Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta che ci ha inviato Andrea Capelli, ex presidente del settore amatoriale nazionale, che è intervenuto sulle vicende che riguardano la sospensione della convenzione tra FCI e ACSI. Laddove si voglia rispondere a questa lettera, la redazione del nostro sito è pronta a pubblicare altri punti di vista, creando così un dialogo costruttivo sull’argomento.

Gentilissimo Direttore,
frequento l’ambiente del ciclismo amatoriale ormai da vent’anni. Sono stato per molti anni un partecipante, poi un presidente di società, infine ho fatto parte delle Strutture Tecniche della Federazione Ciclistica Italiana prima a livello regionale, in Lombardia, e poi a livello nazionale. 

Sono stato presidente del Settore Amatoriale e Cicloturistico Nazionale, a seguito della nomina ricevuta nel maggio del 2021, fino alla mia dimissione, avvenuta volontariamente nel dicembre del 2024. Sono anche un Direttore di Corsa regionale. Ho poi lavorato nell’ambiente del ciclismo dilettantistico, nell’ambito della comunicazione, dal 2011 ad oggi. Alla data odierna non ho più alcun ruolo nelle strutture tecniche o dirigenziali né per la Federazione Ciclistica Italiana, né per alcun Ente di Promozione Sportiva. 

In questi giorni l’ambiente amatoriale è scosso dalla sospensione della Convenzione tra FCI ed ACSI, è sicuramente un momento molto delicato, che mette in difficoltà partecipanti ed organizzatori. Il ciclismo amatoriale, nel corso degli ultimi anni, è stato un ciclismo condiviso, trasversalmente, tra eventi e partecipanti della FCI e degli Enti di Promozione Sportiva. Oggi questo sistema è, forse, messo in discussione.

L’UCI disciplina solo le Granfondo World Series, non le granfondo in generale

Ho appreso dell’interruzione della Convenzione FCI-ACSI in base al comunicato n.17 del Settore Amatoriale e Cicloturistico Nazionale dello scorso 13 ottobre, pubblicato sul sito federale. Trovo innanzitutto strano che le motivazioni siano state poi relegate solo in una “news” del sito il giorno seguente, e non affidate ad un documento ufficiale. Il processo comunicativo non è stato forse dei migliori, e, ad ogni modo, leggendo le giustificazioni fornite, sono rimasto perplesso. Perché al di là delle pattuizioni della Convenzione, la violazione dell’art. 3.4 risulta, a mio avviso, molto indebolita dalla premessa dell’art. 3.4 stesso. 

L’esclusività federale delle granfondo sopra i 120 km infatti avverrebbe, stando a quanto riportato, “in applicazione” del capitolo V, del titolo XV, dei regolamenti UCI: tuttavia se leggiamo il regolamento UCI, vediamo che in questo passaggio sono unicamente disciplinate le prove UCI Granfondo World Series e i Campionati del Mondo di specialità, ma non le granfondo in generale, né si specificano i criteri di accesso alle granfondo che non rientrino nelle prove di qualificazione per il mondiale e per il mondiale stesso. C’è anche da segnalare una stranezza: sul sito della Federazione Ciclistica Italiana, nella pagina dedicata alle traduzioni dei regolamenti UCI, il titolo XV è omesso.

Sintetizzando senza troppi tecnicismi: nel passaggio citato del regolamento UCI viene data una disciplina generale per le sole prove di qualificazione per il mondiale di granfondo e per il mondiale stesso. Queste prove, che sono di pertinenza UCI, saranno, di rimando, collegate alle rispettive federazioni nazionali del Paese di svolgimento, ovviamente. Ma nulla viene asserito per le granfondo che non facciano parte di questo circuito. L’UCI non dà alcuna indicazione che altre prove di granfondo possano essere svolte solo da una federazione nazionale affiliata all’UCI.

Per avere la maggior sicurezza di quanto sopra esposto ho contattato, nei giorni scorsi, un dirigente UCI che si occupa del settore, che mi ha confermato come le granfondo, in generale, possano essere anche eventi privati, e che solo le World Series e i Campionati Mondiali siano di spettanza UCI e, di conseguenza, delle Federazioni nazionali.

Le Granfondo sopra i 120 km per tutti

A mio avviso le granfondo oltre i 120 km potrebbero essere organizzate da tutti, l’UCI non indica alcuna esclusiva. Dirò di più: il limite dei 120 km in realtà sarebbe un distinguo interno, federale, non derivato dall’UCI, individuato unicamente per differenziare l’attività di granfondo da quella di mediofondo, e riconoscere, eventualmente, anche dei titoli nazionali diversi, pur essendo, di fatto, tutte queste prove della stessa natura e con le stesse necessità organizzative, indipendentemente dal chilometraggio. Consideriamo anche che le prove di World Series dell’UCI hanno come indicazione un chilometraggio tra gli 80 e i 225 km, e non si parla mai di mediofondo nei regolamenti UCI.

Le Convenzioni, ad ogni modo, vengono firmate dal Presidente della FCI, non dalla Struttura Tecnica, la quale, almeno durante il mio mandato, non era comunque coinvolta nella disamina delle stesse. In generale le Strutture Tecniche hanno una funzione consultiva, propositiva e gestionale per i temi tecnici e sportivi. Le decisioni spettano, in ossequio alla gerarchia sportiva, al Consiglio Federale. Nello scorso quadriennio non veniva nemmeno data pubblicità dei testi delle Convenzioni. Chiesi comunque, più volte, se ci fossero dei riscontri operativi a seguito della sottoscrizione delle Convenzioni, soprattutto per le granfondo, ma non ricevetti indicazioni specifiche. Oggi sicuramente sarà cambiato qualcosa.

Nelle giustificazioni fornite il 14 ottobre della Federazione Ciclistica Italiana ho letto anche altre doglianze nell’explicit della comunicazione circa la mancata collaborazione con l’ente in questione, a livello locale. Non comprendo perché tale lamentela venisse riportata nel testo di chiarimento delle motivazioni, in quanto non può essere parte integrante della motivazione della sospensione della Convenzione.

Questo appunto, infatti, farebbe riferimento ad una scarsa o mancata collaborazione a livello regionale (Lombardia, Piemonte e Liguria), quando le previsioni di Convenzione in realtà implicherebbero (art. 7) la presenza di un coordinamento a livello nazionale, per il tramite di una commissione paritetica. In sintesi non ne ho riscontrato la pertinenza in tale sede.

Durante il mio mandato devo invece dire che, soprattutto in Lombardia e Piemonte, c’era una collaborazione attiva ed efficace. Prendo atto che ad oggi questa si sia, probabilmente, interrotta. Penso che un interrogativo andrebbe posto alle strutture e alle persone che oggi si occupano del settore amatoriale in queste regioni. Ad ogni modo, non penso possa essere rivendicata come problematica che abbia invalidato il perdurare della Convenzione, trattandosi di un’evenienza locale e non vedendo in Convenzione alcuna obbligazione diretta sul tema.

Un grande disagio

Oggi l’effetto delle sospensione della Convenzione FCI-ACSI crea sicuramente un grande disagio per i partecipanti e gli organizzatori. Anche e soprattutto perché la Convenzione con ACSI è stata sospesa repentinamente, credo con stupore e a discapito della base. Il vulnus non è trascurabile, perché l’attività amatoriale, ormai da tanto tempo, è stata sempre condivisa e ricevere indicazioni che non si possa partecipare a questa o a quella manifestazione, o che non si possano accogliere i tesserati di un ente ad un evento, è problematico, soprattutto a ridosso dello stesso e senza preavviso. 

Tutto questo limita notevolmente la volontà partecipativa delle persone e mina fortemente la sostenibilità economica delle manifestazioni. Se mancano i partecipanti (paganti, ricordiamolo) gli eventi vanno in perdita. Ci rimettono tutti, indistintamente, che siano la Federazione o gli Enti. Credo anche che, quanto accaduto, allontani molto le persone dall’attività sportiva coordinata. Già dal post Covid ad oggi sappiamo che c’è una flessione nei numeri partecipativi ed organizzativi, anche per conclamati problemi economici, ma così possiamo solo peggiorare. E non avere la certezza che una tessera staccata ad inizio anno abbia una validità estesa, trasversale e duratura, come si pensava al momento di sottoscrizione della medesima, è disincentivante per il futuro tesserato. Chi fosse deluso, potrebbe non rinnovare la propria affiliazione.

Migliaia di ciclisti

L’amatoriale è un settore importante per il ciclismo. E’ uno strumento promozionale, incentiva le persone a praticare l’attività ciclistica e diffonde la cultura sportiva. E’ un settore che fa anche dei grandi numeri. Pensiamo che, solo in ambito federale, oltre il 60% dei tesserati “pedalatori” tesserati sono amatori, è un dato che si è consolidato nel tempo e che avevo anche monitorato nello scorso quadriennio.

E’ un movimento che, in tutta Italia, comprendendo l’attività degli Enti di Promozione Sportiva, può coinvolgere centinaia di migliaia di appassionati. Chi stacca una tessera agonistica, seppure per l’attività amatoriale, si deve poi sottoporre ad una visita medica di idoneità, che è un grande strumento di prevenzione contro la morte improvvisa.

C’è un valore fortemente radicato nel tessuto associativo, perché lo sport è un mezzo per migliorare il benessere delle persone e per favorire la socialità e l’inclusione. L’amatoriale è anche una risorsa economica, per gli organismi affilianti, anche quindi per la Federazione stessa. E anche questa è una cosa bella, perché la passione dei praticanti, di tutte le età, sostiene anche l’espressione del ciclismo giovanile e quello di alto livello. Nel corso della mia passata esperienza riscontro come ci sia stata comunque una collaborazione fattiva con l’Ente in questione, migliorata nel corso del tempo, perché i regolamenti di gara fossero aderenti alle norme federali e, anche grazie al progetto 3R, crescesse la qualità e la sicurezza negli eventi granfondistici.

Da grande appassionato spero che la situazione possa risolversi in un periodo brevissimo. Sarebbe spiacevole vedere drasticamente ridotte le possibilità di chi vuole praticare e promuovere lo sport. Certamente nella condivisione dell’attività è sacrosanto convenire e rispettare delle regole.

Spero che queste vengano scelte con criterio, fondamenti robusti, trasparenza e termini temporali certi. Sarebbe bello che venisse garantita a tutti i tesserati la validità degli accordi e delle Convenzioni per una stagione sportiva intera. Altrimenti chiunque dovesse sottoscrivere una tessera avrebbe sempre il timore che questa, qualunque essa sia, nel corso dell’annata sportiva, potesse non essere accettata come titolo partecipativo per i diversi eventi che si svolgono su tutto il territorio nazionale, anche in virtù di quanto accaduto recentemente. Credo sia necessario dare delle certezze.

Andrea Capelli