di
Marta Serafini

Il via al blitz dopo lo stop alle linee di rifornimento. Da venerdì è in corso la battaglia che potrebbe decidere le sorti del conflitto in Ucraina

Una decina di uomini che si lanciano a terra senza paracadute. Un Black Hawk che li lascia sul campo di battaglia mentre la polvere copre la loro discesa e il pilota dell’elicottero li guarda, forse, per l’ultima volta. A pochi chilometri di distanza, chiusi in un bunker, il comandante del Hur, l’intelligence militare, Kyrylo Budanov, l’uomo delle operazioni speciali in territorio russo, e il capo di stato maggiore Oleksander Syrskyi, l’eroe della resistenza di Kiev, li osservano e trattengono il respiro. 

È iniziata venerdì pomeriggio la battaglia delle battaglie del conflitto ucraino, quella che potrebbe decidere le sorti della guerra dopo uno degli assedi più lunghi, che Putin vuole vincere a tutti i costi per tentare di ribaltare il tavolo negoziale e prendersi tutto il Donbass pur senza aver chiuso la cintura di Donetsk che corre da Sloviansk a Pokrovsk. Dalla cittadina porta di Donetsk non arrivano più voci ormai da settimane, sulle macerie è calato il silenzio di ogni battaglia decisiva. I pochi civili, per lo più anziani, sono intrappolati nelle cantine. Anche i comandanti più blasonati stanno attenti a sbottonarsi e parlano a condizione solo di stretto anonimato. Non è dato sapere se gli uomini del 7° corpo delle forze aeree d’assalto siano ancora vivi o siano morti come dicono i russi. «Quello che sappiamo con certezza è che sono degli eroi», ci dicono fonti dell’intelligence militare.



















































E non solo. «Hanno condotto un’operazione unica nel suo genere: un lancio senza l’uso di paracadute». Putin spinge, insiste nel dire che gli ucraini sono accerchiati. Si fida di quello che gli ha detto il generale Valery Gerasimov già la settimana scorsa: gli ucraini sono circondati, non ce la fanno. Addirittura lo zar ha invitato i giornalisti a vedere sul campo coi loro occhi. Ma sono gli stessi blogger russi ad accusare Gerasimov di aver mentito per non indispettire il capo. La propaganda russa mostra video di prigionieri ucraini che raccontano di essere rimasti intrappolati senza acqua. In realtà, l’operazione speciale di Kiev è stata lanciata su Pokrovsk proprio per evitare che la linea di rifornimento da Myrnohrad venga chiusa, dopo giorni di forte pioggia che hanno permesso ai russi di aumentare le infiltrazioni e di dichiarare conquiste non verificabili. Ma le polemiche non sono mancate anche sul fronte di Kiev. Rotazioni sbagliate e decisioni prese in ritardo potrebbero aver reso la caduta di Pokrovsk inevitabile e l’operazione di Budanov e Syrskyi più che una controffensiva sarebbe una mossa per consentire ai militari ucraini di evacuare prima che sia troppo tardi. 

Forze speciali lanciate dagli elicotteri e i generali sul campo a Pokrovsk: così Kiev prova a resistere

Lo stesso DeepState, gruppo di monitoraggio open source ucraino, stima che circa metà di Pokrovsk sia «zona grigia» di cui nessuna delle due parti ha il pieno controllo. Una fonte militare conferma che le forze ucraine non sono circondate, ma che le loro linee di rifornimento sono rimaste sotto il fuoco delle truppe russe. «La situazione in città è cambiata così tanto che Syrskyi sta ora inviando unità d’élite nella città per stabilizzarla», spiega. Tra queste, le forze speciali e le unità d’assalto dell’intelligence militare. «Sono in corso combattimenti per la stazione ferroviaria e la zona industriale a ovest. Gli scontri sempre più intensi hanno costretto ad evitare movimenti logistici coi mezzi, con soli spostamenti a piedi». Il risultato è che «le forze armate ucraine non sono in una situazione di accerchiamento fisico, ma operativo: ciò significa che tutta la logistica è resa impossibile». Tradotto, significa che negli ultimi giorni non erano più possibili rifornimenti, cambi ed evacuazioni dei feriti. A confermare il quadro è l’Isw, l’Institute of Study of War che basa i suoi report sulle informazioni di intelligence occidentale. 

Dalle nebbie della battaglia ad un certo punto emergerà un risultato. Ma Pokrovsk non vive più dall’agosto del 2024, quando sulla stessa banchina della stazione vicino cui ora si combatte abbiamo salutato i convogli con le donne e i bambini, mentre gli altoparlanti avvertivano i civili di lasciare la città e i mortai rombavano. Le forze dell’Armata allora non sfondarono, nonostante le trincee fuori dalla città fossero rimaste vuote. In quelle stesse settimane Kiev era entrata nel Kursk, lasciando sguarnito l’Est. Un rischio calcolato, secondo molti analisti, che ha permesso alle forze ucraine di fare prigionieri da scambiare salvando uomini. «Pokrovsk non è il tritacarne di Bakhmut», ci ha sempre ripetuto un comandante di un’unità di carristi, dispiegato sia a Kherson che in Donbass. Se Pokrovsk sarà un azzardo di Zelensky o un bluff di Putin, sarà il campo a dirlo. Di sicuro è che un’altra città che è morta. Per un anno intero, la Russia ha cercato di conquistare una città con una popolazione prebellica di appena 60 mila abitanti. Nel tentativo, ha perso circa 120 mila soldati per prenderne appena la metà. E per le sue strade i bambini non torneranno a correre e ridere per molto tempo.

1 novembre 2025 ( modifica il 1 novembre 2025 | 22:20)