di
Massimiliano Jattoni Dall’Asén
Nonostante la contrarietà dei fondi pensione americani e del fondo sovrano norvegese, gli azionisti premiano Musk. Dopo la vittoria, il fondatore rafforza il controllo e consolida la sede legale in Texas
Elon Musk ha vinto. Gli azionisti di Tesla hanno approvato il maxi-pacchetto retributivo da 1.000 miliardi di dollari (circa 866 miliardi di euro) che lo renderà, almeno sulla carta, il primo trilionario della storia. Ad Austin, in Texas, la sua visione ha travolto le resistenze e superato il giudizio del mercato, trasformando un voto societario in un atto politico, simbolico e personale. Non si è deciso soltanto lo stipendio di un uomo: si è confermato il potere assoluto del suo fondatore, e la fede — quasi religiosa — di chi continua a credere nel mito Musk.
Il pacchetto, approvato da oltre il 75% degli azionisti (anche Musk ha potuto votare attraverso la propria quota di azioni a favore del proprio compenso) assegna al fondatore di Tesla circa 423 milioni di azioni dell’azienda produttrice di veicoli elettrici, che varranno, appunto, quasi mille miliardi di dollari se Tesla raggiungerà una serie di traguardi previsti dall’accordo.
Sconfitti i fondi pensione, il fondo norvegese e il papa
Il via libera è arrivato durante l’assemblea generale che è iniziata alle 22 ora italiana di giovedì 6 novembre, nella sede texana del gruppo, malgrado la dura opposizione dei grandi fondi pensione americani — tra cui Calpers — e del fondo sovrano norvegese, che aveva definito il piano «eccessivo» e «sprovvisto di adeguate garanzie di governance». Anche il Papa aveva criticato il piano come simbolo di «una disuguaglianza che offende il senso stesso del lavoro».
Ma, alla fine, la minaccia di un addio di Musk ha pesato. Nei giorni scorsi la presidente del board, Robyn Denholm, aveva ammonito gli azionisti: un voto contrario avrebbe potuto significare perdere Musk alla guida di Tesla. In una lettera ai soci, citata da Ap, Denholm e la consigliera Kathleen Wilson-Thompson avevano ricordato che Musk «non riceve una compensazione significativa da otto anni» e che i risultati ottenuti dal 2018 hanno portato «735 miliardi di dollari di valore aggiunto per gli azionisti».
Musk raddoppia la propria partecipazione in Tesla
Così, la maggioranza, spinta da una campagna massiccia — video motivazionali, inserzioni digitali, l’hub Votetesla.com — ha scelto Musk.
La narrativa del «genio indispensabile» ha avuto la meglio sul linguaggio della prudenza. Ora, con l’approvazione, l’imprenditore sudafricano con cittadinanza canadese e naturalizzato statunitense raddoppia la propria partecipazione in Tesla — dal 15% a quasi il 30% — e consolida un controllo di fatto sull’azienda.
La decisione ha anche un valore politico e legale
Per molti osservatori, questa è la vittoria definitiva di una visione imprenditoriale personale, verticale, carismatica, quasi monocratica. E con un portato politico e legale. Dopo che nel 2024 una corte del Delaware aveva annullato il precedente piano da 56 miliardi, il fondatore di Tesla aveva infatti trasferito la sede legale in Texas. Per Eric Talley (Columbia Law School), «il Delaware era la Mecca delle corporation, finché Musk non ha spostato i suoi fedeli altrove», consumando così un addio simbolico al cuore del diritto societario Usa e scrivendo un manifesto del suo modello «meno vincoli, più libertà d’azione».
Un piano impossibile… eppure approvato
In un piano decennale, il bonus stratosferico stabilisce una serie di ambiziosi obiettivi che Musk deve raggiungere per ottenere l’intero pagamento. Illustrato nei documenti depositati alla Sec e analizzato nei giorni scorsi anche dal Guardian, il piano prevede 12 «tranches» di crescita progressiva: ogni livello richiede un aumento della capitalizzazione di mercato di almeno 500 miliardi di dollari, fino a raggiungere 8.500 miliardi entro il 2035 (quasi quanto valgono oggi Meta, Microsoft e Alphabet messe insieme).
Ma non basta: Musk dovrà anche raggiungere obiettivi industriali estremi: 20 milioni di veicoli prodotti, 10 milioni di abbonamenti attivi al Full Self Driving, 1 milione di robot umanoidi Optimus e 1 milione di Robotaxi in servizio commerciale. Nel frattempo, dovrà garantire almeno 400 miliardi di utili in quattro trimestri consecutivi.
La compagnia ha riconosciuto nel suo proxy statement che questi traguardi «saranno straordinariamente difficili da raggiungere». Ma è proprio questo, dicono in Tesla, il senso della sfida: una scommessa sul futuro e sulla leadership di un «Superstar Ceo», come lo definì tempo fa un giudice del Delaware.
Le incognite
Dietro il trionfo resta però l’incognita. Le vendite globali sono in calo, in Germania Tesla ha registrato a ottobre un -50%, e la promessa dei Robotaxi autonomi resta incompiuta. La Borsa, per ora, ha scelto comunque la fede: il titolo è tornato vicino ai massimi dell’anno, e la capitalizzazione supera i 1.500 miliardi di dollari. Come sempre, «Musk vive sul filo del disastro», ha ricordato la manager americana Nancy Tengler. «E ogni volta è riuscito a salvarsi all’ultimo secondo». Ma quanto durerà questa fortuna sfacciata?
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6 novembre 2025 ( modifica il 6 novembre 2025 | 23:49)
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