Sospensione delle sanzioni per 180 giorni, escluse certe transazioni con Russia e Iran: è l’ultima apertura di credito americana per Ahmad Sharaa, in attesa di una revoca definitiva delle sanzioni del Caesar Act che richiede l’ok del Congresso. Per il presidente siriano ad interim nessuna accoglienza ufficiale al porticato della Casa Bianca né telecamere nello Studio Ovale. Ma la sua è comunque una visita storica, la prima di un capo di Stato siriano a Washington da quando la nazione ha ottenuto l’indipendenza nel 1946. A renderla ancor più eccezionale è la parabola del nuovo leader siriano, diventato un alleato in giacca e cravatta di quegli Stati Uniti che, quando era il capo della filiale siriana di al Qaeda, lo avevano incarcerato, gli avevano messo una taglia da 10 milioni di dollari e lo avevano sanzionato, inserendolo insieme al suo gruppo Hayat Tahrir al-Sham (Hts) nella blacklist delle organizzazioni terroristiche. Ed è forse per evitare ogni imbarazzo che Sharaa è stato fatto passare dalla porta di servizio, anche se questo non scalfisce l’importanza di una visita che rientra nella Realpolitik di Trump per ridisegnare il Medio Oriente.

Base militare Usa vicino a Damasco

Ricca l’agenda dell’incontro: Damasco dovrebbe firmare un accordo per entrare a far parte della coalizione internazionale anti-Isis guidata dagli Stati Uniti, secondo l’inviato americano per la Siria, Tom Barrack. Gli Usa, invece, prevedono di stabilire una base militare vicino a Damasco “per coordinare l’aiuto umanitario e osservare gli sviluppi tra Siria e Israele”, secondo un’altra fonte diplomatica in Siria. Nel menu dello Studio Ovale anche i negoziati avviati dalle autorità siriane con Israele per un accordo di sicurezza in base al quale lo Stato ebraico si ritirerebbe dalle zone del Sud del Paese occupate dopo la caduta di Bashar al-Assad. L’adesione agli Accordi di Abramo sembra invece prematura, almeno per Tel Aviv, che mantiene una certa diffidenza. Gli Stati Uniti, inoltre, consentiranno alla Siria di riprendere le operazioni presso la loro ambasciata a Washington.

Sul tavolo anche la ricostruzione del Paese

Washington desidera inoltre che le Forze democratiche siriane (Sfd), a maggioranza curda, e il nuovo esercito siriano vengano fuse in un’unica unità. Le due parti hanno raggiunto un accordo di principio a marzo, ma l’attuazione è in stallo a causa di tensioni e scontri sporadici. Sul tavolo anche la ricostruzione del Paese, che la Banca Mondiale stima in 216 miliardi, e la revoca delle sanzioni Usa: a giugno Trump ha firmato un ordine esecutivo che ha revocato la maggior parte delle sanzioni statunitensi sulla Siria, ma la Caesar Syria Civilian Protection Act – nota come Caesar Act – rimane in gran parte in vigore, sebbene siano possibili deroghe temporanee. Come quella di 180 giorni annunciata dal Tesoro Usa. Questa legge, approvata nel 2019, impone sanzioni mirate contro il governo siriano, i suoi alleati e le entità che sostengono il regime di Assad, in risposta a violazioni dei diritti umani. Anche se il regime di Assad non è più al potere, le sanzioni possono essere revocate solo dal Congresso, con una maggioranza alla Camera e al Senato. Ma alcuni repubblicani pongono condizioni e chiedono negoziati su diritti umani, antiterrorismo e garanzie sulla ricostruzione. 

Il leader siriano rimosso dalla lista nera dei terroristi

Lo sbarco alla Casa Bianca è stato preceduto da forti aperture di credito: giovedì il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha revocato le sanzioni contro Sharaa, su iniziativa degli Stati Uniti, e il giorno dopo il leader siriano è stato rimosso dalla lista nera dei terroristi. Nei giorni scorsi Trump, che lo aveva già incontrato in Arabia Saudita a maggio, aveva elogiato il suo ospite per l'”ottimo lavoro” in Siria e lo aveva definito “un tipo tosto”, “forte” e “affascinante”, “un combattente”. Sharaa si è fatto precedere da un blitz anti-Isis (70 arresti) e da un video in cui lui e il suo ministro degli esteri, Assaad al-Chaibani, che lo accompagna a Washington, giocano a basket con il comandante delle forze Usa in Medio Oriente, Brad Cooper, e il capo della coalizione internazionale anti-jihadista, Kevin Lambert. 

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