di
Massimiliano Jattoni Dall’Asén

Dal 2026 niente beneficio Irpef di 440 euro per i redditi più elevati. La misura tecnica annulla il risparmio fiscale e si aggiunge ai limiti introdotti negli anni scorsi

Nel lessico economico si chiama «sterilizzazione», ma nella pratica è un azzeramento. La riforma fiscale prometteva un taglio per tutti, ma dal 2026 lo negherà a chi guadagna di più. Il tetto è quello dei 200 mila euro di reddito. Al di sopra di questo, il beneficio dell’aliquota ridotta scompare: il contribuente riceve lo sconto e, subito dopo, lo restituisce.

Dietro questa scelta, inserita nella Legge di Bilanco 2026 con il nuovo comma 5-bis dell’articolo 16-ter del Tuir, c’è un principio semplice: nessun vantaggio fiscale per chi si colloca ai vertici della distribuzione dei redditi. Il governo l’ha costruita come una clausola di compensazione: chi oltrepassa la soglia dei 200 mila euro vedrà limitate le proprie detrazioni d’imposta, così da neutralizzare – fino all’ultimo euro – il risparmio prodotto dal taglio dell’aliquota.



















































​Come funziona la sterilizzazione

A differenza delle riduzioni graduali, già previste per redditi sopra 75 e 120 mila euro (vedi più sotto), questa volta l’intervento è secco. L’importo da sottrarre è fisso e identico per tutti, indipendentemente dalla composizione delle spese o dalla presenza di familiari a carico: chi sfiora il tetto dei 200 mila euro di redditi annuali si vede ridotto di 440 euro l’ammontare delle detrazioni d’imposta, esattamente l’importo del risparmio ottenuto con la nuova aliquota al 33%

La misura colpisce le detrazioni per oneri detraibili al 19% (escluse le spese sanitarie), le erogazioni ai partiti politici (26%) e i premi assicurativi contro eventi calamitosi (90%). Il meccanismo è sequenziale: prima si applicano le altre riduzioni già previste per i redditi alti, poi si sottrae la quota forfettaria di 440 euro. 

​Una stratificazione che complica i conti: il conto dei limiti alle detrazioni

Con la «sterilizzazione» si aggiunge un ulteriore livello di calcolo a un sistema già complesso. Dal 2026, infatti, i contribuenti con redditi elevati dovranno destreggiarsi tra tre meccanismi di riduzione delle detrazioni: 

* Per i redditi sopra i 120 mila euro e fino ai 240 mila euro, il comma 3-bis dell’articolo 15 del Tuir prevede che le detrazioni per oneri (escluse spese sanitarie e interessi passivi su mutui) si riducono progressivamente (la formula è: detrazione × [(240.000 – reddito) / 120.000];
* Per i redditi che superano i 240 mila euro le detrazioni (escluse spese sanitarie e interessi passivi su mutui) non spettano;
* Per i redditi oltre i 75 mila euro, l’articolo 16-ter del Tuir, introdotto dalla manovra 2025, ha fissato un tetto massimo di detrazioni calcolato rispetto il numero di figli a carico. Chi non ha figli, ha un tetto di 4 mila euro; che diventa di 8 mila euro in presenza di un solo figlio; sale a 12 mila euro con due figli e così via. Anche in questo caso, le spese sanitarie sono escluse;
* Per i redditi oltre i 200 mila euro, il nuovo comma 5-bis toglie ulteriori 440 euro.

Le ricadute operative

Le ricadute operative non sono marginali. I sostituti d’imposta dovranno aggiornare i software di busta paga per adeguarsi già da gennaio 2026, con possibili conguagli retroattivi nei mesi successivi. Gli effetti concreti emergeranno nelle dichiarazioni 2027, dove sarà necessario verificare la corretta applicazione di tutte le soglie di riduzione.

​Il senso della soglia

La soglia dei 200 mila euro non nasce dal caso. È la linea di confine che il Ministero dell’Economia ha scelto per contenere il costo complessivo della riforma e, al tempo stesso, per segnare una discontinuità simbolica: aiutare il «ceto medio» (seppur con benefici esigui) senza estendere il vantaggio ai redditi più alti. Secondo stime interne, la misura riguarderà meno di 50 mila contribuenti, ma permetterà un risparmio per le casse pubbliche stimato in circa 200 milioni di euro l’anno.

Chiedi agli esperti

4 novembre 2025