di
Michelangelo Borrillo
Dal vertice a Palazzo Chigi tra il ministro Urso e i sindacati è emersa la necessità di incrementare la cassa integrazione per accelerare sulla decarbonizzazione. Ma i sindacati non ci stanno
La certezza: la cassa di integrazione aumenta. La possibilità: un altro investitore potenzialmente interessato alla privatizzazione. Lo scontro: i sindacati chiedono il ritiro del piano. È questo l’esito del vertice alla presidenza del Consiglio tra il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e i rappresentanti sindacali dell’ex Ilva.
La cassa integrazione sale a 6 mila unità
Il primo punto è sicuramente quello più importante: «La rimodulazione delle attività da qui a fine dicembre — le parole di Urso riferite dai sindacati — richiederà l’incremento del ricorso alla cassa integrazione da 4.550 a circa 5.700 unità (sulle poco meno di 10 mila che rappresentano la forza lavoro complessiva), con integrazione del reddito a partire dal 15 novembre». Aggiungendo che «dal 1° gennaio, a causa del fermo cokerie per i lavori necessari alla decarbonizzazione, la cassa integrazione salirà a 6 mila unità».
Gli effetti della decarbonizzazione accelerata
Il sensibile aumento della cassa integrazione straordinaria nell’ex Ilva è collegato alla riduzione dei tempi per la decarbonizzazione dello stabilimento di Taranto. Che avverrebbe, secondo il nuovo piano, in 4 anni anziché in 8. Attualmente la cassa integrazione riguarda un numero massimo di 4.450 dipendenti, di cui 3.800 a Taranto (su circa 8 mila unità), numeri che i sindacati contestano poiché frutto di mancato accordo tra le parti.
Il nuovo investitore
Il secondo punto emerso dall’incontro riguarda la vendita: sarebbe in corso anche una trattativa «segreta» con un soggetto che fino a ora non è mai emerso in maniera ufficiale. Urso ha riferito ai sindacati di 4 soggetti potenzialmente interessati al gruppo siderurgico: ha citato ancora Baku Steel — che dopo il nuovo bando di gara non aveva ripresentato la sua offerta scelta come migliore alla tornata precedente – più i due fondi che si sono fatti avanti a settembre: Flacks Group e Bedrock, due investitori non industriali che hanno presentato piani che prevedono un forte ridimensionamento dell’ex Ilva. Senza fare ulteriori nomi, il ministro ha detto che c’è anche un altro soggetto interessato che ha avviato una trattativa fino a ora coperta dall’estremo riserbo.
Lo scontro governo-sindacati
Ma al di là della nuova trattativa, i sindacati non ci stanno. E hanno chiesto il ritiro del piano sui numeri della Cig. Nel dettaglio, i rappresentanti dei lavoratori hanno voluto comunque continuare la riunione quando il sottosegretario Alfredo Mantovano ha proposto una sospensione in vista degli approfondimenti tecnici già in programma per domani. Ma la richiesta di ritirare il piano non è stata accettata dall’esecutivo. «Di fatto – ha commentato Michele De Palma segretario generale Fiom– è stato presentato un piano di chiusura: sono migliaia di lavoratrici e lavoratori che finiscono in cassa integrazione. Non c’è un piano con un sostegno finanziario per il rilancio e la decarbonizzazione. Quindi abbiamo deciso unitariamente come Fim, Fiom e Uilm di andare dai lavoratori e spiegare che la scelta del governo per quanto ci riguarda è una scelta che noi contrasteremo con tutti gli strumenti possibili. «Non c’è nulla. Né – gli ha fatto eco l segretario generale della Uilm, Rocco Palombella – c’è un piano industriale. Hanno parlato di piano “corto” perché il tempo che rimane prima della chiusura è molto breve. Quindi abbiamo deciso di andare dai lavoratori e spiegare che questo piano non si può discutere o emendare. È un piano inaccettabile perché parte da un presupposto: portare alla chiusura dell’ex Ilva. E noi non vogliamo essere responsabili di questo. Finora li abbiamo seguiti: ora condannano i lavoratori a una chiusura inesorabile». «Abbiamo avuto – ha aggiunto Ferdinando Uliano, segretario generale Fim Cisl – la “sorpresa”: il governo vuole mettere in cassa integrazione fra tre giorni 1.200 lavoratori, più altri 400 a gennaio, con la prospettiva di fermare un’attività, quella delle batterie delle cokerie. E non ci sono neanche le condizioni per trovare un nuovo acquirente. Sì è deciso di fare cassa con il lavoratori».
Il rammarico di Palazzo Chigi
«Il governo – si legge, sull’altro fronte, in una nota di Palazzo Chigi – esprime rammarico per il fatto che la proposta di proseguire il confronto sull’ex Ilva, anche relativamente agli aspetti tecnici emersi nel corso della discussione, non sia stata accettata dalle organizzazioni sindacali. L’esecutivo conferma in ogni caso la disponibilità a proseguire l’approfondimento di tutti gli aspetti e anche dei rilievi più controversi, sollevati dalle stesse organizzazioni sindacali alle proposte avanzate dal governo per la gestione operativa dell’azienda in questa fase transizione».
11 novembre 2025 ( modifica il 11 novembre 2025 | 22:41)
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