di
Francesco Battistini

L’intesa con il presidente Vucic, protestano anche i nazionalisti

Manca solo il video stile Gaza. Ma qualcuno prima o poi lo posterà: un Donald Trump tutto drink&music che si gode i tramonti sulla Sava e sdraiato al suo fianco, anziché Netanyahu, il suo nuovo socio in affari, il presidente serbo Aleksandar Vucic. All’orizzonte, la scintillante Balkan Dubai che sorgerà a Belgrado: un bel Trump Hotel da 500 milioni di dollari, 175 stanze, 1.500 appartamenti extralusso. Un resort nel cuore della capitale e sulle macerie del Generalštab, il vecchio Stato maggiore dell’esercito serbo, il palazzo-simbolo dell’antiamericanismo che la Nato bombardò nella guerra del 1999. «È un progetto che ci aiuterà nelle relazioni con gli Usa», promette il populista Vucic. «Svendiamo la nostra storia per sostituirla con casinò e jacuzzi», protesta l’opposizione. Di sicuro, è il miglior affare che la diplomazia immobiliare di Trump sia riuscita a concludere nei Balcani. Costruire il più grande albergo trumpiano d’Europa. 

The Donald ci puntava dal 2013, da prima della sua prima presidenza. E a nulla sono servite le inchieste dei magistrati serbi per abuso di potere. O i vincoli delle soprintendenze sui resti d’un edificio datato 1956, capolavoro del modernismo. Ricorrendo a una legge speciale, Vucic ha ottenuto in Parlamento l’approvazione urgente del progetto: l’unica raffineria serba è sotto sanzioni Usa e serve dalla Casa Bianca una dispensa speciale «alla Orbán», per affrontare il rigidissimo inverno balcanico. Finora nessuno aveva mai voluto toccarlo, il palazzo sulla Kneza Milosa, «esempio dell’arroganza americana»: le rovine erano rimaste lì, monito perenne d’una Serbia che non ha mai accettato la perdita del Kosovo, né dimenticato i missili. 



















































Ma siamo nell’era Trump e tutto, se non perdonato, è cancellato con un rendering. Lo scorso marzo, a Belgrado era atterrato Donald Trump Jr, imprenditore della Trump Organization, che aveva incontrato Vucic e siglato l’accordo con una stretta di mano: il Generalštab sarà totalmente demolito, locazione di 99 anni, il 22% dei profitti al governo serbo. Unica concessione al passato, un memoriale dedicato alle vittime del ’99.

C’è qualcosa che va oltre il conflitto d’interessi. Il genero di Trump, Jared Kushner, con la sua Affinity Global Development avrà l’incarico dei lavori per l’hotel. La trattativa per il cantiere è stata condotta da Brad Pascale, stratega delle campagne elettorali trumpiane e consulente nel ’22 per la rielezione dello stesso Vucic: il viaggio in Europa del piccolo Trump, accompagnato dalla fidanzata Bettina, fu guarda caso pagato da Pascale. E Donald Jr. ne approfittò, durante la visita, per esprimere sostegno politico al governo serbo, accusato di corruzione e oggetto di gigantesche contestazioni di piazza. 

Il New York Times scrisse che la missione in Serbia del figlio del presidente ricordava gli affari di Hunter, il rampollo di Joe Biden: quello che proprio Trump e i repubblicani accusavano di fare affari sfruttando la posizione del padre. «Il giovane Donald – è il commento di Dragan Jonic, parlamentare all’opposizione – venne a Belgrado per dare una mano a Vucic. Perché Vucic cercava di restare in sella. E perché i Trump volevano tenere in piedi i loro affari».

La brama serba non è una novità, alla Casa Bianca. Già nel 2020, serbi e kosovari furono convocati a Washington per firmare una specie di pre-accordo di pace e Richard Grenell, trumpiano di ferro, ipotizzò la ricostruzione proprio del palazzo bombardato. «Vogliamo espandere la nostra presenza in Europa», anticipò anche un altro figlio del presidente, Eric, annunciando che nell’affare sarebbe stato coinvolto un costruttore degli Emirati Arabi, Mohammed Alabbar: uno che da anni sta edificando a Belgrado.

Davanti alle macerie del Generalštab, aspettando le ruspe, hanno appeso uno striscione di protesta: «Salviamo la nostra storia». L’hanno scritto alcuni nazionalisti serbi, che sostenevano Vucic e ora gli danno del traditore: «Questo palazzo è la memoria delle nostre tradizioni militari – dicono -. A Trump chiediamo solo una cosa: cederesti l’accademia di West Point a una società di real estate?».

8 novembre 2025