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Il mondo della fotografia ha subito cambiamenti dirompenti negli ultimi 30 anni. A livello tecnico si è passati dalla pellicola al digitale, prima con le reflex e poi con le mirrorless, arrivando poi alle fotocamere sugli smartphone. In termini di elaborazione, abbiamo avuto Photoshop e gli altri software di fotoritocco, prima della rivoluzione completa portata dall’intelligenza artificiale generativa, come Nano Banana di Google.
Quello che non è mai cambiato, però, è la capacità delle foto di raccontare storie, e di farlo con un linguaggio diverso e complementare rispetto alla parola scritta o ai filmati. Una capacità fondamentale al giorno d’oggi, che ho potuto apprezzare visitando la mostra World Press Photo 2025, promossa dalla Cineteca di Bologna in collaborazione con Foto Image e con il sostegno di Fujifilm Italia, che ringrazio per l’invito.
Guardando le foto di alcuni dei migliori fotografi di fotogiornalismo in circolazione e parlando con loro, mi sono accorto di quanto un mezzo ormai secolare come la fotografia riesca ancora a tramettere messaggi fortissimi, come e più di prima.
Ne parliamo insieme, cercando di capire quanto sia ancora importante raccontare attraverso le foto, al tempo dei social e dell’AI.
La mostra World Press Photo 2025
La mostra del World Press Photo 2025 raccoglie una buona parte delle foto vincitrici del concorso di quest’anno, divise in tre categorie: foto singole, storie (raccolte di foto scattate nell’anno solare) e progetti a lungo termine (raccolte di foto scattate in almeno 3 anni). Tra l’altro, le immagini arrivano da ogni parte del mondo, visto che il premio presenta anche categorie regionali.

Kenya’s Youth Uprising (categoria Storie – regione Africa), foto di Luis Tato / Agence France Press
Tra i vincitori ci sono nomi importanti per il fotogiornalismo a livello mondiale: Musuk Nolte, Aliona Kardash, Marijn Fidder, Luis Tato, Ebrahim Alipoor, Federico Ríos e molti altri. Vedrete alcuni dei loro scatti all’interno di questo articolo.
Il punto di vista di questi autori, immortalato nei loro scatti, lascia aperte finestre su mondi vicini e lontani. Ci sono foto che mostrano le storie di persone nei territori di guerra, come quelle in Palestina e in Ucraina, altre che raccontano momenti più intimi e meno visibili, come le comunità di donne afgane che lottano silenziosamente contro il regime dei talebani, o le comunità queer in cui s’incontrano le persone in transizione.

Si vedono immagini di città, vite nei sobborghi, poi sguardi inediti sui piccoli centri urbani, sulle persone che li affrontano ogni giorno. E c’è tanto spazio anche per la natura, per il rapporto (spesso conflittuale) dell’umanità col suo pianeta: si parla di crisi climatica, di desertificazione, di animali e molto altro.
Gli scatti di Musuk Nolte
Durante la mia visita alla mostra ho avuto occasione di ascoltare le parole di Musuk Nolte, fotografo messicano vincitore del premio World Press Photo 2025 per il suo lavoro legato al racconto della crisi climatica.
Nolte ha raccontato la sua esperienza in Amazzonia, nei luoghi in cui ha scattato le foto per il suo reportage, parlando con le persone del posto e vedendo coi suoi occhi come stia cambiando radicalmente il paesaggio di quelle zone. Le acque degli affluenti del Rio delle Amazzoni si ritirano, lasciando a secco interi letti di fiumi. Le persone che vivono in quelle zone, pescatori che abitano su case galleggianti, hanno dovuto affrontare una situazione senza precedenti, con la loro vita che sembra evaporata come l’acqua dei fiumi.

Musuk Nolte davanti alle sue foto in esposizione
E il fotografo, in tutto questo, immortala lo stato delle cose e trasmette, col suo occhio e la sua sensibilità, un messaggio importante e poco raccontato. Nolte ha usato un drone per scattare foto dall’alto al fiume ormai secco, ma poi ha preso la fotocamera e si è avvicinato ai soggetti, per cogliere i loro momenti autentici.
Sullo sfondo ci sono temi più grandi e complessi, quello della crisi climatica e quello dello sfruttamento delle risorse idriche del pianeta, entrambi racchiusi in uno degli scatti più emblematici della mostra, che vedete in basso. Un uomo che sembra un turista pronto per una giornata in spiaggia, è che invece è un abitante di quelle terre, fino a qualche anno fa rigogliose e piene d’acqua, ora completamente desertificate.

Droughts in the Amazon (categoria Storie – regione Sud America), foto di Musuk Nolte / Panos Pictures, Bertha Foundation
Come si arriva al World Press Photo
Fulvio Bugani, fotografo bolognese vincitore del premio World Press Photo 2015, è stata la persona che ci accompagnato durante la visita alla mostra e ci ha spiegato alcune delle storie dietro alle foto esposte.
Con lui ho potuto approfondire alcuni dei temi principali legati al fotogiornalismo e al World Press Photo.

Fulvio Bugani, vincitore del premio World Press Photo 2015
Il rapporto tra forma e sostanza è molto importante per un concorso fotografico come questo. Per arrivare a vincere il World Press Photo si devono passare sei step di selezione e ci sono criteri molto chiari per la presentazione delle immagini. Ovviamente sono bandite le foto realizzate con AI, ma anche quelle troppo elaborate via software. Le foto devono essere autentiche, verificabili, tant’è che nelle ultime fasi di selezione ai fotografi vengono chiesti anche i file RAW degli scatti presentati in concorso.

Bodybuilder Tamale Safalu trains in front of his home in Kampala, Uganda (categoria Singole – regione Africa), foto di Marijn Fidder
La qualità degli scatti è fondamentale, così come il valore delle storie che raccontano. Un grande scatto deve includere entrambi gli elementi, perché solo in questo modo riesce davvero a trasmettere il suo messaggio. Guardando le foto in mostra, sono rimasto colpito proprio da questo fattore: sono scatti di altissimo livello, che hanno un valore artistico eccellente, al netto dell’impatto dirompente del contenuto e dei soggetti ritratti.
Per foto come queste non è importante solo l’autenticità pura e semplice, ma l’intero processo che porta allo scatto. Ne è convinto anche Bugani, che ha più volte sottolineato come il fotogiornalismo non morirà mai, finché ci saranno storie da raccontare: è sempre il fotografo che, con la sua sensibilità, sceglie quale spaccato di realtà vuole mostrare, e come mostrarlo.

Una frase importante soprattutto in un momento storico come il nostro, in cui le fake news e l’AI generativa stanno rendendo sin troppo labile il confine tra vero e falso. Una presa di posizione che rende ancora più merito al lavoro dei fotogiornalisti, a chi dedica parte della propria vita per raccontare storie.
Il senso del fotogiornalismo al giorno d’oggi
Vi sarete accorti che in questo articolo non ho parlato di tecnica, di fotocamere, di come sono state scattate queste foto. Il punto, infatti, è che per certi versi sono discorsi che non contano: non importa con quale macchina è stata fatta un’immagine, ma conta il risultato finale, conta che sia una foto vera e che racconti la realtà.

Bullets Have No Borders (categoria Progetti a lungo termine – regione Asia occidentale, centrale e meridionale), foto di Ebrahim Alipoor
Il senso di una mostra come quella del World Press Photo è chiaro: mostrare il mondo reale, nei suoi aspetti più tragici o trionfali, cogliendo attimi di vita che possono diventare simboli di una storia intera. Alcuni degli scatti premiati sono diventati prime pagine di quotidiani, copertine di riviste, campioni di like sui social. Hanno smosso l’opinione pubblica, hanno fatto riflettere.
Sono foto che trasmettono più del loro contenuto. La combinazione tra qualità artistica e impatto della storia è più grande della somma dei singoli elementi. In questo sta la forza della fotografia, che è uno strumento ma anche un’arte, sempre difficile da padroneggiare a dovere.

Paths of Desperate Hope (categoria Progetti a lungo termine – regione Sud America), foto di Federico Ríos / “The New York Times”
La mostra World Press Photo 2025, realizzata in collaborazione con Foto IMAGE e grazie al sostegno di Fujifilm Italia, sarà visitabile fino al 30 novembre 2025 presso la Galleria Modernissimo a Bologna. Per maggiori informazioni, potete visitare il sito ufficiale a questo indirizzo.
World Press Photo 2025 – Immagini
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