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Tra soldi, spiriti e la colonna sonora di Volker Bertelmann
Il racconto è, come suggerisce il titolo, una ballata. E lo è a tutti gli effetti. C’è l’alcol che scorre e offusca la memoria, c’è dello spiritismo che diventa parte essenziale per lo svolgimento e la risoluzione della storia. C’è del fascino mitico, leggendario che avvolge le teorie del gioco, i fantasmi citati e le strade del destino, con un continuo crepitio di legno da cui il protagonista comincia ad essere perseguitato e che, come da tradizione, ricorda all’uomo e agli spettatori che la sua sorte è irrimediabilmente segnata. Che c’è qualcuno che lo sta aspettando, che sia il fato, la fine o qualcun altro dall’aldilà. Il tutto avvolto insieme dalla musica sontuosa, melodrammatica, continua e assordante composta da Volker Bertelmann, premio Oscar proprio per il lavoro con Berger svolto per Niente di nuovo sul fronte occidentale – e di cui non si può perdere il tango elettronico sui titoli di coda a cui è riservato un inaspettato ballo finale.
La discesa di Lord Doyle, identità fittizia del protagonista di Farrell, è rovinosa e roccambolesca, con il raziocinio pronto a schiantarsi nei territori della pazzia a cui il personaggio sembra essere designato. Ed è per questo che nell’atmosfera surreale e quasi di divinazione del film c’è da ammirare il lavoro svolto dall’interprete, per un’operazione che potrebbe anche far girare la ruota con qualche intoppo, ma da cui Farrell ricava una performance animata e trascinante.
La performance (da Oscar?) di Colin Farrell
Sono due le scene in cui si intuisce il talento di Colin Farrell, già espresso in altre pellicole, ma che fa comprendere in questo caso come sia solo lui il focus trainante de La ballata di un piccolo giocatore. Come siano le sue espressioni, i battiti accelerati e quei rivoli di sudore sulle tempie a restituirci il delirio che il protagonista sta vivendo, presto sommerso dalle proprie stesse menzogne, che deformano a volte il suo viso e, sicuramente, la sua mente. Nella prima è completamente solo, all’inizio del film, mentre si prepara per diventare “lord” e uscire di nascosto dalla propria camera (non pagata). Al sentire bussare alla porta il suo volto cambia, la fisicità si irrigidisce, ogni nervo del suo corpo è portato a non generare alcun tipo di vibrazione o rumore. Nessuno deve sapere che è nella stanza, disastrata e sottosopra. Deve riuscire ad uscirne senza farsi scoprire, con il suo ultimo rotolo di banconote in mano per fare in modo che diventino il doppio, il triplo persino. Col pubblico che, solo con un’occhiata, dell’uomo ha già capito tutto.