Se le partite in Veneto e Puglia risultano praticamente già decise, quella in Campania potrebbe riservare, se non sorprese, aspetti inattesi. Anzitutto potrebbe pesare molto più che in passato l’astensione (quest’anno è prevista altissima), senza contare l’incubo del voto disgiunto e il peso delle liste. Se vadano meglio oppure no delle percentuali del candidato presidente. In una tornata elettorale che, diciamolo, non brilla e, anzi, in generale sembra a tratti noiosa. In Veneto e Puglia i sondaggi tratteggiano vittoria nette. Nella roccaforte della Lega Alberto Stefani naviga tranquillo con il 61 per cento contro il 35 di Giovanni Manildo (Pd-M5s); a Sud dell’Adriatico, l’europarlamentare dem Antonio Decaro viene dato al 65 contro il 33 di Luigi Lobuono del centrodestra. Numeri netti che emergono da un sondaggio dell’Istituto Noto per «Porta a Porta». Meno nitido, invece, il distacco in Campania dove il grillino Roberto Fico, nelle intenzioni di voto, viene dato al 52 per cento dei consensi mentre Edmondo Cirielli (Fdi) è posizionato al 45. Percentuali che se fanno esultare il centrodestra, generano timori nel centrosinistra che, dal canto suo, ostenta tranquillità con rilevazioni interne che danno uno scarto di una quindicina di punti. Sondaggi a parte, in questa tornata elettorale, ci sono fattori che possono almeno modificare, anche in parte, le rilevazioni date.
Le liste
APPROFONDIMENTI
Anzitutto c’è un peso specifico, più che altrove, delle liste considerate più performanti nel centrosinistra piuttosto che nel centrodestra. Perché colme di portatori di voti, con una forza naturale di abbrivio che viene dall’essere stati in maggioranza a Santa Lucia da 5 se non da 10 anni. Senza contare come le liste, tra loro, siano in diretta competizione più che nel centrodestra. Fate caso agli attori: Schlein e Conte, sulla Campania, si giocano la prossima leadership del centrosinistra e, a cascata, c’è una competizione interna tra i dem e la lista deluchiana. Ed è una gara più feroce rispetto a quella, naturale come in tutte elezioni, del centrodestra. Tanto che nel campo largo c’è il timore del voto disgiunto: qualcuno, e non il diretto interessato, teme che Fico possa raccogliere percentuali inferiori a quelle delle liste che lo sostengono. Lo sa bene il viceministro Fdi che non fa mistero di cercare il sostegno dell’elettorato deluchiano: d’altronde da trent’anni il governatore uscente riesce a raccogliere preferenze nell’altro campo grazie alla capacità di saper tastare le corde giuste. E Cirielli, dal lato opposto, punta moltissimo su quest’aspetto e conta di riuscire a trascinare lui le liste che lo sostengono. E, infatti, non c’è affatto il timore che queste ultime lo sorpassino nel risultato finale. E, anzi, se nel centrodestra si lavora per un voto blindato (lista e candidato presidente), nel centrosinistra c’è chi gioca a portare voti, in primis, alla propria lista anche se a discapito del candidato presidente.
Con pesi che cambiano a seconda delle province. A Napoli, ad esempio, la distanza tra Fico e Cirielli sarebbe più alta di almeno tre punti ma in Terra di Lavoro la bilancia pesa in senso inverso. Su Caserta, infatti, incide eccome lo scouting di Forza Italia che ha portato nelle sue fila ras del voto di un certo calibro. Non solo l’ex assessore regionale renziano Nicola Caputo ma anche il consigliere deluchiano Giovanni Zannini, capace alle ultime provinciali di battere con una sua lista centrodestra e centrosinistra. Più frammentato il risultato a Salerno, la provincia più estesa del Paese, dove conta moltissimo la zona dell’agro nocerino-Sarnese dove Cirielli ha sempre avuto il suo bacino elettorale di riferimento. Ma, attenzione, in questa tornata peseranno molto le aree interne di Sannio, Irpinia e Cilento dove Fico si sta cimentando ventre a terra da mesi. Giocando intelligentemente su un versante meno esplorato: puntare sulle province in primis e poi su Napoli come perno di tutto.
L’astensionismo
Il voto in Toscana di ottobre ha fatto scattare l’allarme rosso nel centrosinistra campano. In 5 anni, infatti, nella roccaforte rossa dove il voto è da sempre un sacramento si è passati dal 62,60 del 2020 al 47,43 per cento. Quasi 14 punti: un numero enorme. Non a caso sono giorni che Fico non si stanca, in comizi e interventi, di ripetere come si debba alle urne per, parole sue, «non far decidere agli apparati». Cinque anni fa in Campania l’affluenza arrivò al 54, 51 ed il timore è che stavolta si attesti sul 40. Una diserzione delle urne che, si teme, possa interessare di più il centrosinistra. In particolare pesa la delusione di molti elettori deluchiani e del Pd, senza contare l’insoddisfazione di quelli grillini: i primi sconfortati dell’accordo con l’M5s, i secondi per il patto con l’ex nemico De Luca. Al contrario degli elettori di centrodestra che si riconoscono nel candidato presidente e considerano Cirielli espressione pura di tutta la coalizione.
Infine un ultimo aspetto resta da chiarire: il reale impegno in campagna del governatore uscente. Al netto della ricucitura con Fico e la Schlein della scorsa settimana, infatti, Vincenzo De Luca è quanto mai silente in questa campagna elettorale. Nessuna iniziativa in programma nelle prossime ore e lontano da Napoli per rintanarsi (sino a tarda ora) nel suo ufficio al Genio Civile di Salerno. Più preso, quindi, dal suo prossimo obiettivo: tornare a fare il sindaco.
