di
Luigi Ripamonti

L’emicrania è causata da un cervello troppo funzionante, che «mostra i muscoli». Ora le molecole anti-CGRP potrebbero cambiare la storia di questa malattia: l’emicrania cronica potrebbe scomparire

È comune pensare che l’emicrania, a causa del suo nome, sia semplicemente un mal di testa che interessa solo «metà del capo». La realtà è ben diversa e più complessa. 

Che cos’è

L’emicrania non è un comune mal di testa e può causare un dolore pulsante molto forte tanto da costringere a interrompere ogni attività e a riorganizzare la propria vita anche per giorni interi. 
Ogni anno il 2,5-3 per cento dei pazienti con emicrania episodica evolve verso la forma cronica, il che in molti casi si traduce in un’interruzione di ogni attività anche per diverse settimane, con chiusura in casa, al buio, evitando per quanto possibile rumori e persino odori, che possono peggiorare i sintomi.



















































Si tratta di un problema che interessa in Italia circa 6 milioni di persone, soprattutto donne tra i 15 e i 49 anni. 
Se ne è parlato al Tempo della Salute insieme Piero Barbanti, ordinario di Neurologia all’Università San Raffaele di Roma e direttore dell’Unità Cefalee e Dolore dell’Irccs San Raffaele di Roma e ad Alessandra Sorrentino, presidente Associazione Alleanza Cafalalgici (Al.Ce).

Si stima che il 24% degli italiani abbia avuto nella vita un mal di testa, di questa popolazione 1/3 per 1 giorno al mese soffre di mal di testa. Esiste anche un registro italiano dell’emicrania. 
L’identikit del paziente è: «Donna di 45 anni, in genere con un figlio e con un impiego, in media ha 9 gg di emicrania al mese. Dorme poco, è sedentaria», ha osservato Barbanti. 

L’impatto sociale ed economico dell’emicrania è notevolissimo: si stima comporti un costo complessivo di 20 miliardi di euro l’anno legato soprattutto alla perdita di produttività. 

Le caratteristiche

Ha continuato Barbanti: «L’emicrania è causata da un cervello troppo funzionante, che “mostra i muscoli”. È un meccanismo d’allarme dolorosissimo che si aziona con i cambi, del tempo, nei fine settimana, con lo stress… Si infiammano le meningi senza motivo e così abbiamo mal di testa, nausea, “collo incordato”, che vuol dire collo teso». «Il dolore dura più di un giorno è può durare tre giorni, prende metà testa associato a fastidio per le luci, i rumori, gli odori. Il soggetto sente un dolore martellante perché le arterie si infiammano».
Cosa significa emicrania «con aura»? «A volte prima del mal di testa i pazienti sembrano essere stati abbagliati da una luce», ha spiegato il dottore. 
Da bambini l’emicrania è meno frequente. Il ragazzo può avere mal di testa bilaterale e meno forte. Poi c’è l’emicrania mestruale, quella più difficile da curare.

La tempestività

L’emicrania può cambiare forma e impatto nel tempo. Gli attacchi si presentano in diverse fasi, quella prodromica può manifestarsi da 2 a 48 ore prima del dolore vero e proprio. 
La sua gestione richiedere approcci distinti
-quello acuto, per gli episodi meno frequenti;
-quello preventivo, nei casi ad alta frequenza o cronici, quando il dolore è presente per almeno 15 giorni al mese. 

Un intervento tempestivo è fondamentale per ridurre il rischio di cronicizzazione, spesso aggravata dal cospicuo ricorso a farmaci sintomatici. Strategie integrate, che uniscano terapie farmacologiche e non farmacologiche con modifiche dello stile di vita, possono ridurre notevolmente il portato della patologia e migliorare sensibilmente la qualità della vita.

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La diagnosi 

Arrivare a una diagnosi non è semplice: servono in media più di 5 anni dall’esordio dei sintomi, ma in molti casi l’attesa può allungarsi fino a 7-8 anni. 

Lo stigma 

L’emicrania continua infatti a essere sottodiagnosticata, talvolta banalizzata. Ciò accade anche perché chi ne soffre spesso «fa fatica» a raccontarla, perché si tratta di una condizione che non dà sintomi esterni, visibili. I pazienti spesso non hanno il coraggio di raccontare la malattia e ciò è ancora più vero per gli uomini per i quali è considerato una sorta di stigma.
«”Nessuno mi capisce” è la prima frase che si sente dire dai pazienti. Significa non riuscire a raccontare l’esperienza della malattia: la nausea, la fotofobia, la fonofobia oltre al mal di testa. Capita spesso di mancare ad alcuni appuntamenti fondamentali e non ci si può fare nulla e ci si deve giustificare», ha raccontato Sorrentino.

«I pazienti cercano lo stesso di andare al lavoro: c’è un problema di senso di colpa e inadeguatezza, poi di cultura. Però gli interventi sono possibili: dallo Smart Working alle postazioni solitarie in caso di attacco improvviso», ha detto Sorrentino.

Oggi più di prima vale la pena, quindi, di cercare di parlarne per ottenere un inquadramento adeguato perché l’evoluzione delle terapie consente in controllo sempre migliore del problema, sia in chiave di intervento nei confronti dell’attacco acuto sia in chiave preventiva. 

Le cure

Dopo il 2018 la storia della malattia è cambiata grazie agli anti-CGRP: «C’è stato un miracolo – ha detto Barbanti -, ora possiamo puntare a un mondo diverso. Sono farmaci che “mordono” una sostanza (la CGRP), iniettabili o per bocca. Spengono l’attacco e in più, usati periodicamente, fanno la parte della prevenzione. L’emicrania cronica può davvero scomparire».

«Se l’emicrania cronica può scomparire ci resta da fare attenzione agli attacchi episodici. Allora diamo una mano ai farmaci: controllare alcuni stili di vita o fattori scatenanti la malattia (che possono variare molto da persona  persona) è la chiave, perché “non ci sono mal di testa non trattabili”. Non ci arrendiamo», ha concluso Barbanti.

Cosa chiedono i pazienti 

Cosa resta da fare? Cosa chiedono i pazienti? «Abbiamo una legge che ha riconosciuto l’emicrania come una malattia sociale. Ora abbiamo bisogno di essere tutelati – ha spiegato Sorrentino -: l’emicrania deve essere inserita nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). A volte con 4-5 gg di emicrania al mese non si riesce a fare nulla nella vita. Serve ad avere supporto psicologico, fisioterapisti, nutrizionisti. Se siamo in una nuova era dobbiamo fare in modo che l’accesso alle terapie sia equo anche rispetto alle zone dove si vive. Bisogna arrivare alle nuove terapie subito, senza livelli intermedi».  

7 novembre 2025 ( modifica il 7 novembre 2025 | 17:10)