Reduce dalla consegna del “Premio Speciale Arte della Comicità Italiana”, che il ministero della Cultura gli ha conferito in occasione della ventesima edizione della Festa del Cinema di Roma, Massimo Boldi si è raccontato sulle pagine di Gente, ricordando i suoi esordi negli anni ’70: «Facevo il batterista con il mio gruppo, La pattuglia azzurra, insieme a Claudio Lippi e suonavamo nelle balere le canzoni dei Beatles». A cambiare le sorti della sua carriera fu l’ingresso in uno dei locali più in voga del momento, il Derby a Milano, fucina di grandi artisti.
Il Derby e la cena da Craxi
«Al Derby si sperimentava tra comicità e musica: lì si sono formati Diego Abatantuono, Teo Teocoli e tanti altri. Passavano tutti da lì anche i politici come Bettino Craxi», ha raccontato Massimo Boldi, svelando che fu proprio Craxi a dargli la prima grande opportunità: «Io devo tutto a Craxi. Appassionato di cabaret, quando era assessore a Milano veniva a vedermi al Derby. Una sera del 1977 mi fece esibire a casa sua, in via Foppa. C’erano Ornella Vanoni, Renato Pozzetto, Lino Patruno, Caterina Caselli con il marito Piero Sugar. Alla fine della cena Bettino mi presentò uno degli ospiti: “Questo signore farà una televisione e tu lavorerai con lui”. Era Silvio Berlusconi, che l’anno seguente lanciò Telemilano 58, da cui sarebbe nato Canale 5».
L’opportunità e poi la lite con Berlusconi
Nell’intervista Boldi ha raccontato che Berlusconi era entusiasta del suo modo di parlare e dei suoi personaggi: «Io lo deliziavo perché parlavo in lissonese (dialetto di Lissone, ndr). Berlusconi si ricordava a memoria tutti gli sketch del mio primo personaggio di successo al Derby: Fidelio Cam, Centro arredamento moderno, il mobiliere ultramilionario brianzolo che diceva: “Lo so, lo so, non lo sapessi, ma lo so”». Eppure questa complicità e la stima reciproca vennero meno alla fine degli anni ’80, quando Boldi decise di dare una svolta alla sua carriera: «Prese male, e aveva ragione, il fatto che io passassi in Rai per fare Fantastico, mi massacrò fino a pignorarmi tutto. Per fortuna si ricredette e un giorno mi disse: “Due miliardi e mezzo di lire te li regalo, l’altro (che gli doveva, ndr) invece me li ridai firmando con me un nuovo contratto e per ogni giorno passato in azienda ti conteggio dieci milioni di lire”.
Fu la mia salvezza».
Ultimo aggiornamento: giovedì 6 novembre 2025, 12:14
© RIPRODUZIONE RISERVATA