Colombo GenoaLa dedica di Lorenzo Colombo (foto di Genoa CFC Tanopress)

Per fortuna giunge la pausa perché la confusione iniziava a sovrapporre pensieri e appunti. Genoa e Fiorentina, le disorganizzatrici del campionato: in campo e in società. Esasperate, entrambe hanno cambiato allenatore e direttore sportivo – quasi un unicum – pescando senza convinzione dai propri vivai. Ammaccate di lividi, entrambe hanno preferito non infierire ulteriore male dopo essersele date da orbi per una settantina di minuti. La partita del Ferraris ha suscitato proprio questa impressione: una lotta truculenta tra convalescenti buttati a forza giù dal lettino. Una gara senza padroni, prona al ribaltone: scappa, tanto ti prendo. Vantaggio e parità distanti per due volte tra i tre e i cinque minuti, con la lettura Var a fare da mantice e soffiare sull’impazienza. Per queste due squadre in crisi tenere in pugno la vittoria è come stringere un tizzone estratto dal braciere: meglio attendere momenti più consoni per superare le prove ordaliche.

L’incontro del Ferraris ha testimoniato quanto sarà difficile il lavoro demandato e assunto da De Rossi e Vanoli. Uno scatenato in tribuna, tra computer e cuffiette; l’altro spettinato ribelle nel recinto tecnico, già ammonito sul fare della metà del primo tempo. Se il centrocampo del Genoa avesse un poco della tecnica di quello della Fiorentina e se, viceversa, la mediana della Viola avesse appena una frazione dell’interdizione che appesantisce il reparto rossoblù, allora ne uscirebbe il centrocampo perfetto. Ma così non può essere, ed ecco che i difetti di ciascuno suonano dolorosi come una stonatura. Il Grifone è – di certo non da ieri – piatto, prevedibile e Martin dipendente, nel senso che se la palla non esce dal sinistro educatissimo del catalano, non ha alcun senso e non procura fastidio alcuno all’avversario. La Fiorentina, come visto, se aggredita alle spalle dei metodisti offre in cambio il vuoto cosmico.

Quattro gol, tre episodi, due rigori, un Colombo. È lui che irrompe sulla scena e la monopolizza con una sfilza di brutture cadette che, a un certo punto, hanno spazientito persino il fato calcistico. Prima la sbracciata da nuotatore che regala il pari a Gudmundsson, successivamente l’elegante rifiuto dell’omaggio ricambiato da Ranieri gettato tra le mani di De Gea. Bruciato un altro rigorista sotto l’altare della Nord, l’incarico sia affidato definitivamente ai più tecnici: Martin, deputato già di qualsivoglia palla inattiva, e Malinovskyi. Il Genoa non può sprecare altre occasioni simili. Passati in svantaggio dopo il liscio allegro di Marcandalli su Albert, i rossoblù hanno pareggiato in modo inconsueto: da tergo. E di terga. Pedata alla palla e ci abbracciamo. Il Colombo che diventa Grifone. Che sia la svolta buona. L’azione non può certo dirsi costruita, ma frutto di una grande confusione. Quella che iniziava a sovrapporre pensieri e appunti. Per fortuna giunge la pausa.

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