di
Luigi Ferrarella
Il governo, con un decreto legge, aveva definito la Fondazione «ente di diritto privato», mettendola al riparo da due ipotesi di turbativa d’asta. Il Gip di Milano ritiene però che questa norma sia incostituzionale: ora a decidere sarà la Consulta
Il Tribunale di Milano accende una ipoteca di incostituzionalità sul decreto legge del governo Meloni che riteneva di aver messo la Fondazione Milano-Cortina 2026, e dunque le Olimpiadi invernali al via tra meno di cento giorni, al riparo dalle indagini in corso a Milano per turbativa d’asta: la giudice delle indagini preliminari Patrizia Nobile ha infatti deciso di sottoporre alla Consulta la possibile incostituzionalità (ravvisata ora dalla gip come chiesto in lugli già dai pm) del decreto legge dell’estate 2024 che, come inaggirabile conseguenza giuridica dell’etichetta «ente di diritto privato» appiccicata dal decreto legge al Comitato organizzatore dei Giochi, costringerebbe altrimenti i magistrati ad archiviare due ipotesi di turbativa d’asta attorno alla Fondazione Milano Cortina 2026.
Proprio la richiesta «suicida» che la Procura di Milano aveva fatto alla gip in via subordinata rispetto alla principale: e cioè, in caso di mancato accoglimento della richiesta dei pm Siciliano-Cajani-Gobbis di appunto sollevare questione di incostituzionalità del decreto legge, archiviare allora sia il fascicolo a carico dell’ex amministratore delegato (sino a novembre 2022) Vincenzo Novari e dell’ex dirigente Massimiliano Zuco, indagati nel 2024 sulla prima gara per i servizi digitali appaltati per 1,9 milioni nel marzo 2021 alla società Vetrya del pure indagato Luca Tomassini; sia il fascicolo a carico di altri 4 indagati per turbativa della seconda gara del 29 giugno 2023 per i medesimi servizi andata a Deloitte Consulting srl, e cioè in Fondazione Marco Moretti (subentrato a Zuco da aprile 2023) e Daniele Corvasce (procuratore nominato da Novari), e in Deloitte Claudio Colmegna (settore Tech e Media) e Luigi Onorato (rapporti con la Fondazione). Adesso i procedimenti resteranno sospesi in attesa della decisione della Corte Costituzionale, che arriverà sicuramente parecchi mesi dopo lo svolgimento delle Olimpiadi.
Il decreto legge sulla «ricostruzione post-calamità» dell’11 giugno 2024 – con il non celato ma anzi sostanzialmente dichiarato obiettivo di cercare di sterilizzare quell’inchiesta della Procura di Milano che il comitato organizzatore delle Olimpiadi invernali paventava potesse spaventare le strutture interne, paralizzare la stesura dei contratti e quindi far saltare le Olimpiadi – aveva vergato che la legge istitutiva la Fondazione nel 2020 andasse «intesa nel senso che le attività della Fondazione non sono disciplinate da norme di diritto pubblico, che la Fondazione non riveste la qualifica di organismo di diritto pubblico, ed opera sul mercato in condizioni di concorrenza e secondo criteri imprenditoriali»: e se non c’è organismo di diritto pubblico non ci può essere reato di turbativa d’asta. La Procura lamentava che questo decreto legge intanto avesse posticci requisiti di «necessità e urgenza», mostrasse nessuna «omogeneità» con la materia della «ricostruzione post calamità», e si risolvesse in una «indebita ingerenza» produttiva di una «zona franca» avente «ripercussioni dirette» sulle indagini.
Un ente è di diritto pubblico se ha cumulativamente tre requisiti, e per i pm la Fondazione è in questa situazione. Il primo è poco discutibile perché gli organi di direzione della Fondazione sono interamente di nomina pubblica (Presidenza del Consiglio, Regioni Lombardia e Veneto, Province di Trento e Bolzano, Comuni di Milano e Cortina, Coni e Comitato Paralimpico). Il secondo pure, perché ai pm «non pare dubitabile che la Fondazione sia stata istituita per realizzare un interesse pubblico di portata generale». Il nodo è il terzo requisito, e cioè se la Fondazione operi o no in concorrenza e con rischio di impresa.
Il governo, e prima l’Avvocatura dello Stato, per sostenere il no richiamano il Tar Piemonte del 2004 sulle Olimpiadi invernali di Torino 2006. Ma lì non c’era la circostanza che per i pm, come sotto altro profilo per l’Anac, fa la differenza sulla Fondazione Milano-Cortina 2026, e cioè, «in caso di deficit del bilancio finale», la «garanzia pubblica a carico degli enti territoriali membri»: tanto che la Corte dei Conti, registrando già nell’esercizio 2023 «un deficit patrimoniale (in costante peggioramento) di 107 milioni», concludeva che «ove la Fondazione non riuscisse a farvi fronte con gli introiti dell’attività sul mercato, i debitori finali, chiamati a coprire il deficit, saranno Stato e enti territoriali».
Questa garanzia di una copertura pubblica senza limiti di importo, per la Procura, pone la Fondazione al riparo da ogni rischio d’impresa, e non consente di qualificarla come un’impresa che agisce secondo logiche commerciali, visto che eventuali deficit, derivanti da scelte non improntate al perseguimento della soluzione economicamente più efficiente, non la lascerebbero esposta. Ora a valutare sarà la Corte Costituzionale.
lferrarella@corriere.it
Vai a tutte le notizie di Milano
Iscriviti alla newsletter di Corriere Milano
6 novembre 2025 ( modifica il 6 novembre 2025 | 12:46)
© RIPRODUZIONE RISERVATA