“Il mio gesto è dovuto alla totale inadeguatezza che ancora incredibilmente sopravvive in certi istituti, come le case lavoro, che dovrebbero tendere a ri-socializzare e reinserire con il lavoro, per l’appunto cosa che non esiste affatto”. Si apre con queste parole la lunga lettera che Elia Del Grande, condannato a trent’anni di carcere per la cosiddetta “strage dei fornai” e scappato alcuni giorni fa dalla casa lavoro di Castelfranco Emilia dove era stato mandato, ha inviato alla redazione di VareseNews, da lui scelta per diffondere le motivazioni che hanno spinto il 49enne a fuggire in una località ancora segreta. Ad oggi, le autorità stanno ancora cercando di rintracciare Del Grande, concentrando le ricerche specialmente in Sardegna e nella zona del Varesotto.

Chi è Elia Del Grande

Era il 7 gennaio 1998 quando Elia Del Grande, 22 anni all’epoca dei fatti, sterminò la sua famiglia uccidendo padre, madre e fratello a Cadrezzate nel Varesotto. L’uomo confessò subito il reato e venne condannato a trent’anni di carcere per la cosiddetta “strage dei fornai”. Più di 26 anni dopo, inizio novembre 2025, Del Grande si è allontanato dalla casa lavoro di Castelfranco Emilia, in provincia di Modena, facendo perdere le sue tracce. L’uomo si trovava nella struttura in quanto destinatario di una misura di sicurezza poiché ritenuto socialmente pericoloso e avrebbe dovuto trascorrere lì sei mesi, fino ad una nuova valutazione.

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Cosa scrive nella lettera

Nella lettera inviata alla redazione varesotta, scelta perché, come scrive lo stesso Del Grande è “l’unica testata giornalistica che ha messo in evidenza che non è un’evasione e che non vi è una realtà penale perseguibile ma che è solo un semplice allontanamento”, l’uomo ha spiegato le motivazioni che lo hanno spinto a far perdere le sue tracce. “Mi sono trovato ad avere a che fare ogni giorno con gente con serie patologie psichiatriche – si legge – la terapia, chiaramente psicofarmaco, viene data in dosi massicce a chiunque senza problemi. L’attività lavorativa esistente è identica a quella dei regimi carcerari. Le case di lavoro oggi sono delle carceri effettive in piena regola con sbarre cancelli e polizia penitenziaria, orari cadenzati, regole e doveri. Con la piccola differenza che chi è sottoposto alla casa di lavoro non è un detenuto, bensì un internato, ovvero né detenuto né Libero, nessuna liberazione anticipata, nessun rapporto disciplinare, ma solo proroghe da sei mesi in su che servirebbero, in teoria e non in pratica, a riabituare il sottoposto a misura di sicurezza al tessuto sociale esterno contenendolo e dandogli opportunità lavorativa, quest’ultima attualmente è negata se non solo con turnazioni identiche a quelle carcerarie”.

 

“Avevo ripreso in mano la mia vita, ottenendo con sacrificio un ottimo lavoro dando tutto me stesso in quel lavoro che oggi mi hanno fatto perdere senza il minimo scrupolo, mi riferisco alla magistratura di sorveglianza, avevo ritrovato una compagna un equilibrio i pranzi le cene il pagare le bollette le regole della società, tutto questo svanito nel nulla per la decisione di un magistrato di Sorveglianza, che mi ha nuovamente rinchiuso facendomi fare almeno mille passi indietro riproponendomi soltanto la realtà repressiva carceraria, anzi quella delle case lavoro è ben peggio”.

 

“Mi sono visto crollare il mondo addosso, ho visto perdere tutto ho visto non considerato il mio impegno lavorativo, ho visto non considerato il mio percorso di reinserimento durato due anni e mezzo dall’atto del mio ritorno in libertà, oggi tutte le cronache mi definiscono come il serial killer, il pazzo assassino che è sfuggito senza la minima remora e controllo, additandomi di tutte le cose del passato senza informarsi prima su cosa ho fatto da quando sono stato scarcerato il 16 luglio 2023, questo e  molto altro mi hanno spinto a provare il tutto per tutto pur di uscire da quella situazione alla quale non riuscivo assolutamente ad abituarmi e a prenderne consapevolezza nonostante tutti i carceri che io abbia girato”.

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