1° aprile 2026: da quel giorno chi resterà bloccato in autostrada potrà ottenere un rimborso del pedaggio, in caso di gravi disservizi. Nonostante l’annuncio, le nuove regole dell’Art (Autorità di Regolazione dei Trasporti) non sono state accolte da un plebiscito, tutto per via delle condizioni talmente stringenti da poter rendere i rimborsi più teorici che concreti, secondo quanto lamenta il Codacons in un esposto.

Le modalità di rimborso

Nel dettaglio, gli utenti bloccati in autostrada avranno diritto al risarcimento del pedaggio del 50% per blocchi tra due e tre ore, del 75% tra tre e quattro e del 100% oltre i 240 minuti, solo in presenza di “eventi perturbativi”. E proprio questa formula trova l’opposizione del Codacons, poiché troppo vaga, e rischia di aprire la strada a una valanga di interpretazioni. L’associazione dei consumatori punta, però, il dito anche contro un altro aspetto: le quattro ore di soglia per un rimborso totale, quasi a normalizzare un blocco che in quella rete è già routine e dove i rallentamenti sono quasi all’ordine giornaliero. La misura – secondo il Codacons – appare sbilanciata a favore dei concessionari, a discapito dell’utenza, spesso lasciata senza aggiornamenti in presenza di disguidi.

La nota recita:

“A parte la dicitura ‘eventi perturbativi’ che appare eccessivamente generica e potrebbe portare a ricorsi e contenziosi – osserva il Codacons -, i rimborsi da circolazione paralizzata scatterebbero solo se l’utente rimane ‘imprigionato’ in autostrada almeno due ore e, peraltro, sarebbero in tal caso parziali. Per avere un rimborso totale del pedaggio sarebbe necessario rimanere bloccati almeno 4 ore, un tempo che appare oggettivamente eccessivo”

Oltre alla soglia delle due ore, il nodo riguarda anche il principio con cui vengono stabiliti i beneficiari dei rimborsi, tagliando una fetta significativa di utenti. Ma il punto forse più controverso risiede nella possibilità lasciata alle società concessionarie di recuperare integralmente quanto pagato a titolo di indennizzo con i pedaggi, nella misura del 100% il primo anno, per poi scendere gradualmente a 80, 60, 40 e 20% il quinto anno. In definitiva, l’inefficienza del servizio andrebbe a ricadere sulla collettività, compreso chi non c’era.

L’adeguamento agli standard qualitativi non convince

Dal 2027 l’aggiornamento dei pedaggi sarà legato agli investimenti compiuti dalle società concessionarie e all’osservanza di standard qualitativi prefissati. In teoria una buona notizia poiché, in assenza di controlli puntuali e dati verificabili, l’impegno potrebbe essere solo sulla carta, precisa il Codacons. Che dissente sulla penalizzazione prevista dello 0,5% per il mancato raggiungimento degli obiettivi, non abbastanza da indurre i gestori ad alzare la qualità del servizio.

Il timore del Codacons è quindi che la riforma annunciata sia alla prova dei fatti poco più di un progresso formale, che riconosca sì il diritto all’indennizzo, ma fermo sulla carta, con l’effettiva efficacia che lascerebbe a desiderare. Tra le zone d’ombra, restano da definire le modalità digitali di richiesta del rimborso e le modalità di vigilanza dell’applicazione del meccanismo, che consente ai concessionari di recuperare le spese. Per gli automobilisti, il consiglio è quello di tenere ogni documentazione e dato utile in occasione del reclamo perché l’introduzione di questo strumento, pur benvenuta, rischia di essere fragile.