A Report, sempre Report, ancora Report. Ed è di nuovo scontro tra il Garante della Privacy e il programma di Sigfrido Ranucci. Secondo l’Autorità a tutela dei diritti personali, l’inchiesta della trasmissione Rai sul caso degli smart glasses di Meta, prevista in onda stasera, è «destituita di ogni fondamento, frutto o di una scarsa conoscenza della disciplina della materia o, peggio, di malafede». E non si tratta un giudizio meloniano ma della valutazione di un organo indipendente. Secondo cui il servizio di Report viola alcuni aspetti relativi alla privacy sia degli utilizzatori degli smart glasses sia delle persone riprese.

E comunque: Ranucci, che pure ha subito un tremendo attento su cui ancora va fatta piena luce, pratica un giornalismo d’attacco e di denuncia, sempre e comunque, che sentendosi al riparo di ogni possibile critica – visto che il conduttore di Report è stato oggetto di un attentato e gode di una protezione politica incondizionata – spazia su tutto e cerca ogni volta di stupire. Di fare scandalo, di stare al centro del circuito mediatico-politico con colpi ad effetto. Non per forza ben fondati e ben documentati. Il Garante della privacy sottolinea, in una nota ufficiale, come «nessun rischio, neppure potenziale, di danno erariale sia mai stato configurabile nel corso del procedimento» e auspica che stasera «il programma si astenga dal trasmettere, nei termini annunciati, il servizio». L’Authority si riserva «ogni opportuna valutazione in ordine alle iniziative da assumere nelle sedi competenti».

Prima abbiamo avuto Report contro Ghiglia, membro dell’Autorità sulla Privacy, per la sua visita nella sede nazionale di FdI. Poi Report contro Ghiglia accusato di aver avvisato a suo tempo Meloni sulle decisioni di quella istituzione sul green pass (c’era il governo Draghi). Ora il caso Meta e immediata è la risposta di Ranucci: «Siamo di fronte all’ennesimo tentativo di bloccare la messa in onda di una trasmissione Rai da parte del Garante». Una lotta, un corpo a corpo. E intorno a Ranucci, da parte della sinistra, l’aura del martire, dell’intoccabile, del simbolo politico-mediatico contro cui il potere vigente se la starebbe prendendo in maniera ideologica e censoria. I vertici del Pd sono arrivati addirittura a collegare assurdamente l’attentato patito da Ranucci alcune settimane fa con il fatto che a governare sia il centrodestra.

L’INCONTRO

Sta di fatto che l’inchiesta prevista per stasera si concentra sull’incontro, risalente all’ottobre 2024, tra il componente del collegio dell’Autorità, il solito Agostino Ghiglia, e il responsabile istituzionale di Meta (Facebook) in Italia «prima della decisione del Garante su una multa da 44 milioni». Gli occhiali elettronico-digitali con telecamera al centro di tutto. «Il primo modello di smart glasses è stato sotto la lente dell’Autorità – si legge sul profilo Facebook di Report nell’introduzione alla clip – perché avrebbe violato alcuni aspetti relativi alla privacy sia degli utilizzatori sia delle persone riprese. I dipartimenti propongono una multa di 44 milioni di euro, ma il collegio non è d’accordo. Il giorno dopo l’incontro tra Ghiglia e Angelo Mazzetti, responsabile istituzionale di Meta in Italia, la multa viene abbassata a 17 milioni di euro». E poi a 12,5. Alla fine Meta, chiede Report, pagherà la sanzione?

IL COLLEGIO

E ancora: «Ad agosto 2024 il collegio, non sapendo come gestire questa nuova tecnologia, ipotizza l’archiviazione del procedimento o il rinvio all’autorità irlandese, ma tra i garanti c’è chi ipotizza un danno erariale». Questo si dice nel programma. In cui si riporta una presa di posizione di Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente del Garante: «Qui una sanzione da 44 milioni di euro che noi non irroghiamo. Di 44 milioni. Qui ci possono essere anche altri profili di responsabilità, d’accordo? Perché comunque sono soldi che non entrano nelle casse dello Stato. Questa è una vicenda delicatissima e molto, molto seria. E io non mi assumo la responsabilità». In ogni caso, alla Rai – come precisa la dirigenza aziendale – non è arrivata alcuna richiesta formale di bloccare il servizio né il programma». Naturalmente, l’intera sinistra difende Ranucci e M5S va al contrattacco: «Grave ingerenza da parte del Garante della Privacy». E la storia è sempre la stessa: Report ormai viene considerata dal fronte anti-Meloni un po’ come «l’Unità» negli anni ‘50. Quella che dà la linea e che ha sempre ragione.


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