E’ uno dei passaggi più importanti del ciclomercato per noi italiani: quello di Alberto Dainese dalla Tudor Pro Cycling Team alla Soudal–Quick‑Step. Lo sprinter veneto è ormai una certezza e approdare in un team che fa delle classiche e delle tappe il suo obiettivo maggiore non è da poco. Specie se quel team è proprio uno squadrone come la Soudal–Quick-Step.
Qualche giorno fa Dainese è volato in Belgio a Turnhout presso la sede di ricerca e sviluppo di Soudal, per un meeting di tre giorni come si è soliti fare oggigiorno. Qui ha conosciuto i nuovi compagni, ma anche tecnici, staff. Da lui ci siamo fatti raccontare le prime impressioni ed è emersa subito la “parolina” magica: Wolfpack.


E quindi, Alberto, è cominciata una nuova avventura: quanto della stagione è già impostato e quanto invece è ancora in divenire?
Sì, esatto, siamo andati in Belgio e ci siamo trovati tutti quanti: atleti, direttori sportivi, parte dello staff. Il primo giorno ho preso le misure per la bici, ho fatto il bike-fitting. Poi ho incontrato preparatori e nutrizionisti. Il giorno successivo ho conosciuto l’altra parte dello staff: mental coach, dottori, massaggiatori…
E cosa ti è parso?
Mi sembra tutto bene, professionali, più pignoli di quello che credevo, quindi è un bene. Abbiamo fatto anche un tour per la sede Soudal. Non eravamo al service course della squadra.
Invece un aspetto più descrittivo di questa giornata: la sede com’è? Come te l’aspettavi?
E’ una struttura moderna. Eravamo nella sede proprio di Soudal, quindi non eravamo al service course dove c’è il magazzino della squadra ma eravamo proprio in sede Soudal, che ha diverse filiali. Abbiamo fatto una visita dell’azienda. Siamo andati in quello che era il primo stabilimento di produzione di siliconi, incollaggi, isolanti. E’ bello che comunque tocchi con mano la realtà dell’azienda. E devo dire che mi è piaciuto molto vedere i lavoratori di Soudal. Eravamo un po’ ospiti loro.


Vi riconoscevano? Vi chiedevano selfie?
Sì certo, poi chi più chi meno… Conoscevano soprattutto i corridori belgi. Poi comunque eravamo ben separati. Anche perché eravamo anche nel reparto di ricerca e sviluppo. Loro non venivano a disturbarci e noi non andavano a disturbare loro. Però sì, alcuni ti fermavano ed è stato carino.
In quei giorni siete andati in bici, avete fatto una pedalata?
No, siamo stati due notti e tre giorni alla fine. E tra viaggio e partenza i veri giorni di lavoro sono stati due. Come detto, abbiamo fatto visite, misure, incontri, test fisici… Per esempio ci hanno valutato con lo squat la differenza di forza fra una gamba e l’altra. Mi sono ritagliato giusto un’ora una mattina perché sono andato a correre con Filippo Zana.
Ti è stato già assegnato un preparatore?
Esatto. E’ un belga e preparerà tutti e quattro gli italiani… quindi dovrà iniziare a imparare l’italiano da qui a fine anno! Mi sembra in gamba. Con lui abbiamo visto due o tre cose da implementare e migliorare rispetto a quest’anno. Soprattutto in considerazione del fatto che venivo da una stagione con due infortuni importanti ed è stata un po’ tosta. Ho subìto un po’ sia quel che è stato il mio 2024 e una preparazione che non ha considerato la mancanza delle ore dell’anno precedente.


Quindi?
Quindi probabilmente quest’anno mi allenerò un po’ di più. Però sono motivato, voglio anche riscattarmi da due annate sotto tono perché da quando ho fatto quella caduta terribile (il riferimento è all’incidente avvenuto lo scorso inverno a Calpe, ndr) non sono più tornato ai miei livelli. Non a caso sono già tornato in bici. Ho fatto due settimane di fermo, anche se comunque andavo a correre a piedi, ma come ripeto da sei giorni sono già in bici. E le sensazioni mi sembrano buone.
E’ interessante il discorso dell’incontro col preparatore. Tu già avevi inviato i tuoi file al coach o avete parlato lì sul momento?
Ovviamente lui aveva accesso al mio TrainingPeaks già da prima, perché quando fanno firmare un corridore tutte le squadre te lo richiedono. Vedono tutti i valori, da lì lui si è fatto un’idea e mi ha fatto un programma.
Il corridore in questo caso esprime le sue preferenze, le sue sensazioni?
Sì certo. Io sono stato il primo a dire cosa avrei voluto, cosa mi aspetto dalla preparazione e da un preparatore.


Hai visto gli altri due sprinter del team? Chiaramente parliamo di Paul Magnier e Tim Merlier…
Sì, sì, uno: Paul Magnier, era di ritorno dalla Cina: era bello provato! Sicuramente è stimolante stare con gente di questo calibro. Non vedo l’ora di confrontarmi con loro già dal primo ritiro. Loro sono il primo e il secondo sprinter al mondo per numero di vittorie quest’anno, di conseguenza se avrò un calendario in comune sarò pronto anche a dare una mano. Anche questa è una cosa che mi stimola. E poi farò un terzo calendario e cercherò di far bene. Una cosa è certa: qua si corre per vincere ed è una mentalità che mi piace. E’ diversa da altre realtà. Conta solo fare primo.
Quindi hai già parlato con Merlier e Magnier?
Brevemente, c’erano da conoscere così tante persone che con loro ho fatto fatica a parlare anche perché erano abbastanza pressati. Ci conoscevamo per aver scambiato qualche rapida battuta in gruppo, ma nulla di più.
E invece Bramati che dice?
Con lui sono contento. Lo conoscevo poco però è una guida che mi sembra molto valida. Mi dà una carica… Ci segue, ci tiene, ci dà le dritte giuste: Brama è molto presente in squadra. Mi dicevano che è in questo gruppo da 30 anni. Lui sarà il direttore sportivo di riferimento di noi italiani, quindi: Garofoli, Raccagni, Zana e io.


Parli con entusiasmo, Alberto, si percepisce proprio, e allora dicci: qual è stata la cosa che ti ha colpito di più?
La mentalità. La mentalità che è quel che fa la differenza. Si respira questa voglia di vincere. Per un cacciatore di classiche o per uno sprinter come me è come andare al Real Madrid… dove ti aspetti di vincere tutte le partite. Si corre per vincere e questo trascina tutta la squadra e tutto lo staff. Questa cosa mi ha sempre colpito, catturato anche prima, quando li vedevo da fuori. Già ti senti parte di qualcosa, del famoso Wolfpack… Puoi dire corro nel Wolfpack. Corrono uniti: tutti per uno, uno per tutti.
Avete già parlato un po’ di calendario o è tutto in divenire?
Per adesso so che parto dall’Australia. Pensate: mi hanno chiesto come l’avrei presa se mi avessero mandato subito al Down Under. E gli ho risposto: «Volevo domandarvelo io!». Quindi sono contento di partire subito.