voto
6.5

  • Band:
    AVERSIONS CROWN
  • Durata: 00:13:00
  • Disponibile dal: 05/08/2025
  • Etichetta:
  • Nuclear Blast

Streaming non ancora disponibile

Duri a morire, gli Aversions Crown si riaffacciano sul mercato a cinque anni di distanza dall’ultimo full-length “Hell Will Come for Us All”, cercando l’ennesimo rilancio in una carriera che fin qui, anche a fronte di un contratto ‘pesante’ come quello con Nuclear Blast, ha sempre dato la sensazione di procedere a singhiozzi, tra dischi incapaci di lanciarne il nome nella Serie A del movimento death-core e una sorte avversa rispetto alla scelta del frontman (basti pensare a Tyler Miller, assoldato repentinamente dagli amici Thy Art Is Murder non appena cacciato CJ McMahon nel settembre 2023).

Ad ogni modo, il gruppo del Queensland è ancora qui, e attraverso i tre brani di “A Voice from the Outer Dark” sembra intenzionato a riprovarci facendo leva su una scrittura sì derivativa e priva di tratti che ne caratterizzino la fisionomia, ma che rispetto al passato – quando i Nostri inseguivano questo o quel trend senza offrire all’ascoltatore chissà quali passaggi memorabili – scorre quantomeno in maniera fluida e vivace.
Così, dopo i toni freddi e alieni delle prime uscite, ispirati a nomi in quel momento rilevanti come Fallujah e The Faceless, e quelli densi e apocalittici del suddetto “Hell…”, abbracciati sulla scia del successo dei Fit for an Autopsy di Will Putney, è la volta di una tracklist in cui la componente prettamente estrema sceglie di fare la voce grossa, confluendo in un suono mai così aggressivo, concitato, malevolo e ricordando, fra scariche di blast-beat, chitarre come rasoi e atmosfere ai limiti del black metal, il contenuto degli ultimi lavori di Aborted e Cattle Decapitation.
Insomma, se è vero che l’approccio imitativo continua ad essere parte integrante degli Aversions Crown, ancora volatili dal punto di vista della personalità e della coerenza stilistica, è altrettanto vero che questa mossa funziona meglio delle precedenti, in virtù di un songwriting sicuramente più a fuoco e pimpante.
Chiaro, il formato EP aiuta (e non poco) nel compito di focalizzare le idee e mantenere alta la tensione, ciononostante va detto come i ragazzi australiani – oggi raggiunti da Alex Teyen al microfono – diano l’impressione di crederci maggiormente e di muoversi con un pochino più di istinto, forse proprio in risposta alla frustrazione sperimentata in tempi recenti.

Il risultato è un quarto d’ora scarso di death metal/death-core in cui i riff si succedono, agili e concisi, su un impianto ritmico in cui la formula del breakdown non è strutturale, bensì un elemento per corroborare l’incedere dei pezzi ed accentuare le successive ripartenze, con l’opener/title-track che, nello specifico, funziona a meraviglia nel presentare il nuovo corso del progetto.
Preso quindi atto dei miglioramenti e della solita cura nel confezionamento del tutto, dall’artwork alla produzione, non resta che vedere se, concentrandosi sulla formula ed evitando di imboccare il sentiero più facile per mera convenienza, questi musicisti sapranno finalmente dare al loro cammino una svolta decisiva.
Per ora, ci limitiamo a constatare la buona riuscita di questo breve ritorno.