Chi pensava che la guerra tra tv tradizionali e piattaforme digitali si combattesse solo sui contenuti, ora ha la prova di un altro fronte caldo: la prima schermata della smart tv. È qui, forse, che si gioca la vera partita tra i colossi dell’intrattenimento. Non più una sfida solo sul cosa guardiamo, ma sul come arriviamo a guardarlo.

Il nodo dell’accesso

L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) ha approvato nuove linee guida che impongono la “prominence” – ovvero la visibilità privilegiata – dei servizi radiotelevisivi di interesse generale. In pratica, Rai, Mediaset e le altre emittenti storiche dovranno avere un posto d’onore nelle interfacce di smart tv, box e autoradio connesse.

Dietro il termine tecnico, si nasconde una questione che riguarda tutti: in un mondo dove il telecomando porta direttamente a Netflix, Amazon Prime o YouTube, dove finiscono i canali generalisti? Il rischio, secondo l’Agcom, è che vengano relegati in fondo all’elenco, con un danno per il pluralismo dell’informazione.

La risposta dell’Agcom: nove icone “salva-TV”

Il provvedimento non è arrivato senza polemiche, ma ridefinisce le regole del gioco. Entro 12 mesi dalla pubblicazione (quindi presumibilmente nel 2027), i produttori di dispositivi dovranno adeguarsi. Nella home page delle smart tv dovranno comparire, ben visibili, nove icone dedicate:

  • l’icona per la Tv Digitale Terrestre;
  • le app dei cinque principali broadcaster: Rai, Rti Mediaset, La7, Sky Italia, Warner Bros Discovery Italia;
  • un’icona per le tv locali;
  • una per le emittenti nazionali minori;
  • una per le radio.

La guerra economica e sociale

La posta in gioco non è solo commerciale, ma anche sociale. L’Agcom sostiene che in un’epoca di emergenze frequenti – da alluvioni a blackout – radio e televisioni tradizionali rappresentano un’infrastruttura critica e resiliente. Mentre una connessione Internet può cadere, il segnale del digitale terrestre o della radio FM spesso resta l’ultimo canale di informazione funzionante. Garantire la “prominenza” di questi servizi significa, per l’Agcom, proteggere un bene collettivo e un presidio di sicurezza pubblica.

C’è però anche un duello economico dietro questa scelta. Le smart Tv moderne sono piattaforme che monetizzano l’attenzione: chi sta in prima pagina ottiene più pubblico.

I produttori di televisori spesso stringono accordi commerciali milionari con le piattaforme streaming per posizionarle in evidenza. Senza un intervento regolatorio, la tv generalista rischiava di essere relegata in menu secondari, invisibile soprattutto per gli utenti meno esperti. La “prominence” funziona così come una sorta di legge antitrust per l’attenzione.

Cosa cambia per le autoradio

La novità si estende anche alle autoradio e ai sistemi di infotainment. Sarà garantito un accesso rapido a tutti i servizi radiofonici broadcast (dall’FM al DAB), riconosciuti come essenziali, anche in situazioni di emergenza. Le nuove regole varranno per i dispositivi di nuova produzione, mentre per quelli già in commercio scatterà un aggiornamento automatico a carico del produttore.

In sintesi, l’Agcom mette un argine al rischio che tv e radio storiche vengano marginalizzate dalle logiche delle piattaforme digitali, ricollocandole “in prima fila”.

Soddisfazione è stata espressa da Confindustria Radio Tv. Il presidente Antonio Marano ha definito le nuove regole “un atto che riconosce e protegge la centralità e il valore sociale dei contenuti radiotelevisivi”, garantendo “il diritto dei cittadini di accedere immediatamente e senza filtri a contenuti verificati”.