Un nuovo allarme influenza aviaria scuote la provincia di Brescia: un allevamento di tacchini di Seniga è stato colpito dal virus, con 34mila capi destinati all’abbattimento. Una misura drastica ma necessaria per evitare che il virus si diffonda ulteriormente.
Non si tratta di un episodio isolato: la Lombardia nelle ultime settimane ha registrato una serie di focolai preoccupanti. Il primo caso è emerso il 27 ottobre a Cremona, in un allevamento di tacchini. Il giorno successivo il virus ha raggiunto Lodi, colpendo un’azienda di fagiani, e ora Seniga si trova sotto i riflettori.
Le disposizioni di Ats per contenere il contagio
Per frenare la diffusione, l’Ats Brescia ha attivato immediatamente il protocollo di profilassi, emanando un’ordinanza il 30 ottobre. L’area intorno all’allevamento infetto è stata trasformata in zona di protezione: un raggio di 3 km che include anche i Comuni di Alfianello, Milzano e Pralboino. Istituita anche una più ampia zona di sorveglianza che si estende agli allevamenti presenti a Bassano Bresciano, Cigole, Gambara, Gottolengo, Leno, Manerbio, Pavone Del Mella, Pontevico, San Gervasio Bresciano e Verolanuova.
La mappa di Ats: nel cerchio rosso la zona di protezione, in quello blu quella di sorveglianzaDanni e costi
La provincia di Brescia, cuore dell’avicoltura lombarda e italiana, ospita oltre 360 allevamenti per un totale di quasi 10,4 milioni di capi, metà dei quali destinati alla produzione di carne. Brescia rappresenta circa la metà della produzione lombarda e il 7% di quella nazionale.
La memoria degli allevatori torna inevitabilmente al biennio 2017-2018, quando un’epidemia simile costò alla provincia circa 10 milioni di euro. Oggi, come allora, la prudenza è fondamentale: rispettare le misure di biosicurezza, monitorare gli animali e segnalare eventuali sintomi sospetti può fare la differenza.