Un gene associato alla longevità, presente nel DNA di molti centenari, potrebbe diventare la chiave di volta contro l’invecchiamento precoce causato dalla progeria, rara malattia genetica nota anche come sindrome di Hutchinson-Gilford. A dimostrarlo è una nuova ricerca pubblicata sulla rivista Signal Transduction and Targeted Therapy, frutto della collaborazione tra l’IRCCS MultiMedica di Milano e l’Università di Bristol.

Lo studio, condotto su modelli animali e su cellule umane di pazienti, ha evidenziato come la variante genetica LAV-BPIFB4, già nota per i suoi effetti protettivi su cuore e vasi sanguigni, sia in grado di ridurre i danni cardiovascolari e cellulari tipici della progeria, rallentando così il processo di invecchiamento accelerato.

Dalla longevità dei centenari a un possibile trattamento per la progeria

La progeria è una malattia rarissima causata da una mutazione del gene LMNA, che porta alla produzione della progerina, una proteina tossica che danneggia il nucleo delle cellule e accelera l’invecchiamento. I bambini colpiti da questa patologia vivono in media 14-15 anni, con gravi complicanze cardiovascolari. Uno dei casi più noti è quello di Sammy Basso, scomparso lo scorso ottobre, che ha sfidato ogni aspettativa di vita, raggiungendo i 28 anni.

Attualmente esistono poche opzioni terapeutiche: il farmaco Lonafarnib è approvato per ridurre la sintesi della progerina, mentre un altro trattamento, Progerinin, è ancora in fase sperimentale.

La nuova ricerca aggiunge un tassello importante: il gene della longevità LAV-BPIFB4 si è dimostrato capace di migliorare vari aspetti della patologia nei modelli sperimentali, protegge il cuore, migliora la vascolarizzazione, riduce la fibrosi e l’invecchiamento cellulare anche a livello epatico, favorendo persino il recupero del peso corporeo.

«Si tratta del primo studio che indica come un gene associato alla longevità possa contrastare i danni cardiovascolari della progeria», spiega il professor Annibale Puca, medico specialista in neurologia ed esperto di longevità e coordinatore della ricerca per IRCCS MultiMedica. «I risultati aprono la strada a nuove strategie di trattamento per questa rara malattia, che ha urgenza di farmaci cardiovascolari innovativi, in grado di migliorare sia la sopravvivenza a lungo termine sia la qualità della vita dei pazienti».

Anche nei fibroblasti umani di pazienti affetti da progeria, l’introduzione della variante LAV-BPIFB4 ha prodotto miglioramenti significativi: come spiega la ricercatrice Monica Cattaneo, «le cellule presentavano elevati segni di fibrosi e senescenza, insieme a bassi livelli della proteina BPIFB4. L’introduzione della variante protettiva ha ridotto significativamente queste anomalie».

Oltre la progeria: il futuro di questa ricerca

Ma il potenziale di questa scoperta va ben oltre la progeria. Come sottolinea Paolo Madeddu, professore emerito dell’Università di Bristol e coautore dello studio, «grazie alla collaborazione tra due gruppi multidisciplinari, lo studio mostra per la prima volta che due geni con funzioni opposte nell’invecchiamento possono stabilire interazioni molecolari in grado di attenuarne i segni patologici. Questa scoperta apre a prospettive scientifiche e cliniche di grande rilievo: i geni protettivi dei centenari, tramite espressione forzata o somministrazione delle relative proteine, potrebbero costituire un “cocktail terapeutico” contro l’invecchiamento precoce». Una delle prospettive più promettenti, quindi, è la possibilità di sviluppare nuovi farmaci biologici basati sulla somministrazione della proteina BPIFB4 o del suo RNA, evitando così la terapia genica diretta.

Oltre alla progeria, la variante LAV-BPIFB4 è oggetto di ulteriori studi per il suo potenziale nel contrastare il deterioramento cardiovascolare e immunitario anche in altre condizioni patologiche legate all’invecchiamento. «L’obiettivo è trasformare questi risultati sperimentali in un nuovo farmaco biologico», conclude Puca, una possibilità che, se confermata da studi clinici futuri, potrebbe portare un pezzo del «segreto dei centenari» nella medicina quotidiana.