Ascolta la versione audio dell’articolo

Arrivare presto, in medicina, è fondamentale. Grazie alla diagnosi precoce è possibile identificare un’eventuale patologia tumorale agli esordi, con evidenti ripercussioni positive sia sull’intensità dell’intervento sia sulle prospettive di guarigione future. Se per il tumore del seno, del colon-retto e della cervice uterina il percorso di screening è ampiamente definito per fasce d’età e strategie di test da effettuare, ora emergono chiaramente dati che indicano il valore di questo approccio in soggetti ad alto rischio di sviluppare un tumore polmonare. Si effettua con la TAC spirale a basso dosaggio, a cadenza annuale. Nei protocolli di prevenzione secondaria dovrebbe essere previsto per i forti fumatori e quindi essere compreso nuovi Livelli Essenziali d’Assistenza (LEA). A richiederlo sono gli esperti dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dopo la recente decisione della Conferenza Stato-Regioni di approvare l’aggiornamento dei LEA.

A chi serve

Secondo gli specialisti lo screening va aggiunto ai tre programmi di prevenzione secondaria già previsti nelle prestazioni garantite dal Servizio Sanitario Nazionale: per la neoplasia mammaria, colon-rettale e della cervice uterina. “E’ un provvedimento che attendiamo dal 2017 e che può anche migliorare e potenziare l’assistenza sanitaria degli oltre 3,7 milioni di pazienti oncologici che vivono in Italia – ricorda Massimo Di Maio, Presidente AIOM nella conferenza stampa del XXVII Congresso Nazionale della Società Scientifica che si è appena chiuso a Roma -. Però va integrato, prevedendo il programma di screening per il carcinoma polmonare. Nel disegno di legge di bilancio 2026 sono previste risorse per incrementare il numero di partecipanti alla Rete Italiana Screening Polmonare, il Programma RISP”. Il progetto, attraverso la Tomografia Computerizzata (TAC) a basso dosaggio, intende favorire la diagnosi precoce del carcinoma al polmone. È indicato per le persone considerate a rischio: età 55-75 anni, forti fumatori (consumo medio di 15 sigarette al giorno per più di 25 anni oppure almeno 10 sigarette al giorno per più di 30 anni) o ex-forti fumatori (abitudine interrotta da meno di un decennio).

Che risultati può dare

Di certo c’è che, sulla base delle evidenze, l’attuazione di questo percorso di screening potrebbe davvero modificare la traiettoria di riconoscimento e cura di una patologia che vede proprio nel tempo della diagnosi un aspetto fondamentale per il decorso. Grazie alla TAC di monitoraggio, si può influire positivamente sulla situazione. L’esame, rispetto alla radiografia standard del torace, riduce del 20% la mortalità per carcinoma polmonare. “È stato dimostrato che, in 30 anni, può prevenire oltre 36mila decessi – indica Di Maio. Inoltre è in grado di ridurre del 5% i costi sanitari indiretti legati alla malattia e del 5,9% le spese per l’acquisto di farmaci anti-tumorali”. Attualmente, va detto, l’esame annuale non è ancora approvato o rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale. Ben venga quindi l’implementazione del programma RISP, ma suggeriamo alle Istituzioni di prevedere, in tutti e 21 i sistemi sanitari locali della Penisola, l’esame periodico per le persone considerate a rischio. “Si può così contenere l’impatto delle neoplasie polmonari che ogni anno in Italia fanno registrare oltre 44mila nuove diagnosi e più di 35mila decessi – Commenta Massimiliano Cani, specializzando in Oncologia Medica e PhD student in Translational Oncology presso l’AOU San Luigi Gonzaga di Orbassano-Università di Torino. Lo screening per il tumore polmonare risulta efficace, economicamente sostenibile e può portare vantaggi all’intero sistema”.

Per il tumore del seno, attenzione ai test genomici

Sul fronte del tumore mammario, 53.000 diagnosi ogni anno in Italia, la mammografia biennale ha consentito di salvare in cinque anni 13.660 vite grazie alla diagnosi precoce garantita dagli screening. Ma ovviamente il test mammografico è solo una tappa del percorso di avanzamento delle cure, nell’ambito dell’oncologia di precisione. Secondo Alessandra Fabi, Consigliere Nazionale AIOM, “uno dei passi avanti importanti degli ultimi 20 anni è rappresentato dai test genomici che consentono una reale personalizzazione delle cure ed evitano la somministrazione di terapie inutili. Sono esami fondamentali, infatti, sono stati inseriti nell’aggiornamento dei LEA”. Vengono utilizzati nel carcinoma mammario che risponde agli ormoni per stabilire, dopo l’intervento chirurgico, la necessità o meno di ricorrere solo all’ormonoterapia ed evitare così l’aggiunta di altre cure più invasive per prevenire la recidiva di malattia. Consentono ovviamente di essere ancor più precisi ed appropriati nelle terapie. “Uno dei test disponibili in Italia ha dimostrato di ridurre del 48% il ricorso alla chemioterapia – segnala Fabi. A livello nazionale è stato creato nel 2020 un fondo di 20 milioni di euro per l’acquisto dei test genomici per 10mila pazienti l’anno. Ora queste risorse sono quasi terminate e secondo più recenti studi scientifici le donne che nel nostro Paese necessitano dell’esame ammontano a 13mila l’anno. Il fondo va perciò incrementato di ulteriori 5 milioni per assicurare esami che devono rientrare stabilmente nella pratica clinica”.

Scopri di piùScopri di più