Si chiama Giulia Chiopris, ha 34 anni, è originaria di Udine e lavora come pediatra a Parma. Da due mesi si trova nel Darfur Settentrionale, in Sudan, dove opera con Medici Senza Frontiere all’interno dell’ospedale di Tawila. Il suo racconto è un pugno nello stomaco: bambini che sopravvivono mangiando cibo per animali, neonati senza latte, madri denutrite, feriti di guerra che non smettono di arrivare.

Una guerra dimenticata

Dall’aprile 2023, il Sudan è devastato da una guerra civile tra l’esercito regolare e le Rsf (Rapid support forces), un gruppo paramilitare che da mesi cerca di conquistare la regione. Negli ultimi giorni le Rsf hanno preso il controllo di El Fasher, città chiave del Nord Darfur. “La popolazione è passata da 100 mila a oltre 850 mila persone in pochi mesi – racconta la dottoressa Chiopris –. Vivono in tende di fortuna, fatte di paglia o plastica, senza elettricità, con pochissima acqua potabile e quasi nessun genere alimentare”. Le persone fuggono da El Fasher verso Tawila, 50 chilometri più a ovest, camminando per giorni sotto il sole o nella notte per evitare i controlli armati. “Molti arrivano feriti o traumatizzati, dopo aver assistito a uccisioni di massa”, aggiunge la pediatra.

“Bambini malnutriti che rischiano di morire”

All’ospedale di Tawila la dottoressa coordina il reparto di pediatria, dove ogni giorno arrivano decine di piccoli in condizioni disperate. “I livelli di malnutrizione acuta superano di molto la soglia d’emergenza dell’Organizzazione mondiale della sanità. A El Fasher la carestia dura da mesi: ci sono bambini che mangiano mangime o pelli di animali per sopravvivere”. I più colpiti sono i piccoli sotto i cinque anni: “Molti hanno infezioni ricorrenti, anemia grave, ipoglicemia. Alcuni non riescono neppure a bere da soli e vanno nutriti con il sondino. Il loro sistema immunitario è completamente spento”.

Madri senza latte, neonati senza speranza

La crisi alimentare colpisce anche gli adulti, soprattutto le donne. “Le madri sono talmente denutrite da non riuscire più ad allattare – ci racconta la dottoressa –. Vediamo neonati in pericolo di vita nelle prime settimane perché non hanno niente da bere, il latte artificiale non esiste. È un’intera generazione di orfani: i piccoli arrivano accompagnati da sconosciuti dopo aver perso i genitori”.

Nell’ospedale

Mentre Medici senza frontiere potenzia l’ospedale di Tawila con una nuova sala operatoria, chirurghi e infermieri affrontano turni massacranti per assistere centinaia di feriti di guerra. “La maggior parte dei pazienti adulti arriva con ferite da arma da fuoco, bombardamenti o torture. Facciamo il possibile, ma le risorse sono limitate. E una volta dimessi, i pazienti non hanno dove tornare: niente case, niente acqua pulita, niente sicurezza”.

“Il mondo guarda Gaza, ma qui la catastrofe è addirittura peggiore”

“Mentre il mondo guarda con attenzione a Gaza – spiega Chiopris – in Sudan si consuma una tragedia altrettanto devastante, ma quasi priva di eco mediatica. Migliaia di persone restano intrappolate senza cibo né cure, nell’indifferenza generale”. L’associazione continua a lavorare senza sosta, ma i bisogni sono enormi: farmaci, personale sanitario, acqua, cibo e rifugi.

Dall’Università di Udine alle missioni umanitarie

Giulia Chiopris si è laureata in Medicina all’Università di Udine. Poi ha vinto il concorso nazionale che l’ha portata a Parma per la specializzazione in Pediatria. “Ho partecipato a cinque missioni: due con Emergency e tre con Medici Senza Frontiere. Sono stata in Yemen, nella Repubblica Centrafricana e in Sudan, ma in zone diverse da quella attuale”. Alla domanda su cosa la spinge a tornare ogni volta, ci dice: “Soffro molto l’indifferenza e il razzismo che vedo nella nostra società. Cercare di aiutare chi non ha voce è il mio modo di reagire, e lo faccio dando il mio contributo con le capacità che ho”. E lancia un appello: “Non dimentichiamo il Sudan. Anche una piccola donazione a Medici senza frontiere può salvare delle vite. Qui ogni giorno vediamo bambini che lottano per sopravvivere. Meritano di essere aiutati”.