavo che fosse proprio un mestiere il Pippo Baudo. Poi c’è stato ovviamente Carlo Conti, che ho sempre ammirato per la semplicità che ti fa credere ci sia dietro il suo lavoro. Fa sembrare facile anche presentare Sanremo. Già prima di questa conferma è stato uno dei primi a credere in me: quando ero a Radio 2 mi fece fare un programma in radio e mi portò a seguire la diretta del Festival. Mi ha sempre dato consigli quando non mi considerava nessuno e questa è una cosa che mi ricorderò per sempre». Dice che «oggi c’è questa tendenza a pensare che tutto arrivi dall’oggi al domani, invece sono molti anni che mi impegno per ottenere quello che ho. In generale mi sono accorto che a me piace tirare fuori il meglio delle persone, la parte buona. Il mio è un po’ il potere della gentilezza, che secondo me sta diventando la vera trasgressione. Sono molto orgoglioso che sto facendo rumore pur parlando a bassa voce, è una cosa abbastanza atipica. Tra le puntate dell’ultima stagione di The Basement c’è stata quella con sua mamma, venuta a mancare poco dopo. «È stata forse la puntata migliore di tutte col senno di poi. Avevamo saputo che non restava molto tempo, e quindi da una parte volevo che mia mamma avesse un piccolo tributo e poi un ricordo per noi. Non potevo scriverle un libro, una canzone o un film, ma potevo dedicarle quello che faccio. Non volevo che fosse una cosa patetica e non lo è stata. Penso che riuscirò a rivedere quella puntata solo tra dieci anni almeno, ma so già che resterà la cosa più bella che abbia mai fatto nella mia vita».

31 ottobre 2025 ( modifica il 1 novembre 2025 | 07:03)