La Procura di Milano sta indagando per omicidio volontario plurimo aggravato da motivi abietti e crudeltà dopo un esposto presentato dallo scrittore Ezio Gavazzeni, che ha raccolto materiale e testimonianze sui “cecchini del weekend”. Si tratta di persone che negli anni Novanta hanno pagato per andare a uccidere uomini, donne e bambini a Sarajevo, partecipando all’assedio da parte dei serbo-bosniaci. Tra di loro c’erano anche italiani

Li chiamano “cecchini del weekend”. Sono persone che negli anni Novanta hanno pagato per andare a uccidere uomini, donne e bambini a Sarajevo, partecipando all’assedio da parte dei serbo-bosniaci. Tra di loro c’erano anche italiani. La Procura di Milano sta ora indagando per omicidio volontario plurimo aggravato da motivi abietti e crudeltà. Nell’ambito dell’inchiesta, ha anche deciso di acquisire gli atti del Tribunale penale internazionale dell’Aia per l’ex Jugoslavia, in particolare quelli che hanno riguardato i crimini di guerra e contro l’umanità compiuti durante l’assedio di Sarajevo tra il 1992 e il 1996 (oltre 11mila vittime).

L’inchiesta della Procura di Milano

Il fascicolo di Milano è stato aperto sulla base di un esposto presentato, con vari documenti allegati, dallo scrittore Ezio Gavazzeni, assistito dagli avvocati Nicola Brigida e Guido Salvini, quest’ultimo storico ex giudice milanese. Lunedì pomeriggio, in Procura, c’è stata una riunione con il procuratore Marcello Viola e il pm titolare dell’indagine, Alessandro Gobbis, insieme agli investigatori del Ros dei carabinieri: oltre all’acquisizione delle carte necessarie, sono stati messi a punto anche i prossimi passi dell’inchiesta, come le audizioni di alcuni testimoni, verosimilmente a partire proprio dalle persone indicate nell’esposto dello scrittore.

I “cecchini del weekend”

Delle “vacanze in Bosnia per fare la guerra” se ne parlava già in articoli di 30 anni fa. Nel corso del tempo si sono aggiunte testimonianze e documentari. Anche durante il processo al comandante dell’esercito serbo-bosniaco Ratko Mladic, ad esempio, davanti ai giudici dell’Aia erano emersi questi “tiratori turistici”: ne aveva parlato nel 2007 John Jordan, ex vigile del fuoco statunitense e volontario nella Sarajevo assediata negli anni ’90, durante alcuni passaggi della sua testimonianza. “Non mi sembravano persone del posto, il loro modo di vestire e le armi mi hanno fatto pensare che fossero tiratori turistici”, ha detto.

L’esposto

Lo scrittore Ezio Gavazzeni, forte di un dialogo con una “fonte”, negli scorsi mesi ha deciso di raccogliere tutto il materiale e presentare un esposto alla Procura di Milano. “Ciò che ho appreso, da una fonte in Bosnia-Erzegovina, è che l’intelligence bosniaca a fine ’93 ha avvertito la locale sede del Sismi della presenza di almeno 5 italiani, che si trovavano sulle colline intorno alla città, accompagnati per sparare ai civili”, ha scritto Gavazzeni nel documento di 17 pagine, datato 28 gennaio, inviato alla Procura. A luglio è poi arrivata la notizia dell’apertura di un’inchiesta, col pm Alessandro Gobbis che indaga per omicidio volontario plurimo aggravato dai motivi abietti e dalla crudeltà. La “fonte” di Gavazzeni, indicata con nome e cognome, “faceva parte dell’intelligence bosniaca”. Lo scrittore riporta uno scambio di mail del 2024 in cui l’ex 007 scrive: “Ho appreso del fenomeno alla fine del 1993 dai documenti del servizio di sicurezza militare bosniaco sull’interrogatorio di un volontario serbo catturato (…) Ha testimoniato che 5 stranieri hanno viaggiato con lui da Belgrado alla Bosnia Erzegovina (almeno tre di loro erano italiani)”. All’epoca, ha raccontato l’ex 007, “condividemmo le informazioni con gli ufficiali del Sismi (ora Aisi) a Sarajevo perché c’erano indicazioni che gruppi turistici di cecchini/cacciatori stavano partendo da Trieste”. Ci sarebbero stati “un uomo di Torino, uno di Milano e l’ultimo di Trieste”, quello milanese era “proprietario di una clinica privata specializzata in interventi di tipo estetico”.

Il Sismi

L’allora Sismi, ex servizio segreto italiano per le informazioni e la sicurezza militare, secondo l’ex 007 bosniaco dopo aver “scoperto” quanto stava accadendo sarebbe riuscito a bloccare questi viaggi turistici dell’orrore. “Caro Ezio, i servizi bosniaci hanno saputo del ‘safari’ alla fine del 1993. Tutto questo è successo nell’inverno 1993/94. Abbiamo informato il Sismi all’inizio del 1994 e ci hanno risposto in 2-3 mesi: ‘Abbiamo scoperto che il safari parte da Trieste. L’abbiamo interrotto e il safari non avrà più luogo’”, ha scritto la “fonte” allo scrittore. Dopo di che, ha spiegato, “il servizio bosniaco non ebbe più informazioni sul fatto che il safari si ripetesse a Sarajevo. Non abbiamo ottenuto dal Sismi i nomi dei cacciatori o degli organizzatori. Quindi, dovrebbe esserci un documento del Sismi che attesta che nella prima metà del 1994 a Trieste hanno scoperto il punto da cui parte il safari e che hanno interrotto l’operazione. Non abbiamo mai avuto dettagli… non sappiamo se qualcuno è stato arrestato”. Secondo l’ex agente, “le comunicazioni tra le intelligence bosniaca e italiana erano frequenti” e presso “gli archivi bosniaci si trova l’incartamento, ma è stato tutto secretato e non è disponibile”.

Il tariffario dell’orrore

A Milano agli atti, per ora, ci sono i documenti depositati dall’autore dell’esposto. Nelle prossime settimane il pm, con delega al Ros dei carabinieri, dovrà effettuare verifiche, ascoltando probabilmente i testi indicati. Nell’esposto si fa riferimento a “soffiate” anche sul tariffario dell’orrore: “I bambini costavano di più, poi gli uomini (meglio in divisa e armati), le donne e infine i vecchi che si potevano uccidere gratis”. Centrale anche un documentario del 2022, Sarajevo Safari. Il regista Miran Zupanic, segnala Gavazzeni, “ci ha dato le password per accedere alla visione riservata del film (…) posso fornirle al magistrato”. Nel filmato c’è un testimone “anonimo” e “alcune fonti parlano di americani, canadesi e russi, ma anche di italiani, che erano disposti a pagare per giocare alla guerra”.

I “clienti”

I “clienti”, ha raccontato ancora l’ex agente segreto, erano “persone molto ricche” che potevano “permettersi economicamente una sfida così adrenalinica”. Stando all’esposto, tra i “turisti-cecchini” c’erano appassionati di caccia e armi, vicini all’estrema destra. E la “copertura dell’attività venatoria serviva per portare, senza sospetti, i gruppi a destinazione a Belgrado”. Per il modo in cui “tutto era organizzato, i servizi bosniaci ritenevano che dietro a tutto ci fosse il servizio di sicurezza statale serbo” e con “infrastrutture dell’ex compagnia aerea serba di charter e turismo”. Jovica Stanišić, “condannato per crimini di guerra”, avrebbe svolto “un ruolo chiave in questo servizio”.

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L’ex sindaca di Sarajevo 

Dopo la decisione della Procura di Milano di avviare un’inchiesta, l’ex sindaca di Sarajevo Benjamina Karic ha ricordato come nel 2022, quando era alla guida della capitale bosniaca, abbia presentato una denuncia penale contro persone non identificate coinvolte in questa vicenda. “Nel settembre 2022 ho presentato una denuncia penale alla Procura contro persone non identificate che seminavano morte a Sarajevo e i loro complici. Nell’agosto scorso ho inoltrato una denuncia penale alla Procura di Milano, tramite l’Ambasciata d’Italia a Sarajevo, che ha avviato un’indagine e mi sono resa disponibile a testimoniare”, ha spiegato. L’ex sindaca sostiene che “un’intera squadra di persone instancabili sta lottando affinché la denuncia non rimanga lettera morta. Non ci arrendiamo!”.

Il libro

La vicenda di questi “cecchini del weekend” a Sarajevo era stata denunciata anche in un libro – I bastardi di Sarajevo – pubblicato nel 2014 e ripubblicato quattro anni dopo. L’autore è Luca Leone, giornalista, scrittore e co-fondatore di Infinito Edizioni, che lo aveva editato. Leone, che si era interessato a lungo delle vicende bosniache, soprattutto legate al conflitto, era intervenuto nel 2022 in occasione dell’uscita di Sarajevo Safari, il documentario dello sloveno Miran Zupanic. “I giornalisti che lavoravano a Sarajevo, ma anche tutta la popolazione assediata della città durante la guerra, sapevano” del caso dei cecchini paganti, aveva detto all’Ansa. “Stranieri da tutta Europa – c’erano anche italiani – pagavano ai checkpoint gestiti dai paramilitari serbi sia in Croazia sia in Bosnia per poi passare un fine settimana a sparare sui civili” sopra Sarajevo, aveva aggiunto all’epoca. Lo scrittore, nel libro, aveva descritto il cecchinaggio compiuto da stranieri come un normale pacchetto turistico. Parlava anche di un italiano, guidato dal paramilitare e killer Snajper: un tranquillo imprenditore che non si accontentava di uccidere di frodo orsi e altri animali, ma nel fine settimana di trasgressione voleva provare, come altri prima di lui, il brivido di uccidere un essere umano. Tutto in sicurezza, con comprese nel pacchetto la garanzia di fuga l’impunità.

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