Raffaele Palladino ha varcato i cancelli del centro sportivo dell’Atalanta nella mattinata di martedì 11 novembre, poco prima delle 11. L’allenatore è arrivato a bordo della sua auto a Zingonia, dove sono già presenti i dirigenti del club nerazzurro, Antonio e Luca Percassi (presidente e ad di Atalanta bergamasca calcio) e il direttore sportivo Tony D’Amico.
Sarà lui a sostituire l’esonerato Ivan Juric alla guida della «Dea». È questione di ore perché l’Atalanta completi il quadro delle ufficializzazioni annunciando l’ingaggio di Palladino, che già nel pomeriggio potrebbe dirigere il suo primo allenamento a Zingonia (anche se la squadra sarà a ranghi ridotti, senza quattordici nazionali). Il contratto sarà di un anno e mezzo, fino a giugno 2027, al termine della prossima stagione: circa 2 milioni all’anno, 3 per diciotto mesi. L’obiettivo immediato sarà riportare l’Atalanta in una posizione di classifica consona, a lottare per l’Europa.
Il profilo del nuovo allenatore
(A cura di Matteo Spini) Giovane, ma con personalità. Gasperiniano, ma non integralista. Uno stile opposto rispetto a Juric. Raffaele Palladino, prossimo allenatore dell’Atalanta, è uno dei tecnici più promettenti della nuova generazione: è stato apprezzato a Firenze e Monza e ora si mette in gioco a Bergamo, per riprendere il discorso del suo maestro e cambiare pagina dopo la parentesi del suo ex compagno (e anche ex allenatore nel 2017) nel Genoa.
Viene descritto come un lavoratore maniacale, attento ai dettagli: prepara la partita curando ogni piccolo aspetto, studiando l’avversaria allo sfinimento, in un lavoro di concerto con lo staff di fedelissimi, giovane e messo insieme ai tempi del Monza, in molti casi già dal vivaio. Gran lavoratore, vive di campo. Sicuro di sé fino a fare cadere nell’equivoco della presunzione, crede nelle proprie idee e non ha paura di scelte forti: quando a Firenze gli diedero Gosens non esitò a mettere ai margini Biraghi, che era il capitano e uno dei simboli. Molto spesso le decisioni gli hanno dato ragione: lui le ha affrontate sempre senza timore delle critiche.
Il feeling con Tony D’Amico
Con i calciatori crea un rapporto intenso: sa fare gruppo ed entrare in sintonia con la squadra, facendosi ben volere. Dimessosi la scorsa estate, ha lasciato buoni ricordi alla Fiorentina, tanto che lo spogliatoio viola l’avrebbe rivoluto in queste settimane, nel momento della separazione con Pioli: la possibilità di un ritorno a Firenze c’è stata, specie dopo il divorzio dei viola dal ds Pradè, con cui i rapporti non erano idilliaci.
Palladino apprezza una figura di campo forte, un dirigente che si confronti con lui e gli permetta di dire la sua anche sul mercato: sarà importante il feeling con Tony D’Amico, che copre quei compiti. È aziendalista, ma anche autoritario e rivendica un suo ruolo decisionale su vari aspetti. Per la sua formazione da allenatore del vivaio, è sempre attento alle sorti del settore giovanile e spesso va a seguire in prima persona le partite: a Zingonia apprezzano di certo.
La difesa a tre
Il suo calcio è di stampo gasperiniano, con intensità e uno contro uno: la difesa a tre è il piano A, ma non è senza alternative. A differenza di Gasp e Juric, il napoletano è aperto a percorrere altre strade: in viola ha giocato spesso con il 4-2-3-1, adattando le proprie idee alla rosa e alle caratteristiche dei giocatori. A Bergamo partirà con la difesa a tre, ma non è detto che con il tempo si possa vedere anche qualcosa di diverso, visto che non è un integralista del modulo. Le sue squadre difendono bene e ripartono: è un ammazza-grandi, ma il tallone d’Achille è nelle difficoltà a creare gioco contro le piccole.
È capace di inventarsi qualcosa: Bove ala sinistra fu una delle sue intuizioni più interessanti alla Fiorentina. L’esplosione di Kean è il suo fiore all’occhiello: Krstovic e Scamacca sperano di sbloccarsi. E, tornando al tema giovani, Comuzzo è stato lanciato tra i titolari da lui e oggi è un uomo mercato.
A proposito di giocatori: a Bergamo ritrova Maldini, lui che è stato il più bravo a valorizzarlo. Tra Monza e Firenze portò in Nazionale Colpani, ex nerazzurro e uno dei suoi giocatori di riferimento. Fuori dal discorso calcistico, il suo marchio di fabbrica è l’eleganza: la tuta di Juric è un vecchio ricordo, perché Palladino non si fa mai mancare giacca e cravatta. E ha modi più garbati e sorrisi più numerosi del suo predecessore. Gli piace frequentare posti ricercati, anche quando esce a cena, ed è sempre attento al look, curatissimo.
Ha 41 anni ma è già alla quarta stagione da allenatore in A: cominciò nel settembre 2022 al Monza, con Galliani che gli diede in mano la prima squadra promuovendolo dalla Primavera (in Brianza era finita la sua carriera da attaccante con oltre 200 presenze in A ed era cominciata quella da tecnico del vivaio). Fin lì la matricola aveva sempre perso: all’esordio vinse 1-0 con la Juve, poi arrivarono altri due successi e due stagioni sorprendenti. A Firenze ha avuto alti e bassi, ma il bicchiere è mezzo pieno: lì ha conosciuto l’Europa e la Conference, ma un livello superiore è ciò che ancora gli manca.