di
Aldo Grasso

Con grande capacità d’ascolto trae temi dalle conversazioni della gente, assecondando quella percettività che apparteneva solo ai grandi moralisti

Il più bravo comico italiano (sul podio insieme con Emanuela Fanelli e Valerio Lundini) si chiama Daniele Gattano, forse troppo bravo per essere famoso. La sua è una comicità raffinata e colta, non sempre alla portata di tutti.

In tv lo si è visto qualche volta su Sky-Comedy Central, i primi e i secondi passi li aveva mossi a «Colorado», a «Battute», a «Le iene» con un monologo su Giorgia Meloni e, ahimè, ha persino ricoperto il ruolo di opinionista nella trasmissione «Forum» sul tema dell’omofobia.



















































Però fa il pieno a teatro (grande successo al Manzoni di Milano con Perestrojka e Pancake), spopola sul web.

Quali sono i suoi grandi perché della vita? Eccone alcuni: ti fidi dei doccia shampoo degli alberghi? E delle suore che fanno intravedere l’attaccatura dei capelli? Errore o ribellione? Se diventassi ricco, che ricco saresti? Bruni Tedeschi o Santanchè? Al posto dell’Inno di Mameli perché non una bella canzone di Mr. Rain?

Andate su internet e cercate «Essere ricca Valeria Bruni Tedeschi o ricca Daniela Santanché». Gattano è su un Frecciarossa e davanti a sé ha due signore ricche, meglio due modelli di ricchezza.

È uno straordinario affresco del nostro tempo, una visione del mondo acuta e tagliente, un viaggio in treno tra le contraddizioni del nostro Paese.

Gattano non chiama mai l’applauso ma chiede la collaborazione dell’intelligenza del pubblico (lui, più modestamente, la definisce «soglia di attenzione»), senza la quale la sua comicità si perderebbe nel vaniloquio.

È conosciuto per un monologo sul coming out, detesta l’autofiction («L’esperienza personale va benissimo, ma è arrivato il momento di andare oltre») e l’intolleranza ma ama l’odio sincero contro i comportamenti di facciata.

Ha una grande capacità d’ascolto per trarre temi dalle conversazioni della gente, assecondando quella percettività che apparteneva solo ai grandi moralisti.

Per lui la satira è già nella cronaca e nel costume: basta saper osservare per trarne racconti grotteschi, taccuini di viaggio corrosivi e sarcastici e un’ironia che si fa sempre più tagliente, consentendogli di evitare i «messaggi».

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31 ottobre 2025