di
Alessandra Arachi
La vocal trainer: «Ho convinto Fedez a usare meno l’autotune. Annalisa venne da me a 12 anni »
Il cambio di passo ha avuto la benedizione di Fabrizio De André. «Devi impossessarti dei colori della lingua italiana», le ha detto il maestro. E Danila Satragno non ha esitato: ha messo da parte il suo amatissimo jazz e si è dedicata alla cura delle voci colorate dei nostri artisti. Che oggi sono diventati tanti, e soprattutto tanto famosi.
Anche quest’anno mezzo Festival di Sanremo era nelle sue mani.
«Già, nelle mie mani in senso proprio».
Cosa intende?
«Che l’ultima mano che gli artisti stringono prima di salire sul palco dell’Ariston è proprio la mia».
Il più pauroso chi è?
«Sanremo fa paura a tutti».
La soddisfazione più grande?
«Per quest’ultimo Festival sono molto orgogliosa di aver fatto incontrare Cristiano De André e Bresh, nella serata dei duetti hanno cantato insieme Creuza de ma».
Dopo questa esibizione la cantavano tutti.
«Sì, è stato bello. Bresh lo seguo che aveva da poco finito la scuola. Con lui ho fatto un lavoro importante».
Quale?
«Bresh non usa più l’autotune. Anche Fedez adesso lo usa molto meno».
Come ha fatto a convincerli? L’autotune è uno strumento sulle labbra di tutti.
«Non più di tutti. L’autotune toglie personalità alla voce, anche se io insegno ad usarlo per ridurre l’omologazione. Bresh e Fedez si sono convinti da soli a farne a meno. Fedez era insicuro, credeva di non avere una vocalità. Gli ho dimostrato il contrario».
Come è riuscita?
«Lavorando sulla concentrazione, la motivazione. Fedez ha una voce bellissima, è un baritono».
Lei ha inventato un metodo che si chiama Vocal Care. Che metodo è?
«Un non metodo. L’ho costruito pezzo per pezzo. Ho pensato che dovevo fare qualcosa che andasse bene per l’allenamento vocale. Che rendesse la voce più forte, agile, estesa, comunicativa, che avesse più sfumature, più controllo. Ma tutto questo senza toccare il timbro originale. Le metodologie di solito intervengono in modo pesante sul timbro».
Sembra facile.
«Non lo è, ho dedicato tutta la mia vita a questo. Ogni intervento è personalizzato. Perché bisogna capirlo, non esiste una voce uguale ad un’altra».
Ma quando comincia tutto questo lavoro?
«La musica mi ha accompagnato fin da bambina. A sei anni già cantavo, a dieci andavo in giro con mio padre pianista e seguivo i bambini dello Zecchino D’Oro».
Li seguiva come i cantanti di Sanremo?
«Gli suggerivo le paroline delle canzoni».
E da lì?
«Ho continuato a cantare, teatrini e parrocchie. Fino a che un giorno ho sentito una cantante jazz e ho capito: voglio fare quello».
Poi però quello non lo ha fatto.
«Per un po’ di tempo sì. Ho avuto la fortuna di frequentare e cantare con i giganti del jazz. Mal Wadron, il pianista di Billie Holiday, mi ha scelto per darmi una borsa di studio e mi ha regalato la possibilità di fare un concerto. “Sei la cantante italiana che ha la voce più vicina al jazz che conosca”, mi ha detto. Avevo ventisei anni».
E come è arrivata a diventare la «guru della voce»? Così viene chiamata oggi nell’ambiente.
«Per due eventi molto diversi. Il primo un incidente. Il secondo un incontro».
L’incidente?
«Mi è caduto un pianoforte sul piede destro, ho avuto una cancrena e sono stata un anno su una sedia a rotelle, poi due anni con le stampelle».
E quindi?
«Non riuscivo più a cantare, la voce non funzionava più. Ed è stato per riabilitare le mie corde vocali che ho cominciato ad inventare il mio ”non metodo”, fatto di moduli che organizzo a seconda della persona che ho davanti».
L’incontro invece?
«Quello con Fabrizio De André. Mi sono ritrovata a fare la sua corista nella turnè di Anime Salve. Suonavo anche: la fisarmonica, le percussioni, la tastiera. Ho fatto anche alcuni arrangiamenti dei cori. Ma soprattutto mi ha dato insegnamenti fondamentali. Diciamo che mi ha ribaltato come un calzino».
In che modo?
«Mi ha portato a godere dell’italiano, fino a quel momento avevo cantato sempre in inglese. Lui mi ha detto: “Devi ascoltarti mentre canti. Come nel jazz improvvisi con gli strumenti, così devi fare con la voce per la tua lingua madre. E mi ha parlato dei colori della lingua. Io quei colori li vedo».
In che senso li vede?
«Vedo la voce come un insieme di pietre preziose. Il rubino corrisponde ad una voce sensuale. Lo smeraldo è l’empatia, toni pacati. Il diamante, la voce bianca, assertiva, tono basso».
Adesso grazie a Faber è il punto di riferimento di molti big della musica italiana. Chi per esempio?
«Tanti davvero. Annalisa una di questi. Aveva dodici anni quando è venuta da me. Un cucciolo proprio. Già si vedeva che aveva talento, ma anche una grande lucidità mentale. Non ha mai smesso di studiare. Anche Damiano è stato così determinato».
Damiano dei Måneskin?
«Sì, è venuto da me a sedici anni. Con le idee chiarissime: voleva mantenere lo scratch, il graffio della sua voce e voleva estenderla, renderla più potente. Ci è riuscito».
Ci è riuscita lei. Altre performance?
«Jovanotti. L’ho preso per i capelli. Stava facendo una tournée di oltre settanta date e alla sesta era senza voce completamente. Stava per dare forfait al concerto».
E invece?
«Ho usato di tutto con lui: mezzi chimici, naturali, anche una macchina, oltre agli esercizi miei».
E il concerto è andato bene?
«È andata bene tutta la tournée».
Lei funziona anche con un pronto soccorso?
«Succede spesso. sì. Come quella volta con Giusy Ferreri, doveva cantare a Sanremo ed era completamente svociata. Ho preso l’auto e da Milano a Sanremo ho praticamente volato. In tre quarti d’ora era di nuovo a posto».
Altri sos?
«Ornella Vanoni. Si era operata alle corde vocali, dopo tre mesi era di nuovo sul palco a cantare».
Addirittura, non è giovanissima Ornella Vanoni.
«Ha 91 anni, ma ha una voce che in tanti se la sognano».
Ma lei è a disposizione a tutte le ore?
«Praticamente».
Gli sos più frequenti di chi sono?
«Forse di Giuliano Sangiorgi. Ha sempre timore da quando si è operato alle corde vocali».
Sono frequenti queste operazioni tra i cantanti?
«Certo. Con Arisa però sono riuscita a far regredire un edema senza farla operare».
Deve avere un suo segreto oltre alla tecnica del metodo.
«Ho un orecchio speciale. Sento le frequenze che nessun altro sente».
8 novembre 2025
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