di
Andrea Camurani
La storia di Elia Del Grande: nel 1998 aveva sterminato la famiglia a colpi di fucile. Dopo aver scontato la condanna a 26 anni e 4 mesi era stato in libertà vigilata, poi assegnato a una «casa lavoro» da cui è fuggito
Scrive via mail da una località imprecisata a Varese News, giornale online della provincia di Varese, Elia Del Grande, cinquantenne di Cadrezzate che nel 1998 aveva sterminato la famiglia a colpi di fucile: dopo oltre 25 anni di carcere era stato sottoposto alla libertà vigilata e poi alla misura di sicurezza della «casa lavoro» dalla quale si era allontanato una settimana fa, a Castelfranco Emilia. Una fuga rocambolesca coi fili elettrici legati l’uno con l’altro saltando giù da un muro di cinta alto sei metri.
Giovedì notte ha inviato una mail dove spiega il motivo del suo gesto, «dovuto alla totale inadeguatezza che ancora incredibilmente sopravvive in certi istituti, come le case lavoro, che dovrebbero tendere a ri-socializzare e reinserire con il lavoro, per l’appunto cosa che non esiste affatto, le case lavoro di oggi sono in realtà i vecchi «Opg» (gli ospedali psichiatrici giudiziari, ndr) dismessi nel 2015 grazie una legge stimolata da qualcuno che ha voluto aprire gli occhi su quello scempio che era ancora in essere, cosa che non è accaduto per le case lavoro che in realtà sono recipiente di coloro che hanno problemi psichiatrici e che non hanno posto nelle Rems (cioè le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, ndr)».
Del Grande, come anticipato, non specifica nella mail in quale località si trovi. Nei giorni scorsi sono state fatte diverse ipotesi circa la sua presenza nei dintorni del paesino del Varesotto dove ha vissuto fino al1998 quando nella notte fra il 6 e il 7 gennaio uccise a colpi di fucile da caccia, con un complice, la madre Alida, il padre Enea e il fratello Enrico per poi tentare una fuga in Svizzera, dove venne arrestato dalla polizia cantonale. Da quel momento due processi, una condanna all’ergastolo poi ridotta a 30 anni per via di una seminfermità mentale, condanna scontata con una detenzione durata 26 anni e 4 mesi, terminata nel luglio 2023 con l’obbligo di venir sottoposto alla libertà vigilata. Poi la decisione della Sorveglianza di optare per la «casa lavoro» del Modenese in quanto soggetto ritenuto socialmente pericoloso.
«Avevo ripreso in mano la mia vita, ottenendo con sacrificio un ottimo lavoro dando tutto me stesso in quel lavoro che oggi mi hanno fatto perdere senza il minimo scrupolo, mi riferisco alla magistratura di sorveglianza, avevo ritrovato una compagna un equilibrio i pranzi le cene il pagare le bollette le regole della società, tutto questo svanito nel nulla per la decisione di un magistrato di Sorveglianza, che mi ha nuovamente rinchiuso facendomi fare almeno mille passi indietro riproponendo soltanto la realtà repressiva carceraria, anzi quella delle case lavoro è ben peggio, ci sono persone all’interno che sono entrate per sei mesi e avendo l’unica colpa di non avere una dimora e una famiglia, si trovano internate da 4/5 anni, in un paese civile e al passo con le regole europee, questo non dovrebbe più esistere, difatti l’Italia è l’unico paese in tutta Europa che adotta le misure di sicurezza». «Il disagio che ho visto lì dentro credo di non averlo mai conosciuto e sono scappato anzi, mi sono allontanato», spiega Del Grande, «pago ancora fortemente lo scotto del mio nome e di ciò che ho commesso, mi ritengo amareggiato perché vorrà dire che qualsiasi pena uno possa pagare in questo Paese, comunque tu rimarrai sempre la persona responsabile del gesto commesso».
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6 novembre 2025 ( modifica il 6 novembre 2025 | 11:42)
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