Gentile pubblico! È agosto! E come ogni estate, ci si scioglie la penna delle recensioni per un paio di settimane. È un problema tecnico inspiegabile che non abbiamo mai risolto. Ma non vi preoccupate! Saremo presenti su Twitch come sempre, e soprattutto compenseremo alla mancanza di recensioni con altre sorprese che, se volete saperle prima di tutti, le sveleremo questa sera su Twitch alla fine della puntata in onore di Ozzy Osbourne su Morte a 33 giri… Non mancate! Le recensioni ricominceranno il 18 di agosto. A voi l’ultimo pezzo prima della pausa:
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Anche stavolta, per scrivere dell’ultimo Cronenberg bisogna partire dal passato: se Crimes of the Future era una summa della filmografia e della filosofia del regista, ora che cosa rimane da dire? Cronenberg lo aveva ideato e girato sulla scorta del corto The Death of David Cronenberg – insomma, lo aveva girato per prepararsi a morire. Ma a morire non è stato lui, non ancora; è stata sua moglie Carolyn, sconfitta dal cancro nel 2017. The Shrouds non è quindi una riflessione su un lutto immaginato ed intellettualizzato, ma su un lutto reale, e perciò si basa su una dichiarazione reale del regista: quando Carolyn è morta, David avrebbe voluto entrare nella tomba con lei per starle ancora vicino. Per sgomberare il campo da qualsiasi refolo di sentimentalismo, è d’uopo entrare nell’amosfera del film con quella che per me è una sua perfetta manifestazione musicale, Cum Mortuis in Lingua Mortua. Sigla!
L’imprenditore Karsh (Vincent Cassel, chiaramente un avatar del regista), vedovo inconsolabile della bellissima Becca (Diane Kruger) devastata e mutilata dal cancro, realizza GraveTech, una rivoluzionaria app che consente ai parenti di un defunto di seguirne la decomposizione in tempo reale sul telefonino; gli Shrouds del titolo sono i sudari in cui i corpi vengono fasciati, tessuti ad alta tecnologia costellati di microcamere che trasmettono l’immagine della carne dalla tomba allo schermo. Il progresso tecnologico al servizio dell’immobilità dell’anima. Ma Karsh ha dei nemici ignoti che vandalizzano alcune tombe; nel frattempo, esaminando lo scheletro di Becca ormai quasi del tutto esposto, Karsh nota sulle ossa tante strane protuberanze che potrebbero essere conseguenze del cancro o anche minuscoli dispositivi di localizzazione – c’è un collegamento? Che legami ci sono fra GraveTech, Cina, Russia, Islanda? E che legami ci sono fra Karsh, il genio informatico Maury (Guy Pearce) e la sua ex moglie Terry, sorella gemella di Becca? Cosa è successo fra Becca e il suo oncologo?
Se la premessa del film è universale e puramente astratta, psicologica (l’impossibilità di superare un lutto), Cronenberg la arricchisce di tutti i temi e le paure che fanno da sostrato all’esistenza qui e ora. Lo strapotere dei dati, l’intelligenza artificiale, la distruzione dell’ambiente, le teorie del complotto: tutti elementi che il regista tesse finemente, con mano elegante, in quella che in teoria è una storia semplice. Ma sembra quasi che il regista abbia fretta di dire tutto ciò che ha da dire, perché dopotutto la tomba sta chiamando anche lui.
Il richiamo della tomba
Che cosa rimane del body horror a cui ci ha abituati Cronenberg? Le sue spoglie mortali – del genere e dei personaggi. In questo film il regista non ha nemmeno bisogno di inventarsi nuovi organi, nuove carni, nuove mutazioni, nuovi strumenti chirurgici: la vera malattia è già abbastanza spaventosa. Il corpo della bellissima Diane Kruger diventa un campo di battaglia, martoriato prima dal cancro, poi dalla tecnologia, senza che possa mai davvero “riposare in pace”; Karsh, ossessionato dal controllo sul corpo della moglie, la trasforma in un esperimento privato, scientifico e sociale. Benché si veda pochissimo sangue, c’è naturalmente una grande attenzione per l’anatomia, i tessuti, le caratteristiche materiali del corpo – e un uso geniale del sound design applicato a un osso che si rompe. Ma intanto, Karsh perde controllo sul mondo e sulla verità, fino a non capire più che cosa sta succedendo intorno a lui e alla sua creazione GraveTech; non a caso, la sua unica speranza è rappresentata da una donna cieca (Sandrine Holt), che non può condividere il suo voyeurismo necrologico.
Altro che “nuova carne”
Mentre guardavo The Shrouds ripensavo a un altro grande film sul corpo morto e sul vuoto dopo la morte: quel capolavoro durissimo che è Vital di Shinya Tsukamoto; il giovane medico Hiroshi può esaminare finché vuole il corpo della sua amata, ma dovrà comunque lasciarla andare e accettare il vuoto che rimane. Karsh non si vuole arrendere, ma i personaggi che gli ronzano intorno, che lo seducono e lo depistano, forse lo stanno facendo per il suo bene.
Ma quindi, questo è un bel film? Sicuramente è un film con molto da dire, e lo dice in modo toccante, delicato; le emozioni forti, le fantasie perverse e pirotecniche del giovane Cronenberg sicuramente non hanno posto qui. Così come il suo soggetto, anche questo film richiede attenzione, leggerezza, rispetto. Guardatelo come si guarda un monumento funebre, e lasciatevi avviluppare dal suo fascino freddo.
DVD-quote:
«Non esattamente un feelgood film»
Cicciolina Wertmüller, i400calci.com