La chiusura del Pompidou è infatti motivata da una serie di esigenze infrastrutturali, tecniche e culturali: il celebre edificio inaugurato nel 1977, progettato (non senza polemiche) da Renzo Piano e Richard Rogers è tanto iconico quanto strutturalmente complesso, proprio per via di quell’arcobaleno di tubature che l’hanno reso riconoscibile in ogni angolo del pianeta. A pochi anni dalla sua consacrazione a Monumento nazionale di Francia (per cui devono passare almeno 50 anni dall’edificazione), il celebre museo presenta oggi problemi legati all’invecchiamento della struttura, al consumo energetico e alla necessità di rinnovare sistemi di sicurezza e accessibilità. La decisione è stata quella di un intervento radicale, dunque, che permetta una trasformazione profonda e assicuri all’edificio e all’istituzione che ospita un futuro ancora più lungo. Anche se, per la riapertura, si dovrà attendere la fine dei lavori affidati agli studi di architettura Moreau Kusunoki e Frida Escobedo Studio, prevista per il 2030.
E nel frattempo cosa succederà a questa immensa e amatissima collezione d’arte composta da oltre 140mila opere? Fortunatamente non resterà del tutto inaccessibile: alcune selezioni di capolavori saranno in parte trasferite e temporaneamente esposte in altre sedi francesi e internazionali, all’interno di un programma di diffusione denominato “Constellation”. Così come le costellazioni sono raggruppamenti di stelle sparse, anche questi progetti di collaborazione vedranno le opere del Pompidou vagare nel cielo dell’arte internazionale: per esempio al Grand Palais di Parigi con la mostra su Niki de Saint-Phalle e Jean Tinguely fino a gennaio 2026; alla Philharmonie de Paris con un focus su Kandinsky, visitabile fino al febbraio 2026; altri prestiti che andranno a Shangai, Amsterdam, Copenaghen e così via. «E poi abbiamo le nostre sedi del Centre Pompidou a Metz, Malaga e Shanghai, ne apriremo una a Seul nel maggio 2026 e abbiamo inaugurato un nuovo spazio per aprire uno spazio con i nostri archivi a Massy», ci ricorda Gaële de Medeiros, Head of International and Economic Development del Centre Pompidou, mentre sediamo all’ultimo piano del museo, in questa giornata fatidica che riempie tutti di trepidazione mista a nostalgia.
Ma questa realtà museale uscirà dunque dalle propria mura in rifacimento, allargandosi a un pubblico regionale, nazionale e internazionale raggiungendolo in modo prima impensabili. E non solo su un livello materiale. Infatti a questo proposito scatta una partnership strategica con Samsung, che a partire da novembre 2025 porterà 25 capolavori della collezione del celebre museo parigino nelle case di tutto il mondo, dato che i possessori dei Samsung Art TV potranno ammirare una selezione curata di opere da oltre un secolo di storia. La quintessenza dell’archivio contemporaneo del Pompidou sarà accessibile cliccando pochi tasti del telecomando: da The Frame di Frida Kahlo – che condivide il nome con uno dei televisori più avanzati per la fruizione artistica, il The Frame Pro, col suo schermo Neo QLED potenziato che garantisce colori vividi, contrasti intensi e neri profondi – a Get-Rot-Blau di Wassily Kandinsky, da New York City di Piet Mondrian e La Tristesse du Roi (1952) di Henri Matisse ad altri capolavori di Marc Chagall, Joan Miró, Yves Klein e Peter Doig.