di
Paolo Condò

Mai avevano preso parte allo stesso campionato. Il neo-allenatore della Juventus ha più esperienza di tutti, Antonio come lui è stato sulla panchina della Nazionale dove Max si immagina prima di chiudere la carriera

Luciano Spalletti è il miglior costruttore di gioco del nostro calcio. Nessuno è in grado di creare un ambiente vincente, dentro e fuori lo spogliatoio, come Antonio Conte. Nei 90 minuti di partita Max Allegri trova «in diretta» soluzioni inaccessibili a chiunque altro. Sono i tre maestri del calcio italiano di oggi, due di loro hanno già allenato la Nazionale, il terzo (Allegri) conta di arrivarci prima di chiudere la carriera. L’aspetto curioso della loro ovvia rivalità — i migliori fra loro si stimano, ma soprattutto si combattono — è che questa è la prima volta in cui partecipano tutti e tre allo stesso campionato. Non era ancora successo perché ce n’è sempre stato almeno uno all’estero, oppure fermo, oppure in azzurro. Il triello da buono, brutto e cattivo — in realtà se gli indichi il traguardo diventano tutti e tre cattivi — fu sfiorato una sola volta, nel settembre del 2009, quando Spalletti venne esonerato dalla Roma dopo le prime due partite, Allegri ne durò 33 sulla panchina del Cagliari e Conte debuttò in serie A alla quinta giornata, chiamato dall’Atalanta. 

Proprio Conte, campione in carica col Napoli, mal sopporta ma accetta — deve accettare — il ruolo di favorito per lo scudetto (lo divide con l’Inter). Allegri è tornato al Milan dichiarando come obiettivo la zona Champions, ma in confidenza dice che se a marzo ci sarà da ballare la squadra lo farà. Spalletti, che a 66 anni è più Jep Gambardella di Allegri (58) e Conte (56), non perde tempo a negare ciò che vorrebbe fare: «Spero di rientrare nella corsa scudetto, non vedo perché dovrei accontentarmi di meno». La decina di anni in più rispetto agli avversari vale a Spalletti esperienze superiori. E memorabili. Nel campionato 99-00, il suo terzo in serie A, allenò per 17 partite il Venezia in un torneo che contava Fabio Capello (Roma), Marcello Lippi (Inter), Carlo Ancelotti (Juve) e addirittura Giovanni Trapattoni (Fiorentina), ovvero un pacchetto di 18 scudetti e 8 Champions.



















































All’epoca era un allievo, oggi rientra in una serie A che col suo recente trionfo di Napoli conta 14 scudetti, i 6 di Allegri, i 5 di Conte e i «singoli» di Maurizio Sarri e Stefano Pioli. L’unico titolo moderno che manca è quello di Simone Inzaghi con l’Inter, e da Gasperini a Fabregas è palese che in giro ci siano altri allenatori meritevoli di scudetto ieri, oggi o domani. Non nascondiamoci, però, che questa grande battaglia tra panchine, mediaticamente insaporita dai rapporti non sempre idilliaci fra le parti, sia in qualche modo sostitutiva di un confronto tecnico in campo drasticamente sceso di livello. La serie A si è impoverita di campioni, tanto che i due elementi di spicco del primo quarto di torneo sono un 40enne meraviglioso ma crepuscolare, Luka Modric, e un 21enne che purtroppo sappiamo di passaggio, Nico Paz. Coraggio maestri, trovatene altri.

1 novembre 2025 ( modifica il 1 novembre 2025 | 07:18)